La Salute psicologica

Come comprenderla, difenderla e promuoverla

In questo articolo riporto l’intervento integrale tenuto presso la Piazza del Kuèrc a Bormio nell’ambito di un’iniziativa di informazione e sensibilizzazione organizzata da privati cittadini e volta a mitigare gli effetti psicologici della narrativa dominante sugli effetti generali della situazione sanitaria.

Bormio 3 settembre ’21

Buonasera a tutti. Un ringraziamento all’organizzazione che mi ha permesso di parlare in questo bellissimo contesto. Mi chiamo Alessandro Campailla, sono psicologo, psicoterapeuta e fisioterapista e faccio parte di Sinergetica, Movimento di Libera Psicologia (www.sinergeticapsi.org). Siamo un gruppo di psicologi che si è raccolto intorno ai problemi e alle preoccupazioni che sono emerse a seguito dell’emergenza sanitaria e stiamo cercando di accogliere il disagio e orientare le persone che si rivolgono a noi per affrontare questa situazione che ormai si sta protraendo e che è fonte di svariati problemi di ordine psicologico e di salute nella popolazione. Facendo rete con altri gruppi, per esempio AMPAS medicina di segnale, L’Eretico, Comicost, ilsindacato intercategiorale FISI, il movimento Primum non nocere, abbiamo creato sinergie e convergenza di vedute tra colleghi al fine di costruire una narrazione obiettiva sui fatti ma soprattutto sulle conseguenze che le misure adottate possono avere sulla salute psicologica delle persone. Siamo partiti dal Comunicato PSI, un appello lanciato da quasi mille psicologi presso le autorità sanitarie dello Stato a considerare gli aspetti globali della salute, tra cui quello psicologico è prioritario per il buon equilibrio delle persone e della società intera. A questo appello non è seguita nessuna risposta formale. Le istituzioni per certi versi hanno rinforzato la disponibilità di professionisti nelle scuole, ma non risulta che la stessa cosa sia stata fatta nei servizi sanitari.

In Italia la cultura della prevenzione non è mai stata affiancata da una cultura psicologica, se non nelle parole. In realtà una vera analisi del bisogno su base psicologica risparmierebbe tante inutili prescrizioni e aiuterebbe i pazienti e i medici ad affrontare meglio la complessità sintomatologica di tante patologie, che affonda sempre le sue radici nella psiche.

Se pensiamo infatti al concetto di salute, in chiave psicosomatica, dobbiamo riferirci ad un criterio innanzitutto evolutivo. Il bambino impara a regolare i propri bisogni, e quindi la sua salute, e a esprimerli solo se il rapporto affettivo con la madre e il padre è equilibrato. Se la madre ne comprende il bisogno e lo soddisfa al momento giusto e nella misura adeguata, non troppo e non poco, né troppo presto né in ritardo, il bambino da questo continuo aggiustare la soddisfazione del bisogno impara a conoscersi e a regolarsi. E i bisogni basilari sono la fame, l’accudimento, la ricerca di protezione, tutti mediati e sostenuti dal contatto fisico. Da questa regolazione il bambino prima e l’adulto che sarà poi, traggono conoscenza di sé e del mondo, in poche parole costruiscono la salute e la capacità di regolarla.

Da questo discende che la salute psicologica, se proprio dobbiamo operare una distinzione, viene prima della salute fisica, non è né più importante né diversa ma viene prima, poiché è dalla conoscenza, dalla cognizione, dal senso di sé e dell’altro che ne deriva che abbiamo la prima informazione sul nostro stato di salute…da li discende tutto il resto.

Conoscenza di sé e ascolto sono i concetti fondamentali per il mantenimento di un buon equilibrio:

se mi conosco evito gli eccessi e gli errori alimentari, smetto di fumare e aggiusto il tiro, lascio entrare nella mia vita le cose che mi fanno bene e faccio uscire quelle che ho capito farmi male. Coltivo le buone relazioni, respiro aria pulita, cammino, rido e faccio all’amore in modo soddisfacente e arricchente.

Quindi il concetto di salute potrebbe essere relativizzato alla capacità di governare un equilibrio in cui ascolto e conoscenza di sé permettono di capire quando è il momento di ricorrere al medico, in un contesto ampio in cui lo stesso medico impari ad ascoltare la conoscenza del paziente. Purtroppo attualmente il concetto di salute sta assumendo distorsioni, che provengono anche da un senso di onnipotenza inscritto nelle stesse definizioni ufficiali.

