Dal dibattito ‘competitivo al dibattito ‘deliberativo’

La classe di filosofia come ‘comunità deliberante’

Pietro Alotto
Argomentazione
9 min readMay 2, 2021

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Spesso si dice che la storia della filosofia è la storia di un dialogo che attraversa i secoli. Io credo che questa metafora tradisca la vera natura di questa storia. Una metafora migliore, secondo me, potrebbe essere questa: la storia della filosofia è la storia di una plurisecolare discussione a fini deliberativi intorno ad alcuni temi e problemi (di senso, di verità e di valore) che l’umanità da secoli si pone.

Decision map

Deliberazione

Deliberare (1) è propriamente prendere una decisione intorno a qualcosa da fare, a un comportamento da tenere o a una posizione da prendere intorno ad un dato argomento (Giudizio), dopo avere messo su una bilancia e pesato pro e contro, valutato le conseguenze, chiarito i termini del problema.

La deliberazione può avvenire attraverso un discussione con altri, ma anche nel chiuso del proprio foro interiore: in cui si discute solo con se stessi.

Deliberare, cioè prendere decisioni ponderate intorno a ciò che è meglio fare o più verosimile credere è fondamentale nella nostra vita quotidiana, così come nella nostra vita professionale, quando ci troviamo in situazioni in cui non abbiamo a disposizione verità evidenti e previsioni certe.

Richiamiamo alla nostra mente i passaggi principali di un processo decisionale o deliberativo:

  1. Il problema che sta cercando di essere risolto
  2. Le possibili soluzioni al problema
  3. Le ragioni a favore e / o contro ciascuna di queste possibili soluzioni
  4. Le prove per pensare che queste ragioni siano vere, verosimili, le migliori possibili

Il fatto che spesso il testo filosofico non riporti che l’argomentazione finale, il prodotto di una deliberazione, non vuol dire che questa deliberazione non ci sia stata.

Pensiero decisionale e deliberativo

Affrontare problemi aperti innesca processi che hanno a che fare con la capacità di analizzare la realtà alla ricerca di informazioni rilevanti, la capacità di trarre inferenze, la capacità di immaginare ipotesi di soluzione, la capacità di argomentare e provare. Tutte capacità queste che attengono al ‘pensiero critico’.

In questo senso fare filosofia può essere esercizio di pensiero critico se…. se non ci si limita semplicemente a presentare il cosa ha detto chi su cosa!

La Filosofia sollecita e sviluppa il pensiero critico se e solo se esercita il pensiero critico attraverso una pratica di riflessione finalizzata ad una presa di posizione (Giudizio) su un problema dato. Non confronto di opinioni, ma scontro di ipotesi di soluzione rispetto ad un problema dato.

Quando in classe di filosofia affrontiamo un problema filosofico, non dovremmo mai porre la questione in questi termini: “cosa pensi tu della giustizia”? Ma in questi: “come risolveresti tu questo problema?”, “ come risponderesti a questa domanda?”, “ come valuti l’ipotesi di soluzione di questo o quel filosofo? e perché?”

Insegnare l’arte della deliberazione (e della presa di decisione) e fornire strumenti per farlo in modo efficace (come il mapping argomentativo o decisionale) può essere utile per insegnare a pensare filosoficamente e migliorare le prestazioni ‘critiche’ degli studenti.

È questo il contributo formativo che lo studio della filosofia può dare alla formazione di uno studente: creatività, problem solving, logica, argomentazione, uso del metodo sperimentale potrebbero essere le skills ‘agite’ e potenziate indirettamente nella classe di filosofia.

D’altra parte, se pensiamo e insegniamo la storia della filosofia in questo modo, riusciamo a creare quella cornice di senso per le risposte date dai diversi filosofi che può rendere l’apprendimento della filosofia ‘significativo’: non una ‘carrellata di opinioni’, ma una serie di ipotesi di soluzione per problemi ancora aperti.

Insomma, la classe di filosofia come ‘comunità deliberante’, un luogo in cui piccoli pensatori provano ad affrontare domande e si cimentano con risposte argomentate, e con ‘critiche’ (altrettanto argomentate) alle risposte di filosofi e compagni di classe: l’aula come una ‘sala deliberativa’ (o un gruppo decisionale) in cui si sviluppano competenze, si utilizzano strategie e strumenti, affrontando temi caldi e freddi utili per la loro crescita umana e culturale.

La scoperta dell’acqua calda

Bene, potreste dire, dove sta la novità? Da sempre le classi di filosofia sono luoghi in cui si prova a far discutere gli studenti, a far confrontare le loro opinioni per far emergere pregiudizi e fraintendimenti. L’ho fatto anch’io per anni. Tuttavia, ne sono sempre uscito con l’impressione di discussioni oziose (e qualche volta perfino controproducenti, in quanto possono suggerire che le discussioni non portino mai a niente!) in cui ciascuno entra con un’idea o un’opinione e ne esce con la stessa. Un confronto di opinioni in cui ci si scontra affermando e ribadendo, ma poco ascoltando l’altro e, soprattutto, senza che la soluzione al problema posto abbia portato ad un suo qualche avanzamento nella coscienza degli studenti.

