Le aggressioni nascoste al senso dell’umano

di Alessandro Campailla-Psicologo, Psicoterapeuta

Dottore cos’è l’umanità?” — la domanda di un paziente un po’ filosofo mi coglie impreparato, durante l’ultima sessione di terapia di una giornata pigra, scandita da poco lavoro sul campo, qualche lettura, troppe chat e tentativi di coordinare una risposta coerente allo straniamento che questi tempi hanno gettato sopra tutti noi. Un po’ confuso cerco nella mente una risposta plausibile, ma ne segue una lista di luoghi comuni poco credibili: — “l’umanità è la capacità di sentire, pensare e infine scegliere…” — lui, che è intelligente ed esperto di informatica, ci pensa un po’ su e mi dice — “ma dottore, questo a breve lo sapranno fare anche le macchine”. Non c’è che dire! La risposta mi lascia spiazzato e concludo tra me e me che la mia definizione di umanità non può essere accettata.

Uno degli effetti più tangibili dovuti alle norme di contenimento dei contagi consiste nella difficoltà ad incontrarsi nei luoghi che, prima di questa catastrofe sociale ed economica, erano considerati abitualmente quelli in cui transitava e si formava l’identità delle nostre comunità: le piazze, le chiese, i giardini, i centri sportivi, i bar. Soprattutto il nord dell’Italia, dal secolo XVIII, ha visto nascere la tradizione del cafè, poi divenuto bar sotto la spinta dell’americanizzazione della lingua e dei consumi, dilagata nel dopoguerra. Tanti celebri autori hanno frequentato i cafè durante i loro incontri mondani, traendo ispirazione per le loro opere, basti pensare a Goldoni, Joice, Svevo, Hemingway, Pessoa e tanti altri. Ma non solo i grandi artisti hanno sempre cercato nel cafè il necessario luogo di incontro tra genio e mondo, allo stesso modo la gente comune ha transitato fino a pochi mesi fa nei bar per sorbire un caffè, un cappuccino o un bicchiere di vino, ma soprattutto per incontrare e incontrarsi e sancire il valore dello scambio: affettivo ed economico, in poche parole i mattoni psicologici e materiali della costruzione sociale. Da qualche mese questi tratti costitutivi delle comunità sono stati sospesi e a fronte di un così grande spaesamento, che richiede sacrifici che vanno al di là della soglia di tolleranza dei più, dobbiamo chiederci, come psicologi e come persone, quali strade possiamo mantenere aperte per non soccombere all’anomia delle consuetudini, che rischia di riconsegnarci un mondo, quando sarà finita l’emergenza, non più riconoscibile.

In questo momento, in cui è difficile essere ottimisti, abbiamo tuttavia alcuni strumenti di cui possiamo rispolverare l’uso e incominciare a mettere in campo, per poter mantenere dritta la barra del timone nel tentativo di preservare il mondo per come lo conosciamo e proteggere l’anthropos, intendendo con questo le caratteristiche irrinunciabili a cui dobbiamo riferire l’idea di umanità. Il motivo per cui diventa necessaria tale resistenza risiede nel fatto che il panorama sociale inedito in cui ci ritroviamo in questi tempi, ci espone al concreto rischio di essere inibiti nello slancio a pensare soluzioni creative per le nostre vite, quando invece ognuna di queste viene attesa dalle istituzioni, da una medicina miracolosa o dagli altri in genere. La spinta a creare e produrre reddito, valori, speranza, fiducia e soluzioni, quando anche sembra faticosamente resistere all’attacco a cui assistiamo, viene immediatamente abbattuta dalla minaccia, ormai interiorizzata, di nuove restrizioni o cambiamenti di percorso o il dover subire reali misure restrittive, con l’esito frequente della rinuncia e del ritiro tra le proprie mura domestiche, lontani dalla socialità e rassegnati ad attendere un finale che non è ancora all’orizzonte. È inutile negarlo, diventa davvero difficile pensare al domani, guardare oltre la difficoltà, programmare l’esistenza. Altrettanto inutile ribadire che questo scenario crea abissi di depressione, come già gli studi specialistici evidenziano.

Quindi come fare? Prima di rispondere a questa domanda è bene puntualizzare alcuni dei fenomeni che aggrediscono maggiormente, in questo periodo storico, le facoltà creative degli individui e in che modo questi processi distruttivi vengono imposti nella nostra quotidianità, senza che le categorie più sensibili sfuggano il rischio di rimanervi intrappolati e psicologicamente offesi.

