La CIA abbandona i ribelli anti-Assad: Trump e Putin sempre più vicini?
Trump ha deciso di interrompere il programma di addestramento delle milizie ribelli anti-Assad in Siria voluto da Obama e attivo dal 2013.
Per anni gli Stati Uniti hanno armato migliaia di combattenti ribelli, preparandoli alla battaglia per ostacolare il regime del presidente Bashar al Assad ed eliminare la struttura istituzionale del Partito Ba’th. La notizia, data dal Washington Post, è probabilmente la dimostrazione del tentativo di rafforzamento dell’asse Trump-Putin. L’incontro ad Amburgo durante il G20 è stato un primo importante avvicinamento tra i due paesi, e questa scelta sembra essere un ulteriore segnale che avvalora questa tesi. USA e Russia, insieme a Turchia e Iran, sono tra le nazioni più coinvolte nel conflitto siriano, sia quello civile e sia nella guerra contro lo Stato islamico (Is). E proprio l’intensificarsi degli sforzi nella battaglia contro i jihadisti ha fatto sì che gli Stati Uniti trascurassero progressivamente sempre di più l’impegno preso contro Assad, che nel frattempo (aiutato dall’intervento militare russo) ha consolidato la propria posizione di comando, assicurandosi un ruolo di leader anche dopo la guerra. Da questo cambio di registro e di attenzioni il regime siriano si è ripreso da una situazione che stava diventando critica, ottenendo sempre più vittorie sui ribelli (impegnati nel frattempo anche nella guerra contro l’Is e contro la Turchia), arrivando alla riconquista di Aleppo nel dicembre 2016. Questo a sottolineare ulteriormente come l’America questa guerra l’ha già praticamente persa e come sia enorme l’influenza delle potenze straniere in questo conflitto.Questa scelta di Trump va dunque analizzata come una dimostrazione di buone intenzioni agli occhi della Russia.
Tra poco ci sarà da gestire la questione Raqqa (importante città siriana e quartier generale dell’Is dal gennaio 2014), dove gli Usa combattono al fianco delle milizie arabo-curde. Al momento della liberazione bisognerà trovare un accordo per regolamentare la situazione e per risolvere le questioni che hanno portato alla sua caduta nelle mani dello Stato Islamico. Trump vuole risultati dalle proprie politiche estere, e Raqqa potrebbe essere uno di questi. L’alleanza con Israele e i buoni rapporti con l’Arabia Saudita hanno messo gli Stati Uniti in opposizione all’Iran e ai suoi alleati, tra i quali proprio la Russia.
Nel frattempo il 9 luglio scorso è stato annunciato un cessate il fuoco nella regione nel sudovest del paese (nelle province di Quneitra, Suweida e Daraa) negoziato e voluto da Usa, Russia e Giordania. Mentre a Ginevra proseguono i colloqui di pace mediati dalle Nazioni Unite. Lo stesso 9 luglio è stata proclamata la liberazione di Mosul, seconda città dell’Iraq e controllata dai jihadisti dal 2014, poco prima della proclamazione della nascita del califfato su alcune zone di Iraq e Siria. Liberazione questa che è frutto di una collaborazione tra il governo iracheno e una coalizione internazionale guidata proprio dagli Stati Uniti. Questa vittoria ha un enorme importanza simbolica e strategica e segna anche la probabile morte (in queste ore Trump ha accusato il New York Times di aver fatto fallire il piano) di Abu Bakr al Baghdadi, leader dell’Is e fondatore del califfato.
Secondo il Washington Post alcune delle risorse della Cia ora dovrebbero essere usate per altre missioni, la guerra all’Is su tutte. Aspettando di vedere cosa accadrà dopo la liberazione di Raqqa.