Seppure ogni individuo e ogni società devono perseguire il miglior livello di salute possibile non è implicito che i dispositivi tecnici che dovrebbero raggiungere questo risultato siano effettivamente efficaci allo scopo. Se pensiamo per esempio alla stessa definizione di salute proclamata dall’OMS nel 1948 vediamo che contiene i semi di un certo assolutismo, nel momento in cui afferma che la salute è uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale…ecc [1]. Sappiamo bene che un totale benessere fisico, mentale e sociale è un’illusione, poiché gli organismi si adattano a equilibri costantemente instabili, accogliendo e spesso integrando aspetti patologici, tante volte in maniera asintomatica. Tanti tumori per esempio rimangono silenti nel corso della vita e l’individuo non li sente a meno che un esame incidentalmente non glielo evidenzi.

Il concetto di salute rimane un concetto composito e sfaccettato in cui tanti elementi entrano in gioco: di ordine sociale, individuale, relazionale, economico, storico, morale e tanto altro. Se prima parlavamo di relazione tra madre e bambino, possiamo vedere che la relazione dell’individuo con la società non è meno importante. Ma a questo punto dovremmo vedere come è stato indirizzato questo rapporto dalle istituzioni e come l’informazione giochi un ruolo drammaticamente importante nel dettare la linea tra individuo e società in cui vive. L’attualità ci sta consegnando un esempio di come l’informazione possa avere grande impatto nel determinare la percezione del pericolo, a prescindere da una corretta valutazione delle statistiche mediche.

Nell’attualità possiamo parlare di fenomeni come il condizionamento, l’ipnosi collettiva, la coercizione alla paura, data l’intensità, la mancanza di contraddittorio e i toni propagandistici che l’informazione stessa assume.

Tra i tanti stimoli che questa azione di condizionamento ha fomentato, la paura la possiamo annoverare certamente come uno degli strumenti più efficaci a determinare comportamenti nelle persone. Innumerevoli sono gli studi che ci informano sugli effetti psicologici e biologici della paura. Per esempio eventi traumatici attivano strutture del sistema nervoso che hanno la capacità di amplificare l’espressione dei geni che incrementano l’infiammazione, la resistenza insulinica e in generale quello che chiamiamo stress ossidativo [2].

Ma come si costruisce un sentimento di paura diffuso e duraturo in una popolazione? La paura è stata preparata nel tempo con gli strumenti dell’informazione e della destabilizzazione sociale, e non parliamo solo della paura del virus che paralizza oggi la maggior parte delle persone, ma pensiamo anche alla profonda azione di terrorismo psicologico che è conseguita dai fatti avvenuti nel nostro paese dagli anni 70 ad oggi. Pensiamo al Mostro di Firenze, alla Uno bianca, alla stagione stragista, al G8 di Genova. L’effetto di queste azioni è stato abilmente filtrato dall’informazione e oggi è globale e ha determinato la disseminazione della paura sociale nelle città e nelle province italiane. Le piazze si sono svuotate e oggi a queste paure, radicate ormai nell’inconscio collettivo, viene aggiunta e instillata quotidianamente la paura della morte o della coercizione a causa di un virus che resiste ad ogni logica scientifica e ad ogni buon senso. Ora si è inventata una nuova categoria di presunti eversori: i cosiddetti no-vax, persone che in realtà rivendicano un diritto costituzionalmente sancito. Ma la propaganda è martellante, quotidiana e a forza di puntare il dito la maggior parte dell’opinione pubblica avrà trovato un gruppo sul quale scaricare l’enorme rabbia fomentata dal tamburo battente e rivendicare l’applicazione della Costituzione italiana sarà un comportamento che verrà descritto come reato.

George Orwell nel suo celebre romanzo 1984 aveva descritto i 5 minuti dell’odio in cui gruppi di persone venivano messe di fronte al filmato di un dissidente al sistema unico creato dal Grande Fratello e incitate a vomitare parole e grida di disprezzo senza limite e senza pudore.

Siamo vicini a questo limite che speriamo di non dover valicare.