Adolescenza e creatività

Gli studi psicologici hanno da tempo individuato l’adolescenza come il momento di maggior sviluppo della creatività umana. Più dell’infanzia, che sembra risentire ancora di alcuni ostacoli che le tappe evolutive succesive successivo permetteranno di superare[1], questo periodo cruciale dello sviluppo dell’uomo è caratterizzato dall’emergere dinamico delle strategie che determineranno le future capacità creative in questo dominio dell’intelligenza. I compiti evolutivi tipici dell’adolescenza si caratterizzano per l’emergere di importanti fattori motivazionali, sospinti dai conflitti esistenziali caratteristici di questo passaggio; dalla necessità di risolvere questioni relative all’identità; dal ritorno dei conflitti edipici e dalle concomitanti pressioni verso l’autonomia e l’indipendenza: tutti questi fattori sono insieme la base per la formazione delle capacità creative. Queste istanze, nella nostra contemporaneità, sono messe in serio pericolo dall’evidenza che il luogo in cui possono essere sperimentate, “il fuori”, ovvero le amicizie, la scuola e le passioni che qui nascono e si intrecciano, viene attualmente vietato per motivi di salute pubblica, ma non di meno dagli strumenti di comunicazione che la modernità mette a disposizione per lo svago e l’intrattenimento. La particolare situazione emergenziale ha inoltre reso indispensabile l’utilizzo degli strumenti di formazione a distanza (DAD) e ai ragazzi, per poter continuare ad istruirsi, non rimane altro che l’utilizzo dei devices e dei social media, strumenti peraltro oggi intrecciati in una pericolosa relazione. Gli smartphone promuovono una spinta fortissima all’omologazione, mentre la DAD depriva i giovani dell’elemento affettivo dell’insegnamento e della partecipazione, precludendo loro la possibilità di sviluppare l’intelligenza emotiva e l’empatia che vi stanno alla base, effetto già sperimentato e insinuato nelle loro menti dall’uso degli smartphone. Non sappiamo quali conseguenze potranno derivare da un eccessivo protrarsi dell’abolizione dell’incontro, soprattutto per gli adolescenti e i giovani che frequentano l’università, tappe importantissime di scelta e maturazione affettiva e psicologica. Tuttavia l’utilizzo dei social e la DAD, risultano essere due elementi rispetto ai quali la maggior parte degli adulti si sentono di dover alzare le mani, con la scusa che i primi sono ormai insostituibili nella vita di tutti in giorni, soprattutto per i nostri ragazzi, anche se stanno drammaticamente prendendo il posto di “tutto il resto”, mentre la DAD sembra essere l’unico antidoto, in questo momento, all’interruzione della frequenza scolastica. Purtroppo i dati parlano chiaro, sia per quanto riguarda la salute psicologica di chi viene troppo precocemente esposto ai devices sia per quanto riguarda l’efficacia della DAD e sarebbe bene ascoltarli.

Uno studio effettuato su un ampio campione di bambini e adolescenti cinesi durante il lockdown ha evidenziato che più alti tassi di ansietà e depressione erano associati ad un utilizzo eccessivo dello smartphone e di internet; al contrario il numero di ore passate su internet prima dell’epidemia era negativamente[2] correlato con i sintomi depressivi[3]. I rinomati studi dello psichiatra tedesco Manfred Spitzer[4], mettono in luce i numerosi rischi favoriti dalla dipendenza da smartphone e dall’uso eccessivo di devices, ne ricordiamo brevemente alcuni:

1. sedentarietà e danni alla postura;

