Credit: ESO, ESA/Hubble, M. Kornmesser

ASASSN-15lh: una supernova che non era una supernova, ma una stella fatta a pezzi da un buco nero

Un evento di distruzione mareale accaduto in una lontana galassia

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
5 min readDec 12, 2016

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In un articolo di circa un anno fa avevo descritto i risultati di uno studio in cui si analizzava un evento enormemente luminoso, scoperto a giugno 2015 in una galassia lontana circa 3,8 miliardi di anni luce dalla Terra. L’evento, chiamato ASASSN-15lh, era stato classificato come una supernova. Non si trattava però di una comune supernova, ma di una supernova super-luminosa, un tipo inusuale, rarissimo. ASASSN-15lh raggiunse al suo picco massimo di luminosità una magnitudine assoluta di −23,5, qualcosa come 20 volte l’emissione luminosa integrata dell’intera Via Lattea. Era la supernova più potente che fosse mai stata osservata.

Sempre che fosse davvero una supernova. Già nello studio pubblicato all’epoca, gli autori avevano ammesso che non esistevano meccanismi astrofisici noti in grado di generare un’esplosione di supernova di simile potenza. Avevano ipotizzato che il fenomeno potesse essere stato prodotto dal brutale frenamento di una magnetar (cioè una stella di neutroni dotata del campo magnetico più potente esistente in natura), mentre ruotava ad altissima velocità.

Gli autori avevano esaminato anche due scenari alternativi — un evento amplificato da una lente gravitazionale e la distruzione mareale di una stella da parte di un buco nero supermassiccio — ma li avevano esclusi entrambi, per diverse ragioni.

In campo scientifico capita spesso, però, che fatti nuovi diano nuovo slancio a teorie precedentemente accantonate. È quello che è successo anche stavolta. In un nuovo studio pubblicato il 12 dicembre su Nature Astronomy, Giorgios Leloudas e altri 49 autori descrivono i risultati di dieci mesi di osservazioni della presunta supernova, eseguite con diversi telescopi terrestri e spaziali, tra i quali il VLT dell’ESO e Hubble. L’evoluzione della luminosità e le caratteristiche spettrali mostrate da ASASSN-15lh nel corso di 288 giorni di monitoraggio non corrispondono affatto a quelle di una supernova, neppure se super-luminosa.

Gli autori ripropongono pertanto l’ipotesi che l’evento osservato in quella lontanissima galassia sia stata la distruzione mareale di una stella da parte di un buco nero supermassiccio.

Le linee di evidenza che portano a questa conclusione sono diverse:

  • nel corso dei dieci mesi la luminosità non è andata semplicemente declinando, come ci si aspetterebbe da una supernova; ci sono stati invece nuovi picchi di luminosità, visibili soprattutto nell’ultravioletto, interpretati come successivi incrementi di temperatura, stabilizzatasi alla fine intorno ai 16.000 K;
  • gli spettri acquisiti a mesi di distanza dalla scoperta non mostrano l’allargamento delle righe spettrali tipiche di una supernova; sono visibili invece righe molto nette che indicano la presenza di carbonio, ossigeno e azoto altamente ionizzati, il che fa supporre che questo materiale si trovi ancora nei pressi del luogo da cui si è originato il fenomeno e sia ionizzato dalla radiazione prodotta in un evento di distruzione stellare;
  • un’osservazione profonda eseguita con Hubble ha permesso di rideterminare con precisione la posizione di ASASSN-15lh, che coincide, con accettabili margini di incertezza, con il centro della galassia ospite, il luogo più naturale in cui può trovarsi un buco nero supermassiccio;
  • le poche supernovae super-luminose note sono esplose tutte all’interno di galassie nane irregolari di massa relativamente ridotta, caratterizzate da un alto ritmo di formazione stellare; la galassia in cui si è improvvisamente illuminato ASASSN-15lh è invece completamente diversa: è una galassia grande, massiccia, popolata da stelle antiche e con un bassissimo ritmo di formazione stellare (intorno a 0,05 masse solari all’anno, a fronte di 1 massa solare di formazione stellare annua all’interno della Via Lattea).

