La conversione in legge del decreto “Cura Italia”: le norme in materia di appalti informatici

La crisi può diventare opportunità se le amministrazioni faranno investimenti lungimiranti per la digitalizzazione

Francesca Ricciulli
La PA Digitale
Published in
6 min readMay 5, 2020

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Mercoledì 29 aprile è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge n. 24 del 2020 di conversione, con modificazioni, del decreto n. 18 del 2020, cd. “Cura Italia”.

Molte le norme in materia di contratti pubblici finalizzate, ad esempio, a facilitare l’acquisizione di dispositivi di protezione e medicali o di dispositivi per il potenziamento dei reparti di terapia intensiva. Del resto, in questo periodo di emergenza sanitaria, sono tanti i beni e i servizi che le amministrazioni hanno necessità di acquistare.

Con il dichiarato intento di favorire la diffusione del lavoro agile, la didattica a distanza e i servizi in rete per cittadini e imprese, diverse disposizioni prevedono semplificazioni per l’acquisto di beni e servizi ICT o lo stanziamento di apposite risorse.

Le scelte effettuate dal Governo e validate dalle Camere sono per certi versi condivisibili, per altri meno. Ciò che è sicuro è che meritano qualche riflessione, soprattutto perché si inseriscono nel più ampio e già travagliato processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione e perché avvengono in un momento di particolare disorientamento per il mondo degli appalti. A seguito delle modifiche introdotte dal D.l. 32/2019, cd. “Sblocca cantieri”, infatti, siamo ancora in attesa del “Regolamento unico” di attuazione del codice dei contratti pubblici.

Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi

L’art. 75 del Cura Italia (così come convertito in legge) prevede la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici e le autorità indipendenti di acquistare, fino al 31 dicembre 2020, beni e servizi informatici — preferibilmente in cloud Saas — e connettività mediante l’utilizzo di una procedura speciale. Quest’ultima, infatti, è un ibrido tra la già esistente procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara per ragioni di urgenza di cui all’art. 63, comma 2, lett c) del codice dei contratti pubblici e una nuova procedura “negoziata” che impone la consultazione di specifici operatori. L’affidatario va selezionato, infatti, tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una “start-up innovativa” o un “piccola e media impresa innovativa”, iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese.

Come dimostrato dalla “Ricognizione delle disposizioni acceleratorie e di semplificazione presenti nel Codice dei contratti e nell’attuale quadro normativo”, diffusa dall’Anac al fine di fornire indicazioni alle stazioni appaltanti per agevolare lo svolgimento delle procedure di affidamento, probabilmente non era necessario creare una nuova procedura, considerato che le amministrazioni avevano già a disposizione tutti gli strumenti per effettuare tali acquisti.

Il Vademecum Anac per velocizzare gli appalti pubblici

D’altra parte, il codice è disseminato di procedure utilizzabili in caso di urgenza, innegabile nella situazione attuale. Peraltro, se l’intento era quello di favorire la semplificazione, non sembra sia stato raggiunto, dato che la norma impone alle stazioni appaltanti di coinvolgere specifici operatori economici.

Desta qualche perplessità anche la deroga ad ogni disposizione di legge che disciplina i procedimenti di approvvigionamento, affidamento e acquisto di beni, forniture, lavori e opere, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. Non è un caso che il comma sia stato riformulato in sede di conversione.

Le “deroghe” al codice dei contratti pubblici ricordano il metodo utilizzato per ricostruire il ponte Morandi nel più breve tempo possibile: certamente efficace ma pericoloso per il diritto. Senza contare che una zona franca rappresenta terreno fertile per la crescita di fenomeni corruttivi. L’idea, di nuovo, è che la celerità non sia compatibile con l’applicazione del codice dei contratti.

L’art. 75 prevede, poi, semplificazioni con riferimento alla verifica dei requisiti e alla stipula dei contratti, un limite di durata di 36 mesi dei contratti in oggetto, la possibilità per la PA di recedere unilateralmente senza oneri e un particolare regime di vigilanza da parte del Dipartimento per la trasformazione digitale e del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.

È certamente da apprezzare il favore manifestato per le soluzioni in modalità cloud computing che risulta perfettamente in linea il Modello cloud PA delineato all’interno del Piano triennale per l’informatica e con il principio del “cloud first” affermato da tutta la relativa strategia. Anche se non specificato dalla norma, è scontato che debba trattarsi di soluzioni cloud qualificate, considerato che, a partire dal 1° aprile 2019, le amministrazioni possono acquisire esclusivamente servizi cloud qualificati dall’AgID presenti nel Catalogo dei servizi Cloud per la PA.