2. miopia

3. sovrappeso

4. pressione alta

5. controllo metabolico prediabetico

6. disturbi del sonno

7. aumento dei comportamenti sessuali a rischio

8. disturbi dell’attenzione

9. ansie

10. depressione

11. autolesionismo

12. tendenze suicidarie

13. stress

14. aumento delle dipendenze da devices

15. aumento del consumo di tabacco e alcol

16. diminuzione del successo accademico

17. abbandono scolastico

18. ……

A questa preoccupante lista, possiamo aggiungere effetti determinati dalla natura dei messaggi, definiti come effetto di polarizzazione, ovvero la spaccatura dicotomica e radicale delle opinioni rispetto ai fenomeni sociali, per esempio per ciò che riguarda la politica, i costumi, gli atteggiamenti di fronte alle differenze, i comportamenti affettivi, l’inclusione o l’esclusione sociale, la sessualità; che favoriscono l’abolizione del passaggio negoziale o il dibattito che nel recente passato pre-digitale caratterizzavano la scelta di un’appartenenza o orientamento in diversi campi della cultura, della politica o del costume. In tal caso la radicalizzazione delle divergenze e la necessità di assumere posizioni su argomenti per cui lo sviluppo cognitivo, emotivo e sessuale non è ancora sufficientemente maturato, sono certamente cagione di futuri problemi psicologici e affettivi e oggi possiamo osservarle nell’incapacità di ottenere soluzioni negoziate durante i piccoli conflitti tra pari, nell’aumento del confronto relativo ai canoni estetici, nella sessualizzazione precoce delle relazioni e nell’aumento dell’invidia come cifra delle relazioni. Il materiale che circola sui social dei più piccini, anche quando tratta argomenti delicati e certamente precoci per bambini di 8 o 10 anni, come la sessualità, il gender o le differenze, non presenta traccia di valori quali l’educazione, la cooperazione, la solidarietà o la scelta, contiene invece messaggi carichi di odio, vendetta, sberleffo e invidia e sempre pregni di un sottofondo politico e spesso pornografico. Non stupisce che un noto politico italiano abbia proposto un abbassamento dell’età del voto ai 16 anni [5], non di certo per la maturazione morale, sociale e culturale dei giovani d’oggi, che al contrario sotto la spinta dell’uso dei social e della formazione scolastica, soggiacciono ad una visione della realtà di matrice sempre più narcisistica e competitiva. Questi e altri pericolosi fenomeni, come per esempio la pornografia e la pedopornografia online, obbligano noi adulti a riprendere in mano il problema e a ripensare le strategie di utilizzo degli strumenti digitali che forniamo ai nostri ragazzi.

Smartphone e dipendenza

La comunità degli psicologi si è a lungo interrogata sui danni creati dalla dipendenza da uso incontrollato dello smartphone e di internet e a dire il vero questo filone di indagine è stato molto florido e dibattuto fino all’avvento del Covid. È singolare che non se ne parli più tanto. A tal proposito ritengo sia utile ricordare alcune delle numerose ricerche effettuate da valenti studiosi italiani. Da un’attenta indagine del 2014 dell’Osservatorio Fumo, Droga e Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, il rischio determinato dalla sovresposizione ai devices comporta un’ampia serie di conseguenze di ordine clinico che determinano trasversalmente comportamenti da addiction, ossessivi e di distacco dalla realtà[6], ma anche disturbi dell’umore, come già enumerato sopra.

Dal 2008 in poi, la rapida e progressiva diffusione dei devices nella popolazione e, in particolare, tra i bambini e gli adolescenti, ha allertato da subito la comunità scientifica rispetto alla verosimile interazione tra eccessivo uso di internet e problemi di dipendenza la quale, infatti, è emersa in percentuali significative fin dai primi anni di diffusione della rete[7]. Studi effettuati in contesti di ricerca clinica hanno inoltre evidenziato la relazione tra dipendenza da internet, sintomi dissociativi e alessitimia[8] [9] e ulteriori comorbilità tra dipendenza da internet, deficit di attenzione e iperattività, depressione, ostilità e disturbo d’ansia sociale[10]. Per quanto siano state realizzate ricerche che forniscono anche risultati di segno leggermente diverso[11], il consenso dei ricercatori è ormai unanime sulla pericolosità della sovresposizione alla rete. L’incremento dell’utilizzo dei devices, in particolare degli smartphones, registrato negli ultimi anni, con il conseguente abbassamento dell’età di fruizione, che è ulteriormente incrementato a seguito del lockdown, autorizza ad aspettarsi problematiche serie in tutti questi ambiti clinici, soprattutto in ragione dell’immaturità neuropsicologica dei sempre più giovani utenti che hanno accesso alla rete.

Per esempio, la relazione tra sovresposizione e rischio di sviluppare gioco d’azzardo durante il lockdown è stata riscontrata in un recente studio indiano, effettuato su un campione di studenti universitari che ne ha confermato la correlazione positiva[12], indicando in questo comportamento una strategia indirizzata a moderare l’ansia[13].