Da questo punto di vista anche la pratica del Debate, per quanto utile a rinforzare le capacità argomentative degli studenti, può non essere la panacea per il pensiero critico, come pure spesso, ‘acriticamente’, si dice.

In un Debate:

  1. c’è un problema
  2. ci sono due soluzioni date
  3. occorre trovare ragioni a favore di una soluzione e/o contro l’altra
  4. occorre trovare le prove per stabilire che le ragioni portate siano ‘vere o verosimili’

Manca come si vede l’analisi del problema, l’escogitazione delle soluzioni possibili e la deliberazione in merito alla migliore soluzione in base alle prove.

In un processo deliberativo la fase persuasiva è secondaria (per quanto, nelle deliberazioni reali, in cui si scontrano più opzioni su cui deve decidere un giudice terzo, la componente ‘suasoria’ abbia un ruolo importante), in senso cronologico: prima c’è la escogitazione delle opzioni di risposta, poi c’è la valutazione ponderata (la via in sù) e solo alla fine c’è la costruzione dell’argomentazione convincente o persuasiva che sia (la via in giù).

Non c’è una giuria la cui approvazione si deve ricercare. Ciò che si cerca è la soluzione migliore possibile (alla luce delle prove date), non una giustificazione per l’una o per l’altra soluzione.

Non sto dicendo, sia chiaro, che il Debate è inutile nella classe di filosofia, dico solo che non attiene alla pratica del filosofare in quanto tale (che ricerca la Verità e non la vittoria sul campo — Socrate vs Protagora), quanto a quella del Comunicare e del Persuadere.

Certo una discussione argomentata è meglio di niente, ma forse si può provare a fare qualcosa di più.

Le decision maps

Io propongo di fare della classe di filosofia una comunità in cui la discussione finalizzata alla deliberazione diventi la prassi normale del fare filosofia. Una ‘comunità di ricerca’ alla Lipman, più la presa di decisione deliberativa. Con un uso sistematico di metodi e strumenti che permettano di migliorare la qualità e la ricaduta formativa delle discussioni e delle riflessioni in classe di filosofia. Una tecnica che può essere estesa a qualsiasi discussione (anche nel proprio foro interiore) a fini deliberativi. A questo scopo potremo usare le mappe decisionali.

Decision map è il nome per una tipologia di mappe nata per supportarci nelle nostre deliberazioni e nelle prese di decisione.

Tim van Gelder le descrive in questo modo:

La mappatura delle decisioni può essere considerata come appartenente a una famiglia più ampia di tecniche di mappatura che comprende la mappatura mentale, la mappatura concettuale, la mappatura di dialogo, la mappatura degli argomenti e altre. Tutte queste tecniche utilizzano diagrammi box-and-arrow per aiutarci a “vedere” ciò che stiamo pensando. Ognuno di essi ha le proprie regole e convenzioni distintive, ed è quindi adatto a determinate applicazioni ma non ad altre. La mappatura delle decisioni è unica nel suo genere in quanto realizzata appositamente per supportare le decisioni deliberative.[Traduzione mia]

Spesso abbiamo l’illusione di avere il controllo del nostro pensiero e delle nostre decisioni, ma è, appunto, un’illusione. Scrive sempre van Gelder:

La realtà è che le decisioni, soprattutto quelle importanti, sono spesso piuttosto complicate. Per impostazione predefinita, cerchiamo di mantenere e processare questa complessità nella nostra testa. Il guaio è che le nostre capacità cognitive sono limitate in modi cruciali, e possono essere rapidamente sopraffatte. Le considerazioni rilevanti vengono ignorate, e le distorsioni cognitive entrano in gioco. Una mappa decisionale aiuta ad affrontare questo problema registrando il pensiero fuori dalla testa in una forma facilmente analizzabile. In effetti, lavorare con le mappe decisionali è come aggiungere più RAM ad un computer; ci permette di dedicare più risorse cognitive centrali al compito veramente difficile di valutare le considerazioni e scegliere l’ opzione giusta.

Per costruire una decision map io uso un software freemium messo a punto dagli stessi autori di Rationale ( un software per creare Argument maps), che si chiama bCisive.

bCisive è un software con cui realizzare diagrammi che possono aiutare nel, e mostrano in modo chiaro la struttura logica di un processo decisionale (o deliberativo) complesso: le varie opzioni, i pro e i contro, gli argomenti e le prove; mentre mostra, nel contempo, come questi pezzi si rapportano logicamente tra di loro.

Si tratta di un vero e proprio sostegno cognitivo per disciplinare il pensiero (*): supportandoci nell’analisi di opzioni, stimolandoci a porre domande a partire da domande e richiedendo di ricercare evidenze e sviluppare linee di ragionamento.

Nel template che apre questo post vediamo un modello di Decision map con alcune delle convenzioni grafiche utilizzate.

Se non volete utilizzare un software a pagamento, si può adattare alla bisogna anche un software come Argument visualization.