Parallelamente azioni politiche abbastanza riuscite a partire dalla fine degli anni 70, hanno ristretto il campo dei diritti e delle conquiste sociali. Mi riferisco allo smantellamento dei servizi per la salute e per l’istruzione e la loro surrettizia privatizzazione, che ha minato il campo di azione e partecipazione civica alla vita delle istituzioni, ha frantumato i valori politici e ha favorito un senso di precarietà diffuso che sta alla base della realizzazione della cosiddetta società liquida, analizzata da Baumann, forse una tra le più potenti cause della rabbia e dell’ansia sociale a cui tutti, indistintamente dalle scelte in campo vaccinale, siamo oggi portati a sottometterci.

Ma privatizzazione è sinonimo di mercato e la paura fa vendere.

Pensiamo a tutte quelle paure inconsce relative alla salute che, una volta relegato l’individuo in casa, solo e atomizzato, la quotidianità ha cominciato ad instillare attraverso l’informazione televisiva nell’animo dei passivi telespettatori. Dapprima bonariamente, ricordiamoci per esempio Renato Carosone che nel 1957 in un’Italia post-bellica, fiorente mercato d’affari delle allora nascenti multinazionali americane, cantava “Pigliate ‘na pastiglia”. Oggi al primo raffreddore prenditi il “Paraflu”, rendendo il meccanismo stimolo-risposta molto pervasivo e trasformando la terapia in consumo.

Queste tecniche di manipolazione dei consumi, del comportamento e del consenso fanno leva su alcuni presupposti tra cui un certo meccanicismo del vivere a cui la maggior parte delle persone soggiace, Il desiderio di rimanere giovani e la rimozione della vecchiaia, relegata e nascosta nelle case di riposo, l’esclusione e la banalizzazione della morte dall’orizzonte della vita. A rinforzo di tutto questo, esattamente come si era fatto per la piazza, che è stata spogliata del suo significato di incontro, spopolata e portata sullo schermo (ricordiamo Magalli), si doveva rendere inefficace l’effetto che può scaturire dal rapporto con la vulnerabilità e la fragilità del corpo surrogandola, mostrando quindi frequentemente immagini in cui la morte c’è ma non si vede e se si vede riguarda o i poveri o i folli o chi per disgrazia si trovasse ad incrociarli sulla propria strada.

Ritengo che la pervasività, la quantità e la suggestione di quel tipo di condizionamento dovuto all’informazione, che è diventato dispositivo mediatico a tutti gli effetti al servizio del profitto e della politica, abbiano creato un ambiente psichico individuale e sociale estremamente fragile, suggestionabile e disposto a vendere l’anima a chiunque prometta dieci minuti di vita in più, anche ingannevolmente.

In un contesto di frantumazione dei riferimenti concreti e reali in cui la paura e il coraggio faticano a competere e a misurarsi nel tentativo di mantenere salda la testa sulle spalle, la virtualità, la finzione e la cinematografia si sono impossessate dell’illusione delle persone di vivere una vita vera e in tale agonizzante aspettativa si definiscono oggi quadri dominati da varie forme di dipendenza.

La vicenda che stiamo vivendo da un anno e mezzo obbliga allora alla necessità di adattare continuamente la propria risposta allo stress a condizioni differenti.

Come rispondiamo alla paura? La natura ha provvisto gli organismi di risposte fondamentali al pericolo, normalmente conosciute come “fight or flight”: combatti o fuggi. L’efficacia di queste risposte è data dalla possibilità di esprimersi in un arco di tempo breve, spegnersi una volta passato il pericolo e di poter essere recuperate in momenti di bisogno successivi. In sostanza, di fronte ai pericoli gli organismi o si oppongono o cercano vie di fuga. Una terza risposta che possiamo considerare ancora adattiva nel breve periodo, qualora le circostanze ambientali lo consentano e il sangue freddo sia sufficiente è la mimesi, o l’immobilità, in pratica rendersi invisibili o il fingersi morti.

