Rohingya, i perseguitati di Myanmar

Paolo Scarrone
La Mosca Bianca
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3 min readAug 28, 2017

Oggi, 28 Agosto, un breve articolo dell’ANSA riporta il tentativo da parte di migliaia di persone appartenenti alla minoranza etnica Rohingya, di passare il confine Birmano per arrivare in Bangladesh a causa delle violenze dell’esercito di Myanmar. Secondo quanto riportato, i fuggitivi vengono però respinti al confine rimanendo dunque in pericolo.

I Rohingya sono una popolazione molto povera che abita la parte occidentale della Birmania. Sono una minoranza etnica di religione musulmana che conta circa un milione di persone (l’intero paese ne conta 50), stanziati per la quasi completezza nella regione di Rakhine, che in passato portava il nome di Arakan. I Rohingya sono notoriamente una delle minoranze più perseguitate del mondo. Ad essi non è nemmeno concessa la cittadinanza birmana, motivo per cui viene loro negato l’accesso a bisogni primari come la sanità e l’istruzione. Non venendo riconosciuti come cittadini anche il diritto di voto non viene loro concesso.

Non avendo accesso all’istruzione pubblica, molti giovani Rohingya possono disporre solamente di un’istruzione religiosa, in alcuni casi di tipo fondamentalista. La diffusione del fondamentalismo islamico ha portato all’istituzione di una milizia ribelle chiamata Esercito dell’Arakan. Non si conosce molto di quello che sta accadendo a Myanmar, le notizie che giungono sono confuse. Quello che sappiamo è che il 9 Ottobre 2016 sono avvenuti attacchi contro alcune stazioni della polizia Birmana in cui avrebbero perso la vita nove agenti. Come già detto c’è confusione riguardo gli eventi e chi siano i colpevoli di questi attacchi. Come riporta Il Post (http://www.ilpost.it/2017/01/05/aung-san-suu-kyi-strage-rohingya/), il governo accusa un gruppo estremista di nome Aqa Mul Mujahidin ma secondo gli esperti internazionali questo gruppo non esisterebbe più e che gli attacchi siano stati in realtà perpetrati da un altro gruppo jihadista che risponde al nome di Harakah al Yaqin. Gli eventi di Ottobre, continuati in Novembre, avrebbero provocato una durissima reazione governativa che avrebbe risposto con il pugno di ferro rivalendosi direttamente sulla popolazione Rohingya, storicamente contro la violenza. La causa delle formazione di gruppi estremisti è da ricercare nel peggioramento della situazione della minoranza e delle politiche governative sbagliate nel trattamento dei Rohingya. La reazione di polizia e esercito è stata eccessiva e crudele. Vengono riportate devastazioni, pestaggi e stupri. In questo video è possibile vedere i metodi utilizzati dalla polizia birmana nei confronti della minoranza musulmana.

Il paradosso maggiore deriva dal ministro degli esteri Suu Kyi, simbolo dell’opposizione al regime che vigeva su Myanmar e della transizione ad un vero governo democratico. Il ministro ha fortemente denunciato gli attacchi dei ribelli e sembra essere la maggiore responsabile dei rastrellamenti perpetuati da esercito e forze dell’ordine birmane. La stessa Suu Kyi aveva negato l’avvenimento di una pulizia etnica, definendolo “un’espressione troppo forte”, nonostante i fatti sembrino provare il contrario. Suu Kyi è stata al centro di pesanti critiche di un gruppo di 23 attivisti, formato da premi Nobel per la pace ed ex ministri di vari paesi, a causa dei metodi utilizzati nel gestire la situazione dei Rohingya.

Nonostante il governo birmano tranquillizzi riguardo la stabilizzazione della situazione, le violenze dell’esercito sembrano proseguire al punto di costringere migliaia di persone a cercare di varcare il confine con il Bangladesh venendo però respinti. Sempre secondo quanto riportato dall’ANSA, la popolazione Rohingya è ora stretta in una morsa letale tra la violenza delle forze governativa e quella dei gruppi di estremisti islamici accusati di terrorizzare gli stessi Rohingya.

Rifugiati Rohingya corrono per ricevere gli aiuti in arrivo — Via The Guardian

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Paolo Scarrone
La Mosca Bianca

Laureato in lingue e giornalismo, cerco fortuna nel mondo della comunicazione. Granata da legare.