La civiltà delle macchine

Antonio Viesti
La civiltà delle macchine
2 min readMar 6, 2021

Civiltà delle macchine è (stata) una bellissima rivista bimestrale di cultura industriale, fondata nel 1953 a Milano come organo d’informazione di Finmeccanica, diretta ed animata per i primi anni dal bellissimo poeta-ingegnere lucano Leonardo Sinisgalli, e pubblicata poi fino al 1979.

La rivista ha attraversato un periodo particolare e specifico della storia industriale italiana, e lo ha esplorato contaminando ― non per accidente, ma per intento programmatico ― arte, tecnica, cultura, industria: era il tempo dell’irrompere delle macchine ― sempre più assidue e pervasive ― sulla scena del nostro giovane dopoguerra.

«Un prodigio metrico» ― scriveva Ungaretti sul primo numero della rivista ― «è racchiuso nelle calcolatrici capaci di risolvere quasi istantaneamente equazioni che sarebbero costate al matematico anni di lavoro».

Dall’aerospazio, all’agricoltura, all’architettura, all’urbanistica, all’automazione, alla cibernetica, all’economia, all’industria, alla fabbrica concreta, alla fisica ed alla matematica, alla fotografia e cinematografia, alla filosofia: tecnica e poesia, arte, letteratura, storia si integrano in un contesto di comunicazione unico, capace di sintetizzare ed avvicinare esperienze fino ad allora distanti.

Rivista letteraria, scientifica, tecnica?

Così la raccontava Leonardo Sinisgalli, direttore editoriale fino al 1958: «La scienza e la tecnica ci offrono ogni giorno nuovi ideogrammi, nuovi simboli, ai quali non possiamo rimanere estranei o indifferenti, senza il rischio di mummificazione o di una fossilizzazione totale della nostra coscienza e della nostra vita. L’uomo nuovo che è nato dalle equazioni di Einstein e dalle ricerche di Kandinskij è forse una specie di insetto che ha rinunciato a molti postulati: è un insetto che sembra incredibilmente sprovvisto di istinto di conservazione. […] L’arte deve conservare il controllo della verità, e la verità dei nostri tempi è una verità di natura sfuggevole, probabile più che certa, una verità “al limite”, che sconfina nelle ragioni ultime, dove il calcolo serve fino ad un certo punto e soccorre una illuminazione; una folgorazione improvvisa. Scienza e poesia non possono camminare su strade divergenti».

E così ne scriveva Giuseppe Luraghi, direttore generale di Finmeccanica: «Non esiste in Italia né, credo, altrove una pubblicazione come questa, in cui vediamo il poeta stupirsi di una caldaia a vapore, l’ingegnere godersi i meccanismi di vecchi catenacci, l’architetto escogitare linguaggi nuovi, il matematico creare topi elettrici, il pittore bambino raffigurare fate e angeli al posto di macchine e uomini».

Quel periodo di storia industriale ― dagli anni 50 fino alla fine dei 60 e forse i primi dei 70 ― ha molte ― tante ― affinità con la nostra contemporaneità industriale 4.0: ora come allora un cambio di paradigma, che ci impone con urgenza di essere esplorato, indagato, immaginato, raccontato, abitato.

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Antonio Viesti
La civiltà delle macchine

Sono nato vicino ad un passaggio a livello. Conosco i percorsi delle autolinee urbane. Di solito dormo nel posto più vicino alla porta.