Emergenza Scuola

Recensione di Alessandro Campailla al libro di Patrizia Scanu e Giuditta Fagnani (Il leone verde, 2020)

“In ogni momento della crescita di un bambino, un insegnante può fare la differenza, a maggior ragione quando le circostanze sono critiche come in questo momento.”

Questo è il passo che più mi ha colpito di “Emergenza Scuola”, il libro di cui mi accingo a raccontarvi. Mi ha colpito perché è denso della consapevolezza di chi conosce il ruolo e la misura della responsabilità di cui è investito nell’atto di tutelare l’educazione e la formazione dei giovani. Perché, inoltre, è la verità che coglie nel segno: quanti di noi l’hanno potuto sperimentare durante la loro carriera scolastica? Chi scrive ha avuto una tale fortuna, due insegnanti in particolare mi hanno salvato la vita e, con certezza, non potrei onorarmi di scrivere queste righe se non li avessi incontrati sulla mia strada.

Nel recensire il lavoro dei colleghi, si è solitamente portati a “dir bene”, a esaltarne la competenza, l’appropriatezza e il linguaggio, soprattutto quando si è legati a loro da stima e affetto, come nel caso di Patrizia Scanu, psicologa e insegnante e Giuditta Fagnani, psicoterapeuta dell’età evolutiva. Tuttavia, durante la lettura di Emergenza Scuola, il loro ultimo lavoro, scaturisce un sentimento ulteriore: oltre alla profonda esperienza del settore di cui scrivono, emerge il cuore, la sensibilità e la preoccupazione attenta delle professioniste e delle madri, a loro volta coinvolte in ciò che chiamano il riassetto della scuola, ascritto nelle regole asfittiche dovute all’emergenza sanitaria.

Uno sguardo attento, competente, critico e informato emerge dalle righe di questo libro, scritto a quattro mani. Uno sguardo che, in piena emergenza Covid, coglie i bisogni reali e concreti dell’infanzia e dell’adolescenza, dei ragazzi con Bisogni Educativi Speciali e di coloro che affrontano la quotidianità della scuola con la propria disabilità. Uno sguardo che evidenzia il modo in cui le istanze fondamentali dello sviluppo siano state negate, nel luogo che invece maggiormente dovrebbe accoglierle.

Una lettura dei dati aggiornata e puntuale demistifica, ancora una volta, le nuove soluzioni organizzative e pedagogiche come la Didattica a Distanza, esponendo dubbi sulla sua reale efficacia e sensibilizzando invece il lettore sul rischio che tale modalità incrementi l’uso già patologico che i bambini e i ragazzi fanno dei social media e dei devices. Aggiungiamo, in assenza di una discussione critica tra istituzione e addetti ai lavori.

Analizzando la deformazione, non solo fisica e consuetudinaria, dei luoghi e dei modi, in cui la condizione di emergenza sanitaria ha dettato le nuove regole del vivere scolastico, ma anche le conseguenze psicosociali che trascina con sé — dal rischio di abbandono all’accentuazione delle differenze e delle opportunità di accesso al diritto allo studio; dal senso di solitudine alle psicopatologie in età pediatrica — il libro lancia un forte grido di allarme che avverte delle severe conseguenze a cui l’intera nostra società si sta esponendo, sia per gli effetti dei lockdown sia “mandando avanti” i bambini quali vittime sacrificali o cavie sperimentali, di una nuova progettualità sociale, tanto inedita quanto malata.

Analizzando i sintomi della follia che colpisce il nostro tempo, viene mostrato il danno procurato dalla limitazione della libertà di vivere pienamente il luogo principale della formazione, dell’educazione e della relazione tra pari. Si identificano, inoltre, le concrete minacce ai fondamentali meccanismi di coerenza psicobiologica dell’organismo umano, base della salute e la potenziale lacerazione del tessuto sociale a cui tutto ciò sta conducendo.

Quando le autrici affermano che “una società di persone sole e arrabbiate è compromessa nelle sue basi”, avanzano una ferma denuncia, nell’intento di difendere la scuola come luogo di costruzione dell’identità individuale e della civiltà, come già avevano sostenuto durante un’audizione alla Camera dei Deputati del 9 settembre 2020. E ancora affermano che “la scuola sembra far paura, forse perché contiene il nostro futuro” e forse è per questo motivo che è stata trasformata nel sinistro laboratorio di un progetto restrittivo (n.d.r), in cui principalmente vengono aggrediti il corpo, il contatto e le relazioni, proprio in quel segmento di popolazione in cui il virus ha colpito in misura minore.

Senza timore di essere eccessivamente nostalgico, non posso rinunciare ai ricordi della “mia” scuola, evocati dalla lettura del libro, che si è rivelato in tal modo anche un potente stimolo alla rielaborazione. Nella scuola che ricordo emergono i muri solidi; la padronanza dello spazio e del movimento maturati di giorno in giorno, che permetteva di viverla come una seconda casa; il sorriso e l’abbraccio, fisico o simbolico, delle maestre, che avevano la funzione di contenere le ansie e le paure della crescita e al tempo stesso aiutavano a superare gli ostacoli dell’apprendimento; finanche lo stesso voto, osservandolo a posteriori, che in un senso tracciava un limite e in un altro una responsabilità. Queste sensazioni hanno edificato un senso di sicurezza, vicario a quello trasmesso dalla famiglia. Le autrici, entrando nel dettaglio delle misure di contenimento del contagio, che come sappiamo hanno soppresso questi e altri segnali di orientamento, raccontano, invece, di un’altra realtà, sollevando un legittimo senso di spaesamento e preoccupazione. In qualità di professionisti della salute mentale sappiamo che queste aberrazioni saranno causa certa di gravi conseguenze psicosociali.

Pur consapevoli della scomoda eredità, gravata da un annoso processo di deterioramento della scuola pubblica, il riassetto scolastico coinvolge, in un clima surreale, tutti i soggetti che gravitano intorno all’istituzione: dalle famiglie ai professionisti, tra cui maestri, professori, dirigenti e personale scolastico, essi stessi investiti di responsabilità e da ruoli tanto inediti quanto contrari alla libertà e all’autonomia dell’insegnamento.

È da queste considerazioni che la scuola riemerge come luogo che dovrebbe accogliere e soddisfare i più importanti bisogni psicobiologici emergenti in età evolutiva, superando le meccanicistiche tradizionali teorie dello sviluppo psicologico. Buona parte dei professionisti della formazione e della salute mentale, infatti, sono ancora culturalmente attardati su obsolete visioni dello sviluppo che hanno incasellato la crescita in un preciso script, disegnato per tappe successive che, oltre a decontestualizzare i soggetti che “crescono e fanno crescere” dall’ambiente relazionale in cui sono immersi, sottende un feroce criterio agonistico e prestazionale sul quale si è costruita la scuola attuale e sul quale si organizza la società futura del lavoro.

Scanu e Fagnani ridisegnano la mappa di orientamento necessaria ad identificare la complessa pluralità dei bisogni dei bambini e degli adolescenti e mostrano la crescita sotto una luce differente. Coerentemente all’idea che nutriamo di noi stessi quando sperimentiamo uno stato di benessere e risonanza con l’ambiente in cui viviamo, richiamano l’urgente necessità di stabilire anche concettualmente la fisiologica unità tra i domini corporeo, emotivo, cognitivo dell’individuo; tra sistemi di comunicazione interpersonale, quelli degli allievi e quelli del maestro; ma soprattutto tra sensibilità che apprendono e, sempre, crescono e si ristrutturano vicendevolmente in un ambiente condiviso e costruito insieme, l’una in “travolgente attesa” dello sviluppo della propria maturazione, l’altra in ascolto del tempo giusto per aiutare la prima a compiersi, ad apprendere e soprattutto a conoscere se stessa.

Questo libro è rivolto a chi davvero desidera ardentemente andare avanti, che sia un professionista o soltanto un genitore preoccupato e a chi è deciso a superare le paure che questi mesi di terrore mediatico hanno disseminato nella popolazione. Emerge da queste pagine la volontà di rendere speranza ai bambini, ai genitori e al personale della scuola, come anche il tentativo di ispirare psicologi e psicoterapeuti, ai quali si chiede di contemplare l’individuo e la vita su tutti i piani dell’esistenza, materiale, psicologico, emotivo, spirituale e, in tutto ciò, coniugare in una sola istanza il coraggio di vivere e la coscienza del morire: due facce della stessa medaglia.

Le autrici affrontano senza falsi pudori tutto quanto viene taciuto da un’informazione sensazionalistica e asservita ad interessi politico-economici; aspirano con sincerità a restituire valore al tempo vissuto, all’attesa, allo sforzo, alla spiritualità e alla trascendenza che il percorso di apprendimento comprende. Si rivolgono, infine, a chi responsabilmente abbia il desiderio di ricostruire la fiducia nel prossimo, abbandonando i pregiudizi e migliorando la conoscenza di sé stesso. Patrizia Scanu e Giuditta Fagnani, riportando al centro del dibattito i bambini, i ragazzi e la Scuola vera, ci insegnano che la ricerca e la cura di un soddisfacente benessere iniziano dalla conoscenza di sé e del mondo, da quella che possiamo coltivare in noi, che possiamo incoraggiare e trasmettere ai giovani e a quella che possiamo condividere con gli altri.

Buona lettura a tutti.

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Alessandro Campailla
LaTI® — Laboratorio Teatro d’Impresa

Psicologo, psicoterapeuta e fisioterapista. I miei campi di studio sono: il rapporto mente-corpo-società, nel suo sviluppo storico e in relazione alla clinica