Perché utilizzarle in classe di filosofia

L’obiettivo di una mappa deliberativa o decisionale è quello di arrivare ad una decisione condivisa (anche a maggioranza). Le opzioni in campo vanno esaminate e ponderate, dopodiché la discussione si chiude con una decisione su quale sembra essere l’opzione migliore, alla luce delle prove e degli argomenti portati nella discussione.

Una valutazione ponderata e non impressiva. Una valutazione ‘ponderata’ richiede condivisione delle regole da rispettare nella discussione e dei criteri di valutazione; esplicitazione di ogni singolo passaggio argomentativo; esame di evidenze e fonti (competenze analitiche, interpretative, valutative, logiche e argomentative).

Si può iniziare, valutando una deliberazione su un dato tema di uno dei filosofi studiati.

Si può continuare, mettendo a confronto le risposte di due diversi filosofi (ma possono essere anche di più) ad uno stesso problema (per esempio, si possono confrontare le tesi di Hobbes e Locke sull’origine e la natura dello Stato), esaminandone le argomentazioni e dandone una valutazione.

In questo caso la decisione che si chiederà alla classe è su quale delle due (o più) soluzioni al problema sembri la ‘migliore’ alla luce delle ragioni e delle evidenze portate dagli autori.

Si può fare (e si dovrebbe fare più spesso di quanto normalmente facciamo) anche con deliberazioni intorno a problemi e casi di studio di interesse filosofico o di attualità (con implicazioni filosofiche), in cui i ragazzi si cimentano con le loro ipotesi di soluzione argomentata.

Come procedere

Prendo spunto da un articolo che mi è capitato fra le mani sull’uso delle mappe decisionali in un contesto di business.

Di cosa abbiamo bisogno per iniziare? Di una lavagna su cui la mappa possa essere disegnata oppure, meglio, una Lim ed un computer in cui giri un software per mappare argomenti e decisioni. L’utilizzo del software ha il vantaggio di velocizzare sia il posizionamento iniziale degli elementi sulla mappa sia la modifica della mappa, se necessario.

È utile avere una persona (all’inizio può essere il docente) il cui unico compito è quello di mappare la discussione, senza essere coinvolta nel processo decisionale. Ciò consente a chi mappa la possibilità di concentrarsi sulla mappatura del dialogo e di non essere distratto dal dover anche capire come contribuire alla discussione.

La mappa decisionale inizierà con un solo elemento in alto: la domanda che chiede come risolvere il problema. Man mano che le persone condividono i loro pensieri, che si tratti di una possibile soluzione o di un pro o un contro per una qualsiasi delle soluzioni già elencate, vengono aggiunte alla mappa.

Dopo che qualcuno ha parlato, il ‘mappatore’ (il docente) può aggiungere quello che pensa sia un riassunto accurato del punto dello studente sulla mappa o, se non chiaro il punto, chiedere all’oratore di fornire una breve dichiarazione del suo pensiero e indicare dove dovrebbe andare sulla mappa.

Una volta completata la discussione la mappa è finita. La mappa può essere lasciata attiva a sedimentare per qualche giorno, nell’eventualità che qualche studente voglia aggiungere qualcosa prima del termine fissato per la deliberazione finale. Magari stampata in un grande foglio attaccato alla parete dell’aula, in modo che tutti possano tornare sulla discussione e magari farsi venire nuove idee da aggiungere.

Alla fine i partecipanti alla discussione possono utilizzare la mappa come riferimento per determinare quella che sembra essere la soluzione/decisione migliore alla luce di tutte le idee condivise. Potranno, quindi, votare l’argomento migliore e l’opzione vincente.

Va da sé che la mappa non prende le decisioni per noi! Una volta creata la mappa, spetta ancora al gruppo determinare quale delle soluzioni proposte è meglio supportata dalle motivazioni offerte.

Gli obiettivi didattici

L’obiettivo di questo lavoro in classe non è quello di stabilire la soluzione/decisione oggettivamente ‘migliore’ o vera. L’obiettivo è quello di promuovere conoscenze/competenze logico-argomentative e di problem solving; promuovere la capacità di lavorare in gruppo e di cooperare per risolvere problemi; promuovere i valori della tolleranza, della libera discussione, il valore della discussione finalizzata a risolvere problemi (e non a far scontrare posizioni preconcette e pregiudizi o ad avere la meglio in un dibattito); e, infine, far emergere, e mettere alla prova della critica inter-soggettiva, i propri pre-giudizi e le credenze non ‘esaminate’.

Per ultimo, quando ad essere confrontate sono le ipotesi di risposta dei filosofi studiati, il risultato è quello di una maggiore comprensione delle domande e delle stesse risposte date dai filosofi (non l’uno contro l’altro — Platone vs Aristotele — ma l’uno assieme all’altro nel tentativo di trovare una risposta accettabile al problema posto): un vero apprendimento significativo.

Note

(1) Riprendo qui alcuni passaggi di un post che avevo dedicato alle mappe deliberative a fini di analisi.

(*) Correggo su giusta sollecitazione di Marco Guastavigna.

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Pietro Alotto
Argomentazione

Scrivo di scuola, di filosofia, argomentazione, critical thinking e argument mapping (su cui ho scritto l'unico libro pubblicato in Italia).