Non è un’esercitazione

L’Italia chiusa per Corona virus scopre di non essere ancora una “Smart Nation”

Ernesto Belisario
La PA Digitale
Published in
3 min readMar 5, 2020

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E-learning, smart working, servizi online.

Non è un’esercitazione. Ripeto: non è un’esercitazione. E nemmeno un convegno.

Sta accadendo davvero che — a causa dell’emergenza legata al Covid19 (meglio conosciuto come “Corona Virus”) — amministrazioni, imprese e cittadini siano costretti a utilizzare le nuove tecnologie per lavorare, comunicare, studiare.

Per alcune settimane si è trattato soltanto di misure di prevenzione limitate ad alcune aree per evitare l’estensione del contagio. Da poche ore si tratta di misure a carattere generale, estese all’interno territorio nazionale con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo.

Scuole e università chiuse, per decreto, nell’intero Paese.

Il tweet del MIUR con l’indicazione della pagina dedicata al supporto per le scuole che vogliono attivare forme di didattica a distanza, con piattaforme e strumenti utili, a titolo totalmente gratuito

Uffici pubblici a scartamento ridotto, con una circolare del Ministro per la PA che incentiva il “lavoro agile” e le videoconferenze. Popolazione impaurita, anziani invitati a non uscire di casa dal Presidente del consiglio.

L’evoluzione dello smart working nella PA

All’improvviso tutti hanno iniziato a parlare di e-learning per recuperare le lezioni perse (o per non bloccare l’attività didattica), di smart working per evitare la paralisi degli uffici, di servizi online per evitare disservizi agli utenti.

All’improvviso, in un Paese molto poco digitale, tutti hanno scoperto che le tecnologie non servono solo per guardare le partite in streaming e le serie o per le chat della scuola.

PA Digitale talks: il nostro podcast di approfondimento sullo smart working con Gianluigi Cogo

Tutto bene, quindi? Non esattamente.

Per fare e-learning, lavoro agile e servizi online, non basta avere una connessione o un dispositivo connesso alla rete. Sono poche le organizzazioni (scuole, università, imprese, amministrazioni) che hanno investito in ICT e lavorato in modo strutturato nell’innovazione dei processi di lavoro e di erogazione dei propri servizi.

Ciò significa che non arriviamo pronti a questo improvviso ed emergenziale switch-off, visto che il processo di trasformazione digitale non è concluso (a dire il vero, per alcune organizzazioni è appena cominciato).

È vero, si moltiplicano le lezioni online, ma in tanti casi si tratta solo di soluzioni tampone. Si parla di lavoro agile, ma sono pochissime le amministrazioni pronte alla riorganizzazione dei processi, presupposto indispensabile per il lavoro agile.

Ancora meno sono le amministrazioni che hanno portato online tutti i servizi per l’utenza. Le stesse piattaforme abilitanti, come SPID, pagoPA, ANPR — dopo anni di discussioni e di proroghe — non sono ancora pienamente operative.

Ben venga quindi la presa d’atto che il digitale può essere un modo per ripensare le nostre società, le nostre organizzazioni, il nostro lavoro e le nostre vite, anche (si spera) lontano dall’emergenza.

Ma non sono processi che si improvvisano scaricando un’app o accendendo una webcam. Non sono cambiamenti che si costruiscono con appelli accorati, direttive o circolari d’urgenza.

Ci vogliono norme, azioni straordinarie, investimenti e pianificazione per reagire a situazioni eccezionali.

Insomma, per diventare una Smart Nation non dobbiamo continuare a improvvisare, ma osare, provando a costruire un futuro diverso in questi giorni così incerti.

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Ernesto Belisario
La PA Digitale

Senior Technology Law Attorney with Over 20 Years of Expertise in Digital Transformation, Data Protection, Startup Law, and Artificial Intelligence.