Ritorniamo creativi

Secondo K.T. Heilmann, studioso americano della creatività, il popolo ebreo vanta tra la sua discendenza numerosi geni e persone di valore intellettuale più che altre etnie — stima infatti che più del 25% dei premi Nobel nel corso del ventunesimo secolo sono stati assegnati a scienziati ebrei — poiché possiederebbe una spiccata propensione alla creatività. Lo studioso afferma che il pensiero divergente e il disimpegno e la successiva convergenza verso la produttività, fattori e processi di base della creatività, sarebbero favoriti nei bambini ebrei dall’incoraggiamento pedagogico alla disobbedienza, non tanto intesa come educazione all’insolenza, ma al nutrimento del dubbio e della propensione a mettere seriamente in discussione i dati acquisiti, al fine di cercare alternative migliori[14].

In questa fase evolutiva del genere umano, la stessa espressione del dubbio viene invece censurata, sia sui media che nelle interazioni sociali. Nonostante ciò, dal punto di vista del nostro osservatorio, rimane lecito e, ancor più, condizione essenziale allo sviluppo dell’intelligenza, domandarsi se i fattori brevemente elencati sopra e le circostanze di restrizione della normale socialità delle persone, in particolare dei giovani, non siano in grado di determinare un definitivo e irreversibile mutamento antropologico verso una perniciosa assimilazione dell’umanità al mercato del web e ad una sorta di controllo cibernetico programmato delle azioni, dei gusti, delle relazioni, in fondo del “corpo” sociale e personale degli esseri viventi[15].

La creatività è una strategia che potrebbe permettere di opporci a questa malsana promessa di tecnologia e isolamento. Le azioni che si prospettano a tal fine si collocano sia su un piano pratico che su un piano teorico. Sul piano pratico risulta necessario mantenere contatti sociali in presenza, che nutrano il tatto e i sensi; ma anche iniziare a ri-pensare a piccoli progetti di comunità che riavvicinino il movimento delle persone e l’economia sostenibile, come per esempio coltivare orti, frequentare la natura, respirare aria pulita, preferire e incentivare il consumo alimentare biologico a kilometro zero, e su piani più organizzati, promuovere piccoli progetti di microcredito e di occupazione di prossimità, come scambi di tempo e di servizi. Ancor più, nel nostro piccolo quotidiano, quando è possibile, dobbiamo pranzare insieme ai nostri amici, perché la dimensione dell’incontro è l’unica che può preservare l’umanità dalla dissolvenza; come anche accettare che posizioni verso modelli di vita che oggi appaiono antitetici possano scatenare conflitti e ulteriori radicalizzazioni: intendo la difesa della cura attiva della propria salute, attraverso un’efficace prevenzione alimentare e sani stili di vita in contrasto alla delega a sempre più sofisticati farmaci e rimedi sintomatologici. In sostanza nel momento in cui una situazione inedita sembra paralizzare le umane capacità di resilienza sembrerebbe opportuno mettere in dubbio l’unica soluzione proposta, poiché tale soluzione inibisce strategie di prevenzione dei rischi rispetto alla sofferenza psicologica inevitabilmente connaturata alla situazione che stiamo vivendo.

In un altro senso, dal punto di vista teorico è altamente consigliato comprendere meglio i meccanismi dell’economia, di come si è creato il debito enorme che meschinamente gli Stati addossano alla responsabilità dei cittadini e di come la finanza neoliberista ha condizionato e ancora sarà in grado di condizionare le scelte dei governi, se non si opporranno nuove strategie efficaci di creazione del valore di scambio. Lo stesso Presidente dell’Ordine degli Psicologi Italiani, David Lazzari, in un’intervista apparsa recentemente sul web[16] si è detto contrario all’abolizione del contante nelle transazioni di tutti giorni che, nei piani economico-finanziari dei governi, vorrebbe essere sostituito con criptovalute. La contrarietà è condivisa e fa leva sul ruolo identitario del denaro nella storia della nostra società, inteso anche come valore di scambio costruttivo e quindi creativo delle risorse, opposto all’accumulo e alla volatilità del denaro digitale, che bene si accorda all’effimero valore dei prodotti derivati dei mercati azionari, sostegno “cancerogeno” dell’economia neoliberista. Si dirà che questi argomenti non sono alla portata di tutti e in effetti risultano un po’ spigolosi e a volte noiosi, ma con un po’ di pazienza e attenzione si possono cominciare a comprendere le sottili trame che legano il debito alla nostra infelicità e come il senso di colpa, sentimento che sta molto a cuore a tutti gli psicologi, sia ingiustamente rovesciato su chi in realtà non è responsabile del dissesto economico: i cittadini. Socialità, debito ed economia, progettazione dei beni comuni, educazione alla salute e alla prevenzione, sembrano domini tra loro indipendenti, quando invece rappresentano risvolti diversi di una macrodimensione socioeconomica che può prendere una direzione più umana. Perché è proprio questo il dilemma che ci si presenta innanzi oggi: che tipo di vita vogliamo, se ancora fossimo nella possibilità di scelta? Una vita che si identifichi in una dimensione umana o transumana?

