Il destino è un effetto “random”

Una volta scrissi un post sul mio blog intitolato “Conoscete l’effetto random?”.

La parola è inglese, un termine usato in locuzioni del linguaggio scientifico e tecnico con il significato di casuale, aleatorio, privo di regolarità.

“Random walk” è una “passeggiata aleatoria”. In informatica R.A.M. “Random Access Memory”, “memoria ad accesso casuale”.

Nei calcolatori ci sono i numeri “random”, numeri casuali generati in sequenza da appositi algoritmi, utilizzati nei calcolatori per programmi di simulazione. Per estensione, in funzione casuale, casualmente, qua e là, senza un ordine preciso: due pensieri “random”, sulla situazione attuale; andare “random” per locali notturni.

Questi miei pensieri, però, non sono affatto “casuali”. Hanno un senso, una provenienza, scaturiscono da un fatto accaduto, (questo sì!), in maniera davvero casuale. Nella immagine qui sopra appare la foto di un biglietto aereo intestato ad un signore greco di nome Mavropoulos Antonios. La (M) sta per “maschio” nel lessico della compagnia aerea.

La storia ha fatto il giro del mondo, in tutte le lingue, ma è nata, così come l’ha vissuta e scritta in prima persona, in lingua greca, il protagonista. Nell’incidente aereo avvenuto lungo la rotta tra Addis Abeba e Nairobi, con 149 passeggeri e otto membri dell’equipaggio a bordo, sul velivolo viaggiavano anche 8 italiani. Non ci sono stati superstiti. Anzi no, ce n’è uno solo, che “per fortuna” è rimasto a terra, non è partito. Ho scritto “per fortuna”, ma in questo contesto sta per “effetto random”.

Due minuti di ritardo, problemi con una sua valigia, quando il signore greco è arrivato al gate, era stato già chiuso e non ha potuto salire a bordo. Antonos, mentre stava a protestare, infuriato come era per non essere salito a bordo, penso non si sia subito calmato. Ma, dopo una decina di minuti, quando ha saputo che a sei minuti dal decollo, il 737 della compagnia aerea etiopica si era disintegrato al suolo, ha assaporato il piacere di sentire la terra sotto i piedi. A dire il vero, lui dice di avere “sentito ballare il terreno sotto i piedi.”

Si sarebbe dovuto sedere al posto 2L, zona 1 Business, rimasto sicuramente vuoto, anche questa volta “per un caso”. Anzi, no, a causa della sua valigia. Tutto previsto dal suo algoritmo. Mi riferisco all’algoritmo che ha generato la vita di questo essere umano che risponde al nome di Antonios Navropoulos, di nazionalità greca. Tutti gli altri passeggeri erano di 35 nazionalità diverse. Guarda caso. Di caso in caso, è proprio il caso di dire. Scusate il bisticcio linguistico. Quanto è precaria la nostra esistenza! Un “caso” anch’essa?

Forse le cose capitano, come capitano, a me, a te o a chiunque altro che si chiami Antonos, soltanto perchè è l’effetto “random” al quale noi umani siamo legati. Siamo, forse, soltanto un “algoritmo”, anche se “celeste”? Non è possibile dare una spiegazione o una ragione del “male” e del perchè lo stesso capita a me o a te che mi leggi. Tutto sta scritto nel disegno, divino o laico, dell’aldilà. Resta, comunque, da dare ragione della volontà di chi si trova ad affrontare la sfida e sa vincerla alla meglio.

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Antonio Gallo
La vita è tutta un blog: “unideadivita”

Nessuno è stato mai me. Può darsi che io sia il primo. Nobody has been me before. Maybe I’m the first one.