Se queste sono le prove a favore, non sono tuttavia ancora sufficienti a garantire che l’evento scoperto a giugno 2015 sia stata effettivamente la distruzione di una stella da parte di un buco nero. Il problema è che una galassia grande e massiccia come quella che in cui è comparso il transiente ASASSN-15lh dovrebbe avere al suo centro un buco nero supermassiccio anch’esso di taglia gigante. Ma, se questo è il caso, allora non ci sarebbe stato alcun evento di distruzione stellare, perché il buco nero si sarebbe limitato a ingoiare in un sol boccone la stella incautamente avvicinatasi.

Come fare, dunque, a far coesistere un buco nero “pesante” con un evento di distruzione stellare, avvenuto necessariamente al di fuori dell’orizzonte degli eventi del buco nero? La soluzione — per ora puramente speculativa — è data dalla rotazione del buco nero.

Nel 1963 il matematico neozelandese Roy Kerr fornì una soluzione delle equazioni di campo della relatività generale per un buco nero dotato di due sole caratteristiche: massa e momento angolare (la terza caratteristica di un buco nero — la carica elettrica — era esclusa dal modello di Kerr).

Un buco nero di Kerr è in sostanza un buco nero senza carica elettrica che ruota intorno al proprio asse. Tra lo spazio normale (cioè lo spazio non influenzato dal buco nero) e l’orizzonte degli eventi, questo tipo di buco nero è circondato da una regione ellissoidale chiamata ergosfera. All’interno dell’ergosfera lo spaziotempo è deformato potentemente dal trascinamento generato dalla rotazione del buco nero. Anche una stella che si avvicinasse ruotando nella direzione opposta a quella del buco nero, verrebbe alla fine trascinata verso il suo fatale destino dalla deformazione spaziotemporale che si produce nell’ergosfera.

A causa di questa sua peculiarità, un buco nero di Kerr può essere più massiccio di un “normale” buco nero di Schwarzschild (cioè un buco nero non rotante) e distruggere comunque una stella al di fuori dell’orizzonte degli eventi grazie alle sue forze di marea.

Secondo i calcoli presentati dagli autori di questo nuovo studio, una stella avrebbe potuto essere distrutta in questo modo da un buco nero di Schwarzschild solo se avesse avuto una massa pari ad almeno 3 masse solari. Ma stelle così massicce sono pressoché impossibili da trovare nel cuore di una galassia antica e passiva (cioè quasi priva di formazione stellare) come quella in cui si è verificato l’evento.

Il caso più probabile, perciò, è che la straordinaria illuminazione osservata nel cuore di quella lontana galassia a partire da giugno 2015 sia stata dovuta alla distruzione mareale di una stella di massa compresa tra 0,3 e 1 masse solari da parte di un buco nero di Kerr. A seconda della sua velocità di rotazione, gli autori hanno calcolato che un buco nero supermassiccio di Kerr con una massa compresa tra 190 e 725 milioni di masse solari potrebbe spiegare bene ciò che abbiamo osservato dalla Terra.

La stella avvicinatasi troppo è stata spaghettificata dal buco nero. Si è creato così un disco di accrescimento brillantissimo, formato dai detriti della stella orbitanti ad alta velocità intorno al buco nero, nello spaziotempo deformato della sua ergosfera.

Ecco dunque come una supernova cessa di essere tale (insieme alla magnetar frenata che non c’era) e diventa una stella fatta a pezzi da un buco nero: una stella — vale la pena di sottolineare — che non sarebbe mai potuta diventare una supernova, perché non possedeva la massa sufficiente per un simile destino.

La scienza è tutt’altro che un corpo immutabile: le teorie servono per spiegare i fatti osservati e, quando i fatti cambiano o ne migliora la conoscenza, cambiano necessariamente anche le teorie.

Credit: ESO, ESA/Hubble, M. Kornmesser

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Michele Diodati
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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.