Sul punto, in sede di conversione, è stata inserita una importante specificazione sulla localizzazione. Soltanto laddove ricorrono esigenze di sicurezza pubblica, infatti, i sistemi di conservazione, processamento e gestione dei dati dovranno essere necessariamente localizzati sul territorio nazionale.

Per espressa previsione, i contratti stipulati devono garantire, in ogni caso, il rispetto dei principi di interoperabilità e di portabilità dei dati personali e dei contenuti comunque realizzati o trattati attraverso le soluzioni acquisite.

Altrettanto apprezzabile la precisazione che gli acquisti devono essere relativi a progetti coerenti con il Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione e che gli interventi di sviluppo e implementazione dei sistemi informativi devono prevedere, nei casi in cui ciò sia possibile, l’integrazione con le piattaforme abilitanti previste dagli articoli 5, 62, 64 e 64-bis del CAD. Del resto, sarebbe una disdetta se, proprio a fronte di una situazione che — nella tragedia — ha rappresentato un importante acceleratore della trasformazione digitale, le amministrazioni effettuassero acquisti in contrasto con la strategia o di soluzioni non interoperabili con le piattaforme abilitanti. Proprio in questo periodo e in assenza dell’attenzione che avrebbe meritato è comparsa negli store l’app IO.

Acquisti per il lavoro agile dei dipendenti

L’art. 87bis, che detta misure di ausilio allo svolgimento del lavoro agile da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli organismi di diritto pubblico, è una disposizione rivolta più che altro a CONSIP.

Prevede l’incremento dei quantitativi massimi delle vigenti convenzioni-quadro per la fornitura di personal computer portatili e tablet e la possibilità per CONSIP di procedere allo svolgimento di procedure negoziate senza previa pubblicazione di bandi di gara finalizzate alla stipula di convenzioni-quadro per l’acquisto degli stessi e altri beni e servizi ICT.

La disposizione è fondamentale se si considera che la legge di bilancio 2016 ha previsto uno specifico regime per gli acquisti del settore informatico, imponendo alle organizzazioni del settore pubblico di fare ricorso alle convenzioni di CONSIP e degli altri soggetti aggregatori (e ciò indipendentemente dal valore economico della commessa).

Acquisti per la didattica a distanza

L’art. 120 è interamente dedicato alla scuola, pubblica amministrazione generalmente bistrattata e messa particolarmente alla prova dall’emergenza Covid 19. Come tutte le altre amministrazioni, infatti, gli istituti scolastici devono portare avanti, oltre all’attività amministrativa, quella didattica, cercando di continuare a svolgere la propria fondamentale funzione sociale.

Ebbene, finalmente vengono destinate risorse per consentire alle istituzioni scolastiche statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza o di potenziare quelli già in dotazione, nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone con disabilità! Altre risorse sono destinate a mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme, nonché per la necessaria connettività di rete. Altre ancora a formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza.

I bandi PON per l’acquisto di tablet, PC e connessioni

Le istituzioni scolastiche potranno acquistare le piattaforme e i dispositivi, mediante ricorso a convenzioni o al Mercato elettronico ma, qualora non sia possibile ricorrere a tali strumenti, possono provvedere all’acquisto anche in deroga alle disposizioni del codice dei contratti pubblici.

E allora, forse la crisi può davvero diventare opportunità. Ciò accadrà se le amministrazioni sapranno approfittare delle temporanee ed eccezionali deroghe e delle nuove risorse stanziate per fare investimenti lungimiranti per la digitalizzazione, sia a livello di beni e servizi che di formazione.

Se non si accontenteranno di mettere una toppa. Se si attrezzeranno affinché, un domani, in una situazione di emergenza non si renda necessaria la sospensione dei procedimenti, essendo ormai possibile la regolare erogazione dei servizi online grazie anche allo svolgimento delle attività dei dipendenti in smart working.

Questa è la sfida di cui parla anche la Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione n. 3/2020 del 4 maggio 2020 relativa alle modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative dei dipendenti nella fase 2: mettere a regime e rendere sistematiche le misure adottate nella fase emergenziale.

La novità della direttiva n. 3/2020 del Ministro per la Pubblica Amministrazione

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Francesca Ricciulli
La PA Digitale

Avvocato. Diritto amministrativo e diritto e delle tecnologie.