Supreme, il brand del momento

Se amate essere alla moda e al passo con i tempi il nome Supreme non vi sembrerà sicuramente nuovo. È il brand di cui tutti parlano e di cui tutti ne indossano i capi, che siano una maglietta o una borsa. Ma qual è veramente la storia dietro a Supreme e cosa ha influenzato il suo sviluppo in Italia?

FilippoScalco
La nuova scuola

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Abbiamo intervistato due persone proponendogli alcune domande riguardo a Supreme. Queste le loro risposte

Siamo nella New York del 1994, quella descritta da Larry Clark nel celebre film Kids dell’anno successivo. Una New York profondamente diversa da quella attuale, popolata da skaters e giovani in fermento. Qui, a Lafayette Street per essere precisi, è dove James Jebbia decide di investire $12,000 in un piccolo store che è diventato oggi uno dei brand più famosi e chiaccherati del pianeta: Supreme per l’appunto. Se vi capita di passeggiare tra la folla vi sarà impossibile non notare quel box rosso, scritta bianca, font futura in grassetto, stampato sulle magliette di tanti passanti. Un box particolare, che non è probabilmente opera dello stesso James Jebbia. Si tratta di un tributo, una citazione, un’imitazione — come spiega la giornalista Francesca Milano su nssmag.com — dei poster propaganda dell’artista Barbara Kruger. Proprio alla fotografa statunitense è legato lo sviluppo del brand Supreme in Italia: il cosiddetto Supreme Barletta (Barletta, nome della città dove è stata fondata la versione italiana). James Jebbia ad oggi non possiede i diritti del brand perchè non è registrato, probabilmente per contrasti con l’artista. A questo punto una compagnia che già aveva portato in Italia Pyrex Vision, ha colto l’occasione e per creare Supreme Italia, approfittando della mancanza di vincoli legali riguardanti il brand.

Una scena tratta dal film ‘Kids’

Supreme in Italia

Sul caso si è espresso in un’intervista a nssmagazine.com (assieme ad altri quattro store manager) Valerio Ghisi, che ha spiegato come per i ragazzi di oggi la curiosità abbia perso valore:

«Il fenomeno Supreme Italia mette radici in un sempre più vasto segmento di consumatori disinformati e passivi. Sono quelli che si lasciano condizionare da qualsiasi proposta senza valutarne la portata, memorizzano a livello visivo un brand perché sovraesposto senza andare oltre. Esistono troppi ragazzi privi di curiosità e nemmeno troppo interessati a capire cosa sia Supreme NYC o Supreme Italia. Nel loro immaginario esiste quella scritta, punto. Che sia NYC, Barletta o Singapore non fa differenza, basta indossarla».

È proprio quel “basta indossarla” che racchiude la chiave per capire lo sviluppo del fenomeno in Italia. Ai ragazzi di oggi non interessano la storia e le vicissitudini di un brand, l’unica cosa che gli cale è portare la maglietta e sfoggiare la scritta in pubblico per dimostrare al mondo di essere alla moda. Ed è così che chi non segue queste regole viene talvolta etichettato come sfigato e accusato di essere diverso.

La diffusione del brand nella penisola italiana non è una buona cosa, come spiega Davide Marre a Francesca Milano:

«È assolutamente da condannare. Il fatto che abbia preso piede in Italia è dovuto principalmente alla disinformazione, i ragazzi conoscono i nomi dei brand, ma non la storia, non da dove nascono e perché sono arrivati dove sono».

Questa moda non è pero da prendere solo con un’accezione negativa, ma può anche essere vista con un profilo un po’ più positivo. Per un ragazzo la maglia della Supreme è vista come un oggetto del desiderio, un sogno che può (e deve) diventare realtà. L’essere come tutti gli altri, “in regola”, trasmette probabilmente una sorta di tranquillità e protezione che rende le persone più sicure di se stesse.

Il più grande promotore del brand newyorchese in Italia è senza dubbio il rapper milanese Fedez, che ha per più volte (e continua ancor oggi) sfoggiato i propri acquisti Supreme attraverso i social network, soprattutto su Instagram.

Fedez e Chiara Ferragni esibiscono i loro nuovi acquisti ‘Supreme’ attraverso Instagram

Pur avendo solamente dieci store ufficiali nel mondo, la popolarità del brand ha ormai raggiunto picchi storici e la recente collaborazione con Louis Vuitton non ha fatto che incrementare il suo successo.

E ora tutti ci chiediamo: quanto tempo durerà ancora questo fenomeno?

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