Illustrazione di Guido Brualdi

AIM — Ambienti Indipendenti Marchigiani. Episodio Due: Circolo Dong @ Recanati

Per il secondo appuntamento con la rassegna AIM facciamo tappa tra Montefiore e Recanati, al Circolo Dong

Nicola Accattoli
La Caduta 2016–18
10 min readDec 14, 2016

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Le Marche sono una regione al plurale, un’area dell’Italia dove la varietà, la quantità e la qualità coesistono l’una accanto all’altra. Sono una regione nella quale l’italianità trova la sua espressione geografica: non si vive di grandi città in Italia, ma di cittadine, piccoli borghi, villaggi. Ed è proprio nelle Marche che di questi luoghi raccolti, caldi e intimi come pochi, se ne possono trovare a bizzeffe. Traslando il discorso sul piano dell’attività culturale e musicale, si può quasi dire che, in questa regione tutta particolare, non ci siano città, o quartieri, o un qualsiasi tipo di luogo che una sola parola riesca a circoscrivere, ai quali rivolgersi per farsi una birrozza abbinata a un concertazzo. C’è “quel posto là, a San Biagio d’Osimo, dove fanno concerti” (spoiler di uno dei prossimi AIM), oppure c’è quest’altro locale da quest’altra parte, o quest’altro ancora da quest’altra ancora. E così capita che la popolazione dei concertari marchigiani si divida in piccoli gruppi, per poi disseminarsi in diversi non quartieri, non città, non luoghi mappati, ma in diversi locali, anch’essi sparsi casualmente per le colline marchigiane, quasi spuntassero spontanei come fanno i funghi, per niente legati a una zona cittadina o ad un conglomerato artificioso di edifici atti a offrire un pacchetto divertimento ai giovani. La spontaneità e la passione verso la musica sono infatti la linfa vitale di posti come questi, che nascono da appartamenti riadattati, da casolari di campagna addobbati, a volte da associazioni culturali senza nemmeno un posto fisso, nomadi e pronte a vagare con il solo scopo di diffondere un certo tipo di realtà musicale e culturale, quella più libera, dove la varietà, la quantità e la qualità coesistono l’una accanto