Queste risposte comportamentali sono attivate e attivano simultaneamente un concerto di fenomeni biochimici nell’organismo determinando le modificazioni necessarie alla messa in atto del movimento. In sé queste risposte possono quindi essere considerate squilibri necessari alla sopravvivenza e servono per il tempo sufficiente a sfuggire alla situazione di emergenza. Comprendiamo bene che il protrarsi nel tempo di una risposta di sopravvivenza ad una situazione di pericolo determina invece il rischio che si stabilisca uno squilibrio cronico che può diventare fonte di disagio quando non anche di malattia. Gli effetti di questi squilibri sono stati ampiamente studiati dalla letteratura specialistica e si è visto che possono contribuire a determinare conseguenze tra le più svariate su tutto il funzionamento dell’organismo: dalla creazione di placche aterosclerotiche sulla tonaca interna dei vasi arteriosi, con la conseguenza di sviluppare disturbi cardiovascolari, alla soppressione dei meccanismi immunitari che contrastano la formazione dei tumori, dalla disregolazione metabolica all’insorgenza di sofferenze mentali croniche, come per esempio stati d’ansia incontrollabile, depressione e quadri clinici somatici correlati.

Numerosi studi [3] ci spiegano che eventi stressanti normali, come per esempio un esame accademico, sono in grado di evocare una risposta immunitaria che induce la sottoregolazione di diversi parametri dell’immunità naturale o cellulare e la sovraregolazione di diverse funzioni dell’immunità acquisita o specifica o umorale. In pratica di fronte ad uno stress normale l’immunità acquisita tendenzialmente si attiva e l’immunità biologica innata si deprime in una sorta di equilibrio dinamico funzionale. Stress cronici sono stati associati invece alla soppressione di entrambi i tipi di immunità sia umorale che cellulare.

Dobbiamo pensare che se in fase di primo lockdown lo stress si è mantenuto in un range contenuto o comunque misurato da una prospettiva di risoluzione, entro il quale le nostre capacità di risposta hanno efficacemente effettuato un processo di razionalizzazione e valutazione, invece nel contesto del lungo periodo in cui si è voluta far perdurare l’emergenza lo stress è variato e diventato cronico. Dobbiamo anche pensare che per molte persone vulnerabili, per esempio gli anziani, lo stress acuto derivato dalla paura del COVID possa aver abbattuto drasticamente la risposta immunitaria acquisita già debole in queste persone a causa dell’età, che è quella che dispone la difesa per esempio alle influenze stagionali.

Quindi in ogni situazione in cui si registrino continue e rilevanti oscillazioni della risposta allo stress possiamo pensare che si verifichi una depressione della risposta immunitaria.

Come intervengono ora le regole istituite nelle scuole, nell’influenzare la risposta allo stress nei bambini e nei ragazzi [4] [5], per i quali sappiamo inoltre che l’incidenza dei casi di positività alla COVID rimane bassissima? Come intervengono le minacce di restrizione all’uso dei servizi? Come interviene la paura di incorrere comunque in un contagio pur essendosi vaccinati? O ancora il distanziamento forzato dai propri affetti, anche quando non vi sarebbe più motivo di temere? Innanzitutto si tratta di capire a quale tipo di sollecitazione queste misure espongono la popolazione.

Possiamo definire tre tipi di stress in generale: stress acuti; stress cronici e stress distanti [3].

Ognuno di questi si differenzia al suo interno per l’intensità e per il tempo con cui incide sulla vita. Uno stress acuto normale come un esame accademico è ben diverso da uno stress acuto come un terremoto. Mentre uno stress cronico, come per esempio gli effetti di una separazione conflittuale, un lutto, affrontare una grave malattia o il prendersi cura di un familiare con demenza o con gravi patologie, incidono diversamente sulla risposta del sistema immunitario. Identifichiamo uno stress come distante, invece, in presenza di esperienze traumatiche occorse durante l’infanzia che manifestano effetti nell’età adulta, continuando a modificare nel tempo l’attività del sistema immunitario. Ne sono esempio il rischio di morte in zone di guerra, gli abusi sessuali su bambini, la perdita dei genitori o le torture subite dai prigionieri. Oggi potremmo incominciare a studiare sui bambini gli effetti a lungo termine della paura di contrarre un virus.

Non sappiamo ancora se gli stress introdotti dalle misure di contenimento a scuola potranno essere in un futuro catalogate come cause di stress distante, probabilmente per molti no, ma per altri bambini lo saranno di certo e tutto questo dipenderà da fattori di valutazione sociale e cognitiva che si assoceranno all’assimilazione o al rifiuto di queste norme. Certamente il ratto di esperienza e comunicazione che viene imposto con l’uso dei dispositivi di protezione potrebbe interferire su diverse dimensioni dello sviluppo psicologico e sociale dei ragazzi e dei bambini, facendoli poi ricadere nel rischio di vulnerabilità alle malattie. L’argomento è ampio e necessita di riferimenti precisi, approfondimenti e un periodo di osservazione più lungo.

