La grande fuga dal virus

Antonio Gallo
Bibliomania su GoodReads & Librarything
6 min readMay 16, 2020

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Il libro

Sul pianeta Terra, non sappiamo se siamo in un film, oppure stiamo vivendo la realtà. La domanda è: esiste un film che si adatta perfettamente a questo momento?

Esiste ed è scritto in forma di racconto breve, contenuto in questo libro che raccoglie le storie distopiche di Robert Sheckley, (1928–2005), un eccentrico scrittore, maestro del racconto breve americano.

Le sue storie, ambientate in paesaggi urbani distopici, agenzie pubblicitarie ultramoderne o a bordo di astronavi illuminate per pianeti ostili, sono tra le più sorprendenti ed originali del ventesimo secolo.

Oggi, quando i nuovi mondi, gli universi alternativi ed i piaceri sintetici predetti da Sheckley diventano la nostra realtà, la sua visione inizia a sembrare meno assurda e più profetica.

Il libro offre una selezione retrospettiva dei suoi racconti dimostrando ancora una volta che la scrittura e la fantasia possono anticipare la realtà. Il titolo del film è “The Escape” (La fuga) del regista Paul Franklin con la data del 2017. E’ basato sul racconto di fantascienza di Robert Sheckley “Store of the Worlds” scritto nel 1958.

Il racconto ha, quindi, quasi ottanta anni, il film dura solo 16 minuti ed è realizzato in modo molto professionale, con attori bravi e famosi. Lo potete vedere su YouTube. Così inizia la storia di Sheckley in quello che sembra essere il sobborgo indigente di una moderna megalopoli:

“Mr. Wayne arrivò alla fine del lungo tumulo di macerie grigie, alto fino alle spalle, e c’era lo “Store of the Worlds”, “il magazzino dei mondi”. Era esattamente come avevano descritto i suoi amici; una piccola baracca costruita con pezzi di legname, parti di automobili, un pezzo di ferro zincato e alcune file di mattoni sgretolati. “

Sembra, quindi, essere un mondo che sta per andare in rovina. L’eccentrico proprietario del negozio spiega a Wayne che cosa sta vendendo: in cambio di tutti i loro beni terreni, “trasferisce” i suoi clienti in una realtà alternativa dove possono vivere secondo i loro desideri più intimi.

Un realtà faustiana ricostruita in chiave moderna. Wayne non può decidere di accettare l’offerta o meno, e il proprietario gli dice di prendere tempo e pensare. Tornando a casa, continua a soffermarsi sulla scelta, e anche dopo, quando è immerso nella vita quotidiana, l’idea di tornare al “negozio” e prendere una decisione è sempre alla base della sua mente.

Il tempo passa finché non sente la voce del proprietario che lo sveglia come in un incubo e gli chiede se l’esperienza è stata soddisfacente. Wayne mette sul tavolo tutti i suoi beni terreni, un paio di stivali dell’esercito, un coltello, due bobine di filo di rame e tre piccole lattine di carne in scatola, ed anche il disegno che suo figlio gli ha donato, lascia il “negozio” e si affretta verso la fine tra un mondo che sta per crollare:

“ Al di là dell’orizzonte, per quanto poteva vedere, c’erano campi di macerie, di colore marrone, grigio e nero. Quei campi, che si estendevano prima, erano fatti di cadaveri contorti delle città, resti frantumati di alberi e di uno strato di sottile cenere bianca che un tempo era carne e ossa umane.“

Il cortometraggio segue la storia nel racconto, con alcuni piccoli cambiamenti, ma mantiene la sua svolta fondamentale: il viaggio di ritorno a casa e il ritorno alla vita ordinaria. La sua nuova realtà è un miserabile mondo post-apocalittico in cui ha perso tutto.

Si può facilmente immaginare la storia trasposta nell’odierna epidemia di “coronavirus” anche se non siamo ancora, grazie a Dio, alla catastrofe finale che appare nell’ultima scena del film che il regista mette a confronto con quella di apertura. Un mondo conosciuto e vissuto fino a ieri, è scomparso, in frantumi.

Il nostro sembra ancora intatto. Ma non lo è, a ben guardare. La situazione è quanto mai caotica, tante incognite, non c’è da meravigliarsi, oscilliamo da un estremo all’altro. Ci siamo incamminati percorrendo strade caratterizzare da paletti chiamati “fase”.

Fase uno, fase due, fase tre, auto isolamento da coprifuoco, mascherine, disinfettanti, decreti dopo decreti, conflitti politici e sociali, epidemia, pandomia, infodemia. Inutile stare qui a ripeterli. I numeri dei contagi, delle vittime e dei guariti in una interconnessione globale h24.

