Foto di Angelica Henderson (IG: @angelicahenderson)

A star bene: il primo disco di Generic Animal

Due parole in più (d’amicizia e di gioia) sul disco di Luca Galizia in uscita per La Tempesta

Pietro Giorgetti
La Caduta 2016–18
3 min readJan 17, 2018

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Doveva essere una recensione da mettere in mezzo al listone delle MEGARECE in uscita sui nostri schermi. Ma Generic Animal mi sta dando, in quei momenti in cui mi ritrovo troppo in superficie, un’energia talmente forte che ho scritto qualche parola di in più.

C’è una cosa che Speaker Deemo dice, nel documentario Numero Zero. Alle Origini del Rap Italiano, riferendosi alla volta in cui Neffa gli fece sentire per la prima volta Aspettando il sole, nella sua versione originale col ritornello cantato dal Pellino, prima di Giuliano Palma, prima di tutto. Deemo dice che quando sentì per la prima volta quella canzone pensò che con quella cosa Neffa aveva trovato le chiavi per aprirsi le porte al successo, per sfondare in qualsiasi radio, raggiungere molte più persone. E, importante, era riuscito a farlo senza di fatto spostarsi di un solo centimetro dalla propria arte.

GA — Tsunami

Ho pensato che queste parole calzassero alla perfezione per quel che ho provato ascoltando per la prima volta, e poi riascoltando, sempre tutto d’un fiato, questo self titled di Generic Animal ovvero Luca Galizia, giovane ragazzo della provincia varesina che canta e suona la chitarra sia da sé che con i suoi fratelli Leute. Generic Animal canta in italiano e ha scritto una manciata di canzoni: otto sono finite in questo primo album che esce questo venerdì 19 gennaio via La Tempesta Dischi. I testi li ha scritti Jacopo Lietti (Fine Before You Came, Giønson), Luca poi ha arrangiato il disco insieme a Adele Nigro e Marco Giudici — rispettivamente e un po’ contemporaneamente fautori dei progetti Any Other e Halfalib — che gliel’hanno anche prodotto. Tutto fatto in casa, tutto tra amici, con certa consapevolezza e certa leggerezza.

GA — Alle Fontanelle

Mi sono trovato a scrivermi queste parole in mente durante questi mesi d’ascolto. Poi, riascoltando ancora Qualcuno che è andato, ho pensato semplicemente che Generic Animal è quando fai qualcosa per te, ma lo fai insieme ad altri. Succede che vengono fuori delle connessioni stando negli stessi posti, e a un certo punto puoi esser contagiato da qualcuno che ti riempie, che ti ridà quell’energia che avevi perso o che stavi di nuovo cercando. Gli incontri fortuiti e a volte fortunati sono quelli che poi alla fine rendon di più, per una questione di sincerità, per un gradiente di verità maggiore. Mi vien da dire che è qualcosa di innato. Come le melodie e i talenti di questo disco, così istintivamente fuori da tutti gli schemi e quindi, per me, così vicini a quel qualcosa di indefinibile che a casa mia vien chiamato bello. Qualcosa che si muove all’altezza del bacino, dentro l’ombelico. Qualcosa che poi sgorga fuori con naturalezza a cercare la catarsi, per convincersi di certe astronomie, di un certo allinearsi. Oppure, mi dico, solo perchè se si vive e si cerca la felicità si arriva più facilmente agli animi affini che appaiono improvvisamente più prossimi, più vicini.

GA — Qualcuno che è andato

Fuori dai denti: in un mercato che a oggi si muove tra fantomatici artisti indie (o pop?, non si capisce più) e monolitici rapperz, Generic Animal è il sasso lanciato nella discografia italiana senza nascondere la mano; una dichiarazione d’intenti, una rivoluzione silenziosa, una cosa fatta per volersi bene, per sentirsi meglio. Questi otto pezzi sono un pop fatto da chi ama in tutte le sue forme le musica dell’hip hop e dell’elettronica, dell’emo e del post-punk. Generic Animal ci regala un pop particolare, ma non abusiamone: Generic Animal è un animale gentile ma prezioso. Non fatevi prendere dalla foga, non condizionatelo. Piuttosto ascoltatelo in silenzio; rispettatelo.

Foto di Guido Borso (IG: @guidoborso)

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