Il FOIA è in quarantena, ma la trasparenza non deve essere sospesa

Nel mondo stravolto dal Covid-19, la trasparenza non è un inutile orpello ma parte della cura digitale per le nostre democrazie.

Ernesto Belisario
La PA Digitale
Published in
5 min readApr 2, 2020

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Non capita spesso che si parli di trasparenza in Italia. Non è un mistero: il nostro Paese, contrariamente ad altri (come la Svezia), non ha una lunghissima tradizione normativa e amministrativa in materia di diritto di accesso. E questo ritardo non è solo delle amministrazioni, ma anche dei cittadini, delle organizzazioni della società civile e dell’opinione pubblica, ancora poco abituata al controllo generalizzato dell’operato delle istituzioni.

Non capita spesso che si parli di trasparenza in Italia. Non tra gli addetti ai lavori, ovviamente. C’è una ristretta cerchia di attivisti, esperti e civil servants che ne discutono continuamente, che si scambiano sentenze e pareri. È così che qualche anno fa è nata la campagna grazie alla quale — a partire dal 2016 — è stato introdotto il “diritto di accesso generalizzato” (il c.d. FOIA), ovvero la norma che consente a chiunque di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni.

Non capita spesso che si parli di trasparenza in Italia. Ma nei giorni dell’emergenza Covid-19, se ne torna a discutere. Infatti, ci sono alcune norme contenute nel recente decreto legge #CuraItalia (D. L n. 18/2020) che sospendono i termini per la risposta alle istanze di accesso presentate nei confronti degli enti impositori (fino al 31 maggio 2020) e di tutte le altre pubbliche amministrazioni (fino al 15 aprile 2020).

La trasparenza è sotto attacco?

Certo, non è una bella notizia. Ma la scelta era praticamente obbligata, a seguito delle restrizioni disposte per affrontare l’emergenza Coronavirus.

Nel corso delle ultime settimane abbiamo subito limitazioni alle nostre libertà di movimento, di riunione, di manifestazione, di iniziativa economica e finanche al nostro diritto di voto (le consultazioni elettorali già previste, infatti, sono state rinviate). Tutto in nome del contenimento del contagio.

Il diritto alla trasparenza non fa eccezione. Sospeso, non soppresso, in attesa della conclusione dell’emergenza. La motivazione è quindi chiara: sono sospesi tutti i termini per tutti procedimenti amministrativi (e giudiziari) in quanto le persone “devono restare a casa”. E quindi, ad esempio, non possono recarsi in ufficio e cercare negli archivi i documenti oggetto delle richieste di accesso. A partire da qualche settimana, infatti, la gran parte dei dipendenti pubblici è in “smart working”, cioè lavorano da casa.

Per questo motivo, visto che le richieste di accesso attivano procedimenti amministrativi, sono sospesi i termini anche per queste attività. Ciò significa che le amministrazioni potrebbero non rispondere nei trenta giorni dalla richiesta (è questo il termine stabilito dal legislatore), dal momento che il termine comincerà a decorrere quando la sospensione sarà terminata.

Ovviamente, come per tutte le altre tipologie di procedimenti, le amministrazioni sono tenute a trattare le richieste di accesso urgenti (ad esempio, molte di quelle volte proprio ad effettuare un controllo civico sulla gestione dell’emergenza da parte delle istituzioni pubbliche).

La sospensione del diritto di accesso praticata in Italia, tra l’altro, non è una misura singolare. In molti altri Paesi le istituzioni stanno adottando provvedimenti analoghi (laddove non addirittura peggiori): Australia, Brasile, Canada, El Salvador, India, Hong Kong, Messico, Nuova Zelanda, Romania, Serbia, Regno Unito e Stati Uniti (in questo post su Eye on global transparency si trova un utile riepilogo). Insomma, la sospensione dei procedimenti amministrativi in materia di trasparenza sta diventando, purtroppo, una misura standard nell’approccio globale alla pandemia.

Emergenza non deve significare assenza di trasparenza

In Nuova Zelanda, l’ombdusman (“difensore civico”) ha chiesto ai cittadini di essere ragionevoli nelle richieste, comprendendo le difficoltà in cui lavorano le amministrazioni (anche in quel Paese molti dipendenti pubblici, in queste settimane, lavorano da casa).

Allo stesso tempo, però, ha ricordato che è proprio durante l’emergenza che le istituzioni devono essere massimamente -e tempestivamente- trasparenti su tutte le decisioni relative alla salute, alla sicurezza pubblica e alle scelte economico-finanziarie assunte. Insomma, una democrazia lavora sempre in modo trasparente, anche in emergenza. Anzi, soprattutto in emergenza, nel corso del più grande stress test a cui siano mai state sottoposte le nostre libertà costituzionali e, più in generale, le nostre democrazie.

Per questo motivo, va condiviso l’appello di David Kaye, special rapporteur dell’ONU sulla libertà di espressione, che ha raccomandato a tutti i governi di assicurare il massimo accesso alle informazioni, a maggior ragione adesso.

Perché è sicuramente comprensibile che sulle richieste di trasparenza non relative all’emergenza ci possano essere ritardi o differimenti. Anzi, è inevitabile. Specialmente se l’accesso è richiesto a documenti e fascicoli cartacei che si trovano negli archivi in cui, al momento, c’è poco personale.

Ma per quello che riguarda la gestione dell’emergenza, invece, le amministrazioni non solo sono tenute a rispondere celermente, ma devono iniziare ad utilizzare le tecnologie in modo efficace e tempestivo. Ad esempio, il governo ucraino ha avviato — proprio in collaborazione con le organizzazioni non governative — un progetto finalizzato alla trasparenza in realtime dei dati degli appalti legati alla gestione dell’emergenza Covid-19. Un esempio che potrebbe essere seguito anche dal nostro Paese in cui — come sappiamo — c’è un alto livello di corruzione e, in passato, gli appalti legati alle procedure di urgenza sono stati spesso occasione di malaffare (fin dai tempi degli approvvigionamenti bellici nel corso della prima guerra mondiale).

La strada per essere la smart nation che tutti dicono che dobbiamo essere passa anche dall’usare le tecnologie digitali per essere trasparenti in modo efficiente, risparmiando risorse ed essendo allo stesso tempo chiari e tempestivi. La trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni, di cui si parla da anni, non serve solo ad avere archivi informatici in relazione ai quali è più facile e meno oneroso assicurare la trasparenza, anche nel corso dell’emergenza. La digitalizzazione, infatti, mette in condizione gli enti di pubblicare proattivamente dati, documenti e informazioni in modo efficace e puntuale nell’ottica di assicurare l’accountability di atti e decisioni. Proprio come è successo con i dati relativi all’evoluzione dell’epidemia che, dopo l’appello di esperti ed attivisti, vengono ormai pubblicati dal Dipartimento della protezione civile ha iniziato a pubblicare non solo .pdf, ma opendata costantemente aggiornati e riutilizzabili da chiunque. La disponibilità dei dati, infatti, consente di monitorare quanto stanno facendo le istituzioni, fare corretta informazione, alimentare il dibattito pubblico.

Non capita spesso che si parli di trasparenza in Italia. Ma questo è sicuramente un momento in cui è giusto discuterne. Magari lontano da sensazionalismi e falsi allarmi, anzi ribadendo che possono sospendersi alcuni termini ma non il metodo democratico.

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Ernesto Belisario
La PA Digitale

Senior Technology Law Attorney with Over 20 Years of Expertise in Digital Transformation, Data Protection, Startup Law, and Artificial Intelligence.