Rugby, Sei Nazioni Scozia-Italia 33–20. Gli azzurri deludono, non basta l’orgoglio finale

Mario Bocchio
La leggenda del rugby
4 min readFeb 2, 2019

Ci sono molti modi per perdere, e l’Italia del rugby purtroppo in 20 edizioni del Sei Nazioni ci ha fatto l’abitudine: ma questa sconfitta per 33 a 20 — la numero 83 in 96 incontri giocati — è una delle più frustranti nella storia azzurra nel torneo, e il sussulto d’orgoglio nel finale non cambia le cose. Anzi. Tre mete segnate nei minuti conclusivi, cinque subìte però quando si giocava sul serio. Una partita affrontata passivamente in difesa, ad aspettare rassegnati che l’illusorio muro invocato da Parisse crollasse sotto i colpi — neppure così terribili — dei padroni di casa.

E il gioco “strutturato” di cui parlava O’Shea alla vigilia della partita? Il ct della Nazionale è alla diciottesima (!) sconfitta consecutiva, naturalmente non vanta un solo successo in questa manifestazione che ci vede all’asciutto da 4 anni. Si diceva: l’Italia può prendere esempio dal Benetton, che in Europa difende, contrattacca e vince. Ma a Treviso evidentemente tira un’aria diversa, e poi in Veneto alle ali ci sono due stranieri di potenza e talento diversi. Parisse è sicuro: un giorno — presto? — alzeremo anche noi il trofeo. Non sarà questa volta, e ragionevolmente neppure nei prossimi anni. Negli occhi resta l’illusione di 10 minuti finali giocati con una intraprendenza e uno spirito incredibilmente diversi dal resto del match. Ma è anche vero che la Scozia, sicura del successo con 30 punti di vantaggio, aveva tirato i remi in barca. Sabato prossimo all’Olimpico arriva il Galles, reduce dal successo in Francia. Se non ripartiranno dalle 3 mete marcate quando lo stadio di Murrayfield andava già svuotandosi, Parisse e gli altri rischiano di allungare una malinconica serie negativa.

Le prime crepe nel muro

“Attaccheranno subito come indemoniati. Ma si troveranno davanti un muro”, aveva promesso Parisse alla vigilia. La parete ha però cominciato a tremare di brutto dai primi minuti: una meta di Gilchrist non concessa da Pearce per doppio movimento, un placcaggio provvidenziale di Allan su Hogg a sventare una seconda marcatura che pareva fatta. Gli azzurri sono entrati per la prima volta nella metà campo avversaria al 9', capitalizzando con una punizione assegnata per un placcaggio irregolare di Ritchie su Parisse. Solo 2 minuti più tardi, complice un’incertezza di Palazzani, gli scozzesi hanno recuperato l’ovale all’altezza dei 22 italiani: il tentativo di anticipare la difesa è stato beffato da un traversone millimetrico al piede di Russell, che ha così lanciato in meta Kinghorn. I dettagli hanno fatto presto la differenza: al 20' Castello ha colpevolmente perduto un ovale in difesa, e sulla successiva mischia ordinata — vinta con preoccupante facilità dai padroni di casa — Kinghorn ha raddoppiato. Dopo un quarto di partita, nel fantomatico muro azzurro s’erano già aperte crepe profonde (3–12).

Non resta che limitare i danni

Nella seconda parte del primo tempo l’Italia ha sostanzialmente limitato i danni, rallentando il ritmo della partita, intrappolando gli avanti avversari intorno ai punti di incontro, calciando lontano l’ovale. Un gioco poco divertente, d’accordo: ma se gli azzurri provavano a sfilare il pallone, finivano regolarmente col perderlo. E allora, meglio restare umili e concreti. Appoggiandosi al solito Parisse, che si sacrificava in difesa con Negri, Ghiraldini e Sisi. Esemplare il numero dei placcaggi: 90 per l’Italia (11 falliti), solo 52 (4) per la Scozia che con 67 corse (contro le nstre39) guadagnava 359 metri (213). Difficile pensare di cambiare l’inerzia del match. Anche perché uno dei registi — Palazzani, che all’ultimo ha sostituito Tebaldi, vittima di un forte mal di schiena durante il riscaldamento — è immediatamente apparso in difficoltà.

La meta fantasma di Hogg

Si ricominciava proprio da un calcio sbagliato di Palazzani, che costringeva ad un superlavoro per tamponarne le conseguenze. Poi le incertezze di Allan, un placcaggio fallito da Castello (presto sostituito da Padovani) e la terza meta fantasma scozzese: Hogg non aveva schiacciato l’ovale e dal riprese televisive era chiarissimo, però Pearce la assegnava lo stesso nel tripudio di Murrayfield. E con mezz’ora da giocare, diventava folle pensare ad una rimonta. Anche perché gli italiani erano fiaccati prima ancora nello spirito che nel corpo: ne approfittava la coppia mediana di casa con un paio di intuizione che lanciavano Kinghorn verso la terza marcatura personale.

Finalmente, l’orgoglio azzurro

Un orgoglio disperato — finalmente! — riversava gli azzurri nella metà campo avversaria. E dopo diversi tentativi intorno alla mischia era Palazzani ad intrufolarsi e segnare in mezzo ai pali, per la facile trasformazione di Allan. Veniva annullata una meta ad Hogg per un evidente ‘velo’ d’un compagno, sulla azione successiva era Ruzza a guadagnare terreno e lanciare Padovani per una seconda marcatura. Poco dopo toccava ad Esposito tuffarsi sotto i pali, al termine di un’altra avventurosa galoppata corale. Perché non si sono svegliati prima? Probabilmente perché nei 70 minuti precedenti la Scozia aveva fatto molto sul serio. La riprova all’Olimpico, tra una settimana all’Olimpico.

Vince l’Inghilterra

Nell’ultima gara della prima giornata del “Guinness Sei Nazioni 2019” di rugby, l’Inghilterra ha vinto in trasferta contro l’Irlanda per 32–20. All’Aviva Stadium di Dublino, il “XV della Rosa” ha dominato i padroni di casa. Sugli scudi il capitano degli inglesi Farrell.

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Mario Bocchio
La leggenda del rugby

Giornalista professionista, amo il calcio, soprattutto quello dei mitici anni Ottanta. Non disdegno la politica, anche per averla praticata attivamente