Il problema è come reinventare i nostri bisogni che hanno eliminato i desideri. Come Wayne nella storia, desideriamo riguadagnare le speranze di un passato perduto, in un “negozio di mondi” che vende la soluzione a caro prezzo, per entrare in un mondo del tutto nuovo e costruire sulle macerie di quello di prima.

A un presidente di nome Trump, che sembra voler continuare ad offrire lo stesso vecchio mondo di prosperità economica, anche a costo di pagare il prezzo di una catacomba di decessi, risponde un continente chiamato Cina che offre un altro modo di vivere, fatto di controllo totale della vita delle persone che sono soltanto “individui”.

Quale sarà il prossimo futuro della piccola Italia, vaso di coccio costretta a viaggiare tra vasi di ferro? Come evitare il collasso dell’ordine sociale, con misure costruite su un reddito di base universale, con la sospensione degli affitti, dei mutui, dei pagamenti del debito, con la nazionalizzazione delle componenti privatizzate dei sistemi sanitari, con il controllo governativo centralizzato della produzione e della distribuzione di cibo?

Un elenco che può essere integrato ed aggiornato continuamente. Ad esempio, è necessario il massimo isolamento dei lavoratori nei settori essenziali (agricoltura, energia, approvvigionamento idrico, ecc.). Per garantire il loro normale funzionamento.

Attualmente non vi è alcuna crisi alimentare, ma se il virus si diffonde nelle aree rurali e si interrompe la semina, la coltivazione e la raccolta delle colture, si verificherà una crisi del genere. Per quanto riguarda le misure sanitarie, dovremmo prepararci a ripetute quarantene rigorose.

Ma l’economia potrà aiutare a far vivere gente che non potrà più pensare e nemmeno pregare come ha sempre fatto prima, facendo sopratutto attenzione a non infettarsi uno contro l’altro? Potranno salvarci le cosi dette “distanze” in casa, in chiesa, a cinema, sulla spiaggia.

Dovremmo ben chiederci quale preghiera, quale chiesa, quale comunione di beni materiali o spirituali potrà più essere consumata in queste condizioni? più precisione: quale economia? Economia capitalista globale che richiede un’auto espansione permanente oppure economia ossessionata dai tassi di crescita e redditività.

Dobbiamo evidentemente cambiare tutte le nostre prospettive: dimenticare l’industria automobilistica, i prodotti di moda, le vacanze in paesi lontani, do. Dovremmo cercare un’economia che possa funzionare anche quando una società preme il pulsante di pausa e deve vivere in una fase di fermo prolungata, in cui vengono fornite solo le basi della vita.

Il nuovo mondo dovrà essere una sorta di comunismo nel senso del noto slogan di Marx: “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”. Non stiamo già andando verso questo punto? Non, ovviamente, nel modo in cui Marx lo immaginava: una società di benessere in cui ognuno ha una buona vita e lavora in modo creativo.

Sarà un mondo molto più modesto in cui a tutti verrà fornita assistenza sanitaria e cibo sufficiente per soddisfare i suoi bisogni di base, e tutti dovranno contribuire alla società (accettare di essere mobilitati per la raccolta, ecc.) In base alle sue capacità.

Un mondo così compresso, sarà un mondo tanto modesto quanto perduto. Difficilmente potrà sopravvivere con una esistenza costruita senza un fine spirituale, priva di ogni possibile ed antica umana emozione in trascendenza.

Se l’oscuro, invisibile e diabolico “nemico”, il virus oggi chiamato “Covid 19”, rinominato in un possibile futuro “Covid 20”, potrà nascondersi anche nella sottile ostia consacrata, passata nelle mani, forse non innocenti, visti i guanti che è costretto ad usare, da parte di un celebrante costretto ad indossare anche una maschera, un “corpo mistico” distribuito a fedeli che devono mantenersi distanziati sia lateralmente che frontalmente in quella così detta “casa di Dio”, chiamata da sempre Chiesa, o anche per altre confessioni, sinagoga o moschea, allora potrà essere anche possibile che per “salvarsi”, chi intende sopravvivere dovrà necessariamente rivolgersi, come fa Wayne nel film, al proprietario del “negozio dei mondi” e vendere se stesso, rinnovando il patto di Faust, nella illusione di sopravvivere alla pandemia e a se stessi. Sarà questa la nostra unica via di fuga, la nostra “escape”?

P.S. Per la stesura di questo post mi sono servito (per ispirazione e documentazione) dell’articolo pubblicato sulla rivista inglese “The Spectator” qui al link. Questa immagine riproduce Londra e il Tamigi, dopo la catastrofe, la scena finale del film con il superstite dopo il patto faustiano.

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Antonio Gallo
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Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.