Giornalismo nell’era delle intelligenze artificiali: come cambia la professione

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La prima giornata di #glocal17
3 min readNov 16, 2017

Bot o giornalisti? Mondo reale o realtà artificiale? Quali sono le prospettive del giornalismo del futuro

di Master in giornalismo Iulm: Andrea Madera, Matteo Macuglia, Federico Graziani, Giulio Pinco Caracciolo e Matia Venini

Ormai è un assioma: non si può parlare di comunicazione senza legarla ai social media e non si può dialogare di informazione senza declinarla in chiave web. I social si sono posizionati ormai al centro della nostra vita e ci permettono di oltrepassare i confini redazionali tradizionali.

In questo mare impetuoso di informazioni, i giornalisti si ritrovano proprio in mezzo al guado di una mutazione irreversibile, colma di novità e pericoli. Prima della rivoluzione digitale, soprattutto nell’ambito della carta stampata, un giovane cronista muoveva i primi passi affiancando il collega più anziano, ovvero più esperto. In sostanza si ritrovava in una botte di ferro: si usavano le gambe per cercare le notizie, le fonti per curare i collegamenti e l’intelletto per scrivere. Ci volevano passione, certo, curiosità, accuratezza, testardaggine e tenacia. Ma il modo di lavorare quanto e come è cambiato?

Le previsioni future rivelano ad esempio che, nei prossimi dodici mesi, la velocità di sistemi operativi già in commercio — Kirin 970 — grazie alla presenza di una NPU (Neural Processing Unit) autonoma, daranno la possibilità di raggiungere potenze di calcolo fino a 30mila volte superiore rispetto ai device più utilizzati in questo momento. “Davanti a un cambiamento di paradigma e della comprensione del pubblico, la figura di riferimento di questo cambiamento deve necessariamente adattarsi — secondo Walter Quattrociocchi, coordinatore del Laboratory of Data Science and Complexity all’Università di Venezia Ca’ Foscari — l’avvento dell’Intelligenza Artificiale da una parte facilita sicuramente la produzione dei contenuti, ma dall’altra rende sempre più difficile distinguere il ‘giornalista dal suo bot’, quindi il reale dall’artificiale”.

La prima rivoluzione che incide pesantemente sul mondo del giornalismo arriva negli anni Novanta, con l’avvento di Internet. Poco dopo, la svolta più grande porta con sé la carica dei social. Milioni di notizie false e non, curiosità, immagini, sciocchezze o semplici pettegolezzi. Ma anche lutti, appelli, polemiche, sterili e discussioni. “Le fake news hanno influenzato le elezioni politiche di 18 paesi” dice Roberto Natale, ex presidente della Federazione Italiana della Stampa, “la politica dovrebbe trattare con i grandi del digitale per trovare una soluzione”.

Di fronte a questo scenario, è necessario ripensare la figura e la professione del giornalista. Per Francesco Piccinini, direttore di Fanpage.it “è necessario trovare dei grandi filosofi, non dei grandi programmatori. Serve gente che sappia pensare, per contrastare la contrazione del tempo serve più cultura”. Una frase di Michele Mezza rende l’idea del cambiamento del lavoro: “Alle tradizionali 5 ‘W’ del giornalismo, dobbiamo aggiungerne una sesta: il ‘While’. L’informazione ormai deve essere in tempo reale”.

Tutti devono destreggiarsi in questa nuova realtà, perfino gli uffici stampa. Parola d’ordine: interfacciarsi, dialogare in tempo reale, tentare di essere i primi in un mondo nuovo nel quale tutti con i propri cellulari fotografano, trasmettono video, fanno selfie. Eccoci qui, con tanti strumenti in più e tante certezze in meno con un buco nero che rischia di allargarsi di giorno in giorno.

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