Queste proposte rappresentano piccole strategie di sopravvivenza e tentativi di non sottomettere la propria creatività all’abitudine, di certo non sono in grado da sole di risolvere i problemi sistemici di fronte ai quali ci troviamo oggi, ma rimangono le uniche armi di ribellione non violenta che in questo contesto possiamo utilizzare: conoscenza, rifiuto del “bullismo istituzionale”, che addebita colpe illegittimamente ai cittadini e vera prevenzione. Più che un augurio, un’esortazione, anche questo è tra i compiti di uno psicologo.

“Allora Dottore, che cos’è l’umanità? — L’umanità è la capacità di incontrarsi creativamente, di riconoscersi nell’altro, trovando soluzioni alternative alla disperazione”.

Bibliografia

[1] Rothenberg, A. (1990). Creativity in adolescence. Psychiatric Clinics of North America, 13 (3),415–34. PMID: 2235691.

[2] Secondo una relazione di proporzionalità inversa

[3] Duan, L., Shao, X., Wang, Y., Huang Y., Miao, J., Yang, X., Zhu, G. (2020). An investigation of mental health status of children and adolescents in china during the outbreak of COVID-19. Journal of Affect Disorder, Oct, 1, 275:112–118. doi: 10.1016/j.jad.2020.06.029. Epub 2020 Jul 2. PMID: 32658812; PMCID: PMC7329661.

[4] Spitzer M (2018). Emergenza smartphone, I pericoli per la salute, la crescita, la società. Il Corbaccio, Milano (2019).

[5] http://old.iss.it/ofad/?lang=1&id=53&tipo=7

[6] https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/09/30/enrico-letta-rilancia-il-voto-ai-16enni-conte-di-maio-e-zingaretti-daccordo-a-quelleta-si-e-gia-maturi-per-andare-al-seggio/5486377/

[7] Poli R., Agrimi E. (2011). Internet addiction disorder: Prevalence in an Italian student population; Nordic Journal of Psychiatry,Volume 66, 2012 — Issue 1.

[8] Craparo G. (2011). Internet addiction, dissociation and alexitimia. Procedia-Social and Behavioral Sciences; 30 (2011); 1051–1056.

[9] Caretti, V., Craparo, G., & Schimmenti, A. (2010). Alcune evidenze empiriche sul costrutto di trance dissociativa da videoterminale. In V. Caretti, & D. La Barbera (Eds.), Addiction (pp. 167–182). Milano: Raffaello Cortina.

[10] Ko ,C., Yen, J., Yen, C., Chen, C., Chen, C. (2012). The association between Internet addiction and psychiatric disorder: a review of the literature. European Psychiatry.27(1):1–8. doi:10.1016/j.eurpsy.2010.04.011

[11] Di Paquale C., Sciacca F., Zira H. (2015). Smartphone addiction and dissociative experience: an investigation in Italian adolescents aged between 14 and 19 years. Internationa Journal of Psychology & Behavior Analysis., 1:109. http://dx.doi.org/10.15344/2455-3867/2015/109

[12] Da intendersi come direttamente proporzionale

[13] Balhara YPS, Kattula D, Singh S, Chukkali S, Bhargava R. Impact of lockdown following COVID-19 on the gaming behavior of college students. Indian J Public Health. 2020;64(Supplement):S172-S176. doi:10.4103/ijph.IJPH_465_20

[14] Heilman KM. Jews, Creativity and the Genius of Disobedience. J Relig Health. 2016 Feb;55(1):350–354. doi: 10.1007/s10943–015–0139-x. PMID: 26547305.

[15] Campailla, A. (2020). Disagio esistenziale e de-costruzione del corpo sociale: nuove minacce e antiche tentazioni. Piesse (www.rivistapiesse.it) 6 (8–2)

[16] https://www.iltempo.it/economia/2020/06/11/news/piano-colao-contante-sanatoria-task-force-prelievi-bancomat-23244435/

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Alessandro Campailla
LaTI® — Laboratorio Teatro d’Impresa

Psicologo, psicoterapeuta e fisioterapista. I miei campi di studio sono: il rapporto mente-corpo-società, nel suo sviluppo storico e in relazione alla clinica