Cosa vogliono dire ‘stato di emergenza’ e ‘stato di calamità’

Sacha Malgeri
La Mosca Bianca
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5 min readAug 9, 2017

Due giorni fa il Consiglio dei Ministri ha approvato lo stato di emergenza per le regioni Lazio e Umbria per la questione siccità. Nella giornata di ieri, invece, Confragricoltura ha dichiarato di voler spingere la regione Liguria a dichiarare lo stato di calamità per poter proteggere i raccolti (che stanno andando bene, in questo momento).

Fonte: Ansa

Ma non sono richieste che abbiamo sentito solo di recente: già a fine Luglio più regioni hanno richiesto lo stato di calamità, richiesta poi ribadita in questi giorni, mentre più regioni hanno dichiarato, o prorogato, lo stato di emergenza durante l’ondata di incendi di Luglio. Si tratta, molto spesso, di atti dovuti, volti ad affrontare situazioni, anche minime, che le regioni non riescono a sostenere autonomamente. Ma tra le due categorie — stato di emergenza e stato di calamità — ci sono differenze sostanziali, che proverò a spiegarvi.

Lo stato di calamità

Riguarda in modo specifico il settore agricolo, e i danni ad esso causato (nei casi riportati, la mancanza d’acqua). Non comprende le attività di pronto intervento ma tutte le questioni economiche intorno a tali danni: per lo più accesso a fondi, rimborsi e agevolazioni fiscali. Come riporta l’Ansa per i fatti di fine Luglio:

“ Lo stato di calamità attiva il fondo di solidarietà nazionale, con strumenti come la sospensione delle rate dei mutui e del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico delle imprese agricole danneggiate. Tenuto conto che il decreto mezzogiorno approvato al Senato estende questi strumenti anche alle aziende che potevano sottoscrivere assicurazioni, il MIpaaf [Il Ministero Per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. N.d.R] attende appunto, per allargare la platea dei beneficiari, l’approvazione in via definitiva del Dl [Decreto Legge. N.d.R] Sud”

La dichiarazione dello stato di calamità dipende dall'approvazione del Mipaaf, che esamina le richieste delle regioni che lo richiedono. È uno strumento, quindi, che crea e approva delle agevolazioni per chi sta già subendo un certo danno economico, causato dalla calamità naturale. Quindi, la richiesta di Confagricoltura in Liguria — che è una richiesta preventiva — sembra impropria.

Lo stato di emergenza

Come vedremo, non è uno strumento equivalente allo stato di calamità. Si tratta di uno strumento più complesso, legato al tipo e alla gravità dell’evento, oltre che al tipo di risposta necessario per affrontarlo. Si procede alla valutazione in base a tre tipi di intervento:

  • Tipo A: interventi organizzati a livello comunale
  • Tipo B: direzione degli interventi coordinata dalla provincia o dalla regione
  • Tipo C: coordinamento nazionale delle operazioni

Con il Tipo C viene immediatamente dichiarato lo stato di emergenza. A farlo è il Consiglio dei Ministri ed ha durata di 180 giorni, prorogabili di altri 180. Questo tipo di provvedimento comprende anche i danni causati dall'attività umana, e non solo le calamità naturali.

Fonte: Strettoweb

Ma cosa prevede la dichiarazione dello stato di emergenza?

Questa descrizione proviene dal sito della protezione civile:

“Agli interventi per affrontare l’emergenza si provvede con ordinanze in deroga alle disposizioni di legge, ma nei limiti e secondo i criteri indicati con la dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Le ordinanze sono emanate dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, se non è diversamente stabilito con la deliberazione dello stato di emergenza. L’attuazione delle ordinanze è curata, in ogni caso, dal Capo del Dipartimento. L’emanazione richiede l’acquisizione preventiva delle regioni territorialmente interessate. Nella prima ordinanza viene nominato il Commissario delegato, responsabile degli interventi da realizzare per superare la situazione criticità. Allo scadere dello stato di emergenza viene emanata un’ordinanza “di chiusura” che disciplina e regola il subentro dell’amministrazione competente in via ordinaria e individua il soggetto responsabile, d’intesa con la stessa amministrazione.”

Tradotto dal burocratese, significa che il capo del dipartimento della protezione civile è libero di emanare le ordinanze necessarie ad affrontare l’emergenza, in deroga alle leggi “normali” ma sempre dentro dei limiti: il rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico (per fare un esempio banalissimo: uno stato di emergenza non giustifica un colpo di stato o qualche privazione dei diritti fondamentali) e i principi generali presenti nella dichiarazione dello stato di emergenza. Questa idea vuole equilibrare due esigenze: quella di un intervento pronto ed efficace insieme al mantenimento dell’ordinamento costituito. Egli dovrà nominare un commissario che coordinerà le azioni sul territorio. Alla fine dello stato di emergenza il Capo della Protezione Civile emana un’ordinanza finale che stabilisce il rientro nelle condizioni di normalità e in quali modalità.

In Italia, il tipo di Emergenza che ha richiesto più interventi è quello sugli eventi meteorologici e idrogeologici. Per farvi un esempio, questi sono i dati sui fondi destinati all’Emilia Romagna dal 29 Dicembre 2016. Nelle prime due colonne sono riportati i fondi destinati al Commissario Delegato per quanto riguarda i patrimoni privati (prima colonna) e le attività produttive (seconda colonna) con accanto il totale. Nella colonna accanto alle date troviamo i fondi stanziati per ripristinare i danni alle abitazioni.

Le ultime due colonne riguardano le istituzioni competenti e le varie note a corredare i dati.

E quasi ogni regione ha avuto bisogno, in qualche modo, di dichiarare lo Stato di Emergenza negli ultimi anni. Le notizie di alluvioni, frane, smottamenti, terremoti e quant’altro ci sono tristemente note. Lo stato di emergenza è quello strumento che ci permette di affrontarle. E che, come abbiamo visto, non ha niente a che fare con lo stato di calamità.

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Sacha Malgeri
La Mosca Bianca

Studente, corso di laurea in Giornalismo e cultura editoriale. Aspirante giornalista spiegone.