Tuttavia è verosimile che una maggior capacità di recupero nei più giovani e piccoli riduca l’impatto di un ricordo negativo nel momento in cui si può tornare ad una modalità più normale, per esempio al parco senza limitazioni o mascherine, ma non sappiamo cosa può succedere nel momento in cui queste restrizioni diventino normali o ritornino in auge all’inizio di ogni nuovo anno scolastico, in “modalità yoyo”. Nel lungo periodo possono indurre un aumento dell’aggressività, depressione, demotivazione chiusura in sé stessi, fragilità emotiva e ancora paura, sintomi che già possiamo osservare su numeri sempre crescenti di bambini.

Per gli adulti e per le persone anziane le cose vanno diversamente dal momento che i sistemi neuropsicologici di adattamento sono meno plastici. Il distanziamento sociale, la modificazione dello stare insieme, la rarefazione di occasioni di incontro — si pensi al centro sociale o la parrocchia, la scuola, luoghi nei quali avevamo stabilito una consuetudine di incontro, ci soffermavamo a fare quattro chiacchiere con la mamma dell’amichetto di nostro figlio, con la correligionaria, con gli amici — ora sono diventati luoghi di veloce transito, in cui i volti non sono più gli strumenti del riconoscimento reciproco. In poche parole non ci si riconosce più o lo si fa fugacemente senza più guardarsi, sulla base del ricordo di quel viso.

Ma sappiamo che la vista del volto rinnova la presenza, nutre la percezione e quindi la conoscenza e il sentimento che potremmo provare per quella persona se solo la vedessimo, perché questo è il nostro sistema di costruzione della socialità, mentre il suo annullamento modifica la nostra risposta neurochimica e tutto ciò scatena reazioni nell’organismo e distrugge i vincoli sociali: “lontano dagli occhi lontano dal cuore”, recita il vecchio adagio. In tal caso, alla distanza si associa una tendenza alla diffidenza, all’occultamento del volto si associa la tristezza, poiché il valore sociale del sorriso viene meno: accoglienza, simpatia, apertura, gioia, leggerezza, sono sentimenti che vengono allontanati dalla dimensione dell’incontro.

Per esempio, quando una restrizione riguarda il proprio programma esistenziale e quindi i rapporti personali o il lavoro assistiamo anche ad una riduzione degli ormoni della riproduzione e questa condizione può far insorgere cali o assenza di desiderio sessuale o condizioni di impotenza funzionale in situazioni particolari [6]. In generale la riduzione di questi ormoni può generare ansia, paura e diffidenza verso il prossimo. In più all’informazione battente e acritica si associa la divisione sociale e un inevitabile innalzamento della temperatura del clima sociale, la provocazione è in costante aumento e non si deve in nessun modo lasciar spazio alla rabbia, che come abbiamo visto è ciò che l’informazione schierata e la politica vogliono.

Ci sono almeno tre ambiti in cui possiamo operare per affrontare la situazione: quello delle relazioni; quello della costruzione sociale e quello della creazione della cultura, tutti e tre collegati tra loro.

Diverse azioni le stiamo già mettendo in campo questa sera: ci siamo incontrati e stiamo creando informazione e cultura, basandoci sul ragionamento, su dati, ma anche costruendo contatti e fiducia. E questo è un primo passo. Poi dobbiamo ragionare e parlare con gli altri e al tempo stesso promuovere un dialogo interiore che ci permetta di valutare sempre meglio i nostri stati d’animo e la nostra salute.

È stato dimostrato che la psicoterapia, che è uno tra i tanti strumenti di cui possiamo disporre, è in grado di moderare l’attivazione del sistema della paura e insieme a interventi di natura biologica, quindi sul nostro corpo, può davvero modificare l’espressione genica e il profilo neuro- endocrino- immunitario. E comunque il parlare e il confrontarsi rappresentano la costruzione di proposte e la realizzazione di idee, che stanno alla base della possibilità di creare pensiero e azione [2] .

Per poter mantenere viva la nostra creatività dobbiamo inoltre imparare ad accettare le contraddizioni del reale, anche se la realtà attuale ci mette di fronte a contraddizioni potentissime mai sperimentate negli ultimi 70 anni di storia. Secondo uno studioso della creatività di origine ebraica di nome Heilmann [7], il popolo ebreo vanta tra la sua discendenza numerosi geni e persone di valore intellettuale più che altre etnie poiché possiederebbe una più spiccata propensione alla creatività. Stima infatti che più del 25% dei premi Nobel nel corso del ventunesimo secolo sono stati assegnati a scienziati ebrei. Lo studioso afferma che il pensiero divergente e il disimpegno e la successiva convergenza verso la produttività, fattori e processi di base della creatività, sarebbero favoriti nei bambini ebrei dall’incoraggiamento pedagogico alla disobbedienza, non tanto intesa come educazione all’insolenza, ma al nutrimento del dubbio e della propensione a mettere seriamente in discussione i dati acquisiti, al fine di cercare alternative migliori. Da quello che sta succedendo ora in Israele sembrerebbe che tale senso critico sia evaporato.

Questo dato ci suggerisce, in ogni modo, di accendere dialogo con i bambini incoraggiandoli al dissenso critico. Con i colleghi e amici cerchiamo di non aver paura dell’opinione diversa e di esprimere la nostra e lasciar esprimere la loro e quando non abbiamo ragione lasciamoci mettere in discussione, c’è sempre tempo per cambiare idea e accettare quella di un altro se è valida. Non rinunciamo nemmeno al diritto all’ironia e all’umorismo…non lasciamoci seppellire dalla tristezza.

La costruzione sociale si realizza attraverso la costruzione di reti civiche locali, anche attraverso l’organizzazione di realtà educative alternative, azioni di solidarietà civica e di compartecipazione nella semplicità.

Un ultimo accenno è alle coppie, che sono poi alla base della costruzione sociale. Diversi studi hanno rilevato che durante il lockdown vi è stata la tendenza a modifiche del comportamento sessuale delle persone e si pensa anche della natalità [8] [9]. In generale gli studi hanno registrato un calo del desiderio e del piacere da parte delle donne e al tempo stesso un incremento delle fantasie e dell’attività mentale legata alla sessualità da parte loro [10] . Poche modificazioni del desiderio per quanto riguarda gli uomini, un aumento dell’autoerotismo, soprattutto nei più giovani, non solo perché obbligati alla distanza dai coetanei [11]. Indubbiamente queste tendenze riflettono una base evoluzionistica della specie, per la quale le donne sono più portate comportamenti sessuali e relazionali maggiormente proiettati alla difesa e alla costruzione di un contesto affettivo profondo e stabile che garantisca la difesa della prole nel lungo periodo e questo chiama naturalmente in causa l’interiorità e la fantasia, mentre vede l’uomo più concentrato sull’immediatezza e l’esteriorità dell’atto sessuale, spesso a causa di una vera e propria scissione tra desiderio e sentimento.

La crisi che stiamo vivendo potrebbe essere un’occasione per far crescere le relazioni cercando una più piena soddisfazione nella vita sessuale delle coppie e far crescere le famiglie sul piano sociale, e questo credo sia possibile avvicinando i rapporti con uno sguardo più femminile, in poche parole fidiamoci maggiormente della sensibilità delle donne e del loro sguardo prospettico.

In sostanza voglio dire che non dobbiamo permettere a questa situazione di spezzare i legami sociali e laddove vi riuscisse, affrettiamoci a costruirne di nuovi. Dal mio punto di vista questo significa non desistere dal progettare, dal lanciare il cuore oltre l’ostacolo, dal proiettare lo sguardo sul lungo periodo pur imparando a vivere momento per momento. In sostanza attenzione, ascolto, dedizione e progettualità.

Il bisogno di un senso di coesione è fondamentale per la salute. Nella inevitabile tendenza entropica della vita, dell’invecchiare e in fine del morire, vi è sempre e comunque un bisogno di rimanere uniti al nostro interno, di tenere insieme i pezzi o la testa sulle spalle, e questa sensazione di coesione interna è sempre in relazione con un senso di coesione esterna, con le esperienze che facciamo al di fuori di noi, nella coppia, nella famiglia, nel contesto di comunità, nella partecipazione alle scuole e allo sport dei nostri figli, in sostanza in tutto quello che alimenta il nostro senso di continuità nello spazio e nel tempo. Dobbiamo cercare di mantenere teso questo filo e di tesserne sempre di nuovi costruendo quella trama che ora ci può sembrare fragile ma che nel tempo diventerà forte e resistente e potrà sostenere la nostra progettualità e le nostre speranze.

Bibliografia

[1]https://it.wikipedia.org/wiki/Salute#La_salute_secondo_l'%22Organizzazione_mondiale_della_sanit%C3%A0%22

[2] Ghaemi Kerahrodi J, Michal M. The fear-defense system, emotions, and oxidative stress. Redox Biol. 2020 Oct;37:101588. doi: 10.1016/j.redox.2020.101588. Epub 2020 Jul 17. PMID: 32739155; PMCID: PMC7767737.

[3] Segerstrom SC, Miller GE. Psychological stress and the human immune system: a meta-analytic study of 30 years of inquiry. Psychol Bull. 2004 Jul;130(4):601–30. doi: 10.1037/0033–2909.130.4.601. PMID: 15250815; PMCID: PMC1361287

[4] Liang L, Ren H, Cao R, Hu Y, Qin Z, Li C, Mei S. The Effect of COVID-19 on Youth Mental Health. Psychiatr Q. 2020 Sep;91(3):841–852. doi: 10.1007/s11126–020–09744–3. PMID: 32319041; PMCID: PMC7173777.

[5] Spitzer M. Masked education? The benefits and burdens of wearing face masks in schools during the current Corona pandemic. Trends Neurosci Educ. 2020 Sep;20:100138. doi: 10.1016/j.tine.2020.100138. Epub 2020 Aug 11. PMID: 32917303; PMCID: PMC7417296.

[6] Wignall L, Portch E, McCormack M, Owens R, Cascalheira CJ, Attard-Johnson J, Cole T. Changes in Sexual Desire and Behaviors among UK Young Adults During Social Lockdown Due to COVID-19. J Sex Res. 2021 Mar 29:1–10. doi: 10.1080/00224499.2021.1897067. Epub ahead of print. PMID: 33780311.

[7] Heilman KM. Jews, Creativity and the Genius of Disobedience. J Relig Health. 2016 Feb;55(1):341–349. doi: 10.1007/s10943–015–0139-x. PMID: 26475313.

[8] De Rose AF, Mantica G, Ambrosini F, Malinaric R, Balzarini F, Banchero R, Terrone C. COVID-19 impact on birth rates: first data from Metropolitan City of Genoa, Northern Italy. Int J Impot Res. 2021 Apr 12:1–2. doi: 10.1038/s41443–021–00434–7. Epub ahead of print. PMID: 33846586; PMCID: PMC8039795.

[9] Panzeri M, Ferrucci R, Cozza A, Fontanesi L. Changes in Sexuality and Quality of Couple Relationship During the COVID-19 Lockdown. Front Psychol. 2020 Sep 29;11:565823. doi: 10.3389/fpsyg.2020.565823. PMID: 33132969; PMCID: PMC7550458.

[10] Cascalheira CJ, McCormack M, Portch E, Wignall L. Changes in Sexual Fantasy and Solitary Sexual Practice During Social Lockdown Among Young Adults in the UK. Sex Med. 2021 Jun;9(3):100342. doi: 10.1016/j.esxm.2021.100342. Epub 2021 May 5. PMID: 33964603; PMCID: PMC8240335.

[11] Cocci A, Giunti D, Tonioni C, Cacciamani G, Tellini R, Polloni G, Cito G, Presicce F, Di Mauro M, Minervini A, Cimino S, Russo GI. Love at the time of the Covid-19 pandemic: preliminary results of an online survey conducted during the quarantine in Italy. Int J Impot Res. 2020 Sep;32(5):556–557. doi: 10.1038/s41443–020–0305-x. Epub 2020 May 14. PMID: 32409643; PMCID: PMC7221326.

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Alessandro Campailla
LaTI® — Laboratorio Teatro d’Impresa

Psicologo, psicoterapeuta e fisioterapista. I miei campi di studio sono: il rapporto mente-corpo-società, nel suo sviluppo storico e in relazione alla clinica