L’ordine dei giornalisti è obsoleto.

Sacha Malgeri
La Mosca Bianca
Published in
7 min readAug 21, 2017

Probabilmente è una discussione vecchia come il vostro latte in frigo, ma ora più che mai l’Ordine dei Giornalisti è quello che sembra: un vecchio e osboleto carrozzone, e per una lunga serie di motivi. Non mi interessano, in questa sede, le origini storico-fasciste dell’ordine: se lavorasse bene, potrebbe essere un’istituzione utile — come tutte, in fondo. Un’istituzione non è inutile in sè se sa fare il suo lavoro in modo adeguato — e alcune iniziative di tipo sindacale sono necessarie (come per l’equo compenso). Il problema principale, dal mio punto di vista, è che non mantiene le sue promesse: cioè la tutela del lavoro giornalistico.

E non voglio discutere solo in termini di potere sanzionatorio ma anche solo di mera discussione: perchè l’Odg avrebbe l’autorevolezza per lanciare dibattiti — di cui c’è una tragica penuria — sullo stato del nostro giornalismo. Non si parla mai di qualità dell’informazione, di verifiche accurate, di faziosità esplicita, falsità manifeste e volute. Eppure titoli ed articoli del genere li vediamo tutti i giorni, praticamente da qualsiasi testata. Queste, per esempio, sono alcune delle prime pagine di ieri:

Chi ha mai garantito la cittadinanza ai terroristi? Ovviamente nessuno. Libero è contraria allo Ius Soli e tende ad assimilare i migranti ai terroristi. L’Ordine si è mai esposto per dire che è una falsità?

Questi sono mezzucci per spaventare i lettori. L’Ordine si è mai espresso su questi procurati allarmi? O sulla faziosa interpretazione di un esperimento da parte del giornale di Belpietro?

Altri esempi:

2 Dicembre 2016

Questa è la prima pagina di Repubblica del 2 Dicembre 2016. Nei titoli troviamo un’affermazione perentoria: i voti all’estero per il referendum costituzionale del 4 Dicembre sono oltre il 40%. Ora guardiamo alle statistiche, pubblicate proprio dal sito di Repubblica.

30,7 %. Repubblica ne ha mai dovuto rispondere? No.

E potrei continuare per giorni, con altri esempi (il caso del vaccino Fluad, i mille articoli giudiziari in contrasto con le leggi etc). Molto spesso basta anche solo dare una rapida occhiata ai siti e alle prime pagine del giorno. E non sono errori da nulla, poiché vanno ad infrangere i principi deontologici del giornalista, codificati dall'ordine stesso.

Dal Titolo I della legge 69/1963, che regola la professione giornalistica e che istituisce l’Ordine dei giornalisti.
Dall’articolo 2 e 9 del Testo Unico dei doveri del giornalista. QUI il testo completo.

Non vedete già qualche infrazione negli esempi riportati?

Eppure la presenza dell’Odg si rivela per lo più in questi casi:

http://www.odg.it/content/lodg-spalletti-il-calcio-ha-bisogno-di-libert%C3%A0-e-del-rispetto-dei-ruoli

E quando deve punire i giornalisti per difendere il suo onore, dando più l’idea di sparare nel mucchio, come nel caso di Filippo Facci, sospeso per due mesi a causa di un articolo dove ha manifestato il suo odio, strettamente personale, contro l’Islam. Personalmente, li vedo come eccessi di retorica, e poco più. Se è vero che la libertà di cronaca e di informazione è insopprimibile, non dobbiamo vederla come uno scudo verso ogni attacco, anche sensato. Il mestiere del giornalista è fondamentale, ma è anche un mestiere invadente. Non si può bollare ogni fastidio come bavaglio: bisogna fermarsi a discutere, e a capire. Questo è il giornalismo, un servizio senza presunzioni.

Penso che l’Ordine si avvalga molto spesso della possibilità di “sparire” dalle discussioni pubbliche, essendo un argomento di nicchia: la sua riforma, o abolizione, è un argomento per iniziati (perdonatemi il termine infelice): per chi, fondamentalmente, ne capisce qualcosa, e ne conosce le conseguenze. Per capirci qualcosa, bisogna però analizzarne le criticità, a cominciare dall’ingresso.

Come si entra a far parte dell’Ordine

Nell’era del Citizen Journalism, i requisiti per entrare nell'ordine somigliano all'iniziazione per entrare in qualche ordine medievale:

  • Per prima cosa, è necessario entrare nel registro dei pubblicisti. Per farne parte è necessario aver svolto l’attività giornalistica, ricompensata, per due anni, in modo regolare.
  • Il secondo passo è svolgere un praticantato in un’azienda giornalistica, della durata di 18 mesi. In alternativa, si può frequentare una delle scuole riconosciute dall’Odg (che garantiscono formazione e praticantato).
  • Terzo passo: corso di formazione, anche a distanza, messo a disposizione dall’Odg, della durata di 45 ore.
  • Dopo tutto questo bisognerà svolgere l’esame di stato per l’abilitazione professionale

Macchinoso, vero? Il fatto che la professione giornalistica sia disciplinata da una legge (modificata negli anni) del 1963 di certo non aiuta.

La richiesta di un praticantato così lungo, a mio parere, è proprio figlia di un’epoca in cui era molto più semplice trovare un lavoro nell'ambito giornalistico. Con la saturazione dei posti di lavoro e la nuova, intensa precarietà dei giornalisti è difficilissimo trovare un lavoro retribuito e continuativo. Non è un lavoro per giovani, probabilmente.

L’alternativa, inoltre, non è così semplice da percorrere: le scuole dell’ordine — attualmente sono 12, sparse in tutto il territorio — prevedono un test d’ingresso (dai 20 ai 40 posti disponibili, al massimo) e le rette sono molto alte (oscillano dai 14 ai 20mila euro, per due anni di studio). Certo, si può praticare senza essere iscritti all'ordine, rinunciando però a tutte le garanzie sindacali.

Comunicazione scadente

Una grossa pecca dell’ordine è proprio la sua comunicazione.Stiamo andando in contro ad un giornalismo più versatile, semplice, comprensibile al pubblico, e integrato, nel senso che comprende medium diversi. Anche questo non è niente di nuovo. Almeno per noi, poiché l’Odg insiste nella sua strada tradizionalistica. Anche solo dando un’occhiata al sito ufficiale ci sembra di tornare dritti ai siti degli anni ’90.

Non vi sentite già affaticati nel guardarlo?

Nel 2017 comprensibilità, immediatezza e trasparenza sono praticamente degli imperativi categorici, nel mondo giornalistico. Qui ci troviamo di fronte ad una finta trasparenza: mettere a disposizione delle informazioni incomprensibili. O, per lo meno, lo sono con un occhio attento, e dopo letture molto approfondite. Non vengono favoriti né il lettore curioso di capire i meccanismi né il giornalista che deve ricercare informazioni utili per sé stesso. Non è nemmeno semplice capire le sue reali funzioni, anche se nel sito si trova una parte dedicata. È, per lo più, una serie di segnalazioni e provvedimenti disciplinari, solo accennati.

Se volete controllare di persona cliccate QUI

Non mi sembra si impegnino molto a difendersi dai molti attacchi di giornalisti che ne denunciano l’inutilità, e che ne chiedono l’abolizione.

Per trovare gli atti in modo approfondito è necessario scaricare il Massimario, la raccolta di atti, scaricabile in Pdf (disponibile fino all’anno 2016). Bisogna essere particolarmente avvezzi al linguaggio giudirico, per capirne qualcosa. E non è difficile trovarne le incongruenze. Per esempio:

Pag.55 del Massimario 2016.

Questa sentenza, riguardante un discutibile titolo di Chi su una foto del ministro Marianna Madia, afferma che il diritto di satira non può riferirsi ad un fatto non notiziabile e con richiami sessisti, se riferito ad un personaggio con cariche istituzionali. Sentenza più che giusta.

Ma riguarda solo gli articoli satirici. E se guardiamo bene troviamo spessimo articoli che non hanno niente di notiziabile, e di cui si sente la puzza di sessismo da chilometri.

E se volesse solo insegnare? No, eh?

Non sono nella posizione di offrire alternative migliori, ma credo che un’ordine selettivo, pigro, oscuro, che agisce col bastone le poche volte che viene sollecitato, sia solo dannoso. In Italia la ricerca e il dibattito sul giornalismo è quasi inesistente, e sicuramente non incentivato dalla difficile situazione economica che vivono le aziende giornalistiche. Se l’Ordine vuol dare segni di vita, dovrebbe intervenire contro le molteplici storture — con che coraggio si può chiedere fiducia ai lettori, in questa situazione? — e incentivare il dibattito sulla qualità e l’innovazione dei prodotti informativi, sia cartacei che online (soprattutto): che è, in fondo, la direzione che sta prendendo il giornalismo internazionale.

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Sacha Malgeri
La Mosca Bianca

Studente, corso di laurea in Giornalismo e cultura editoriale. Aspirante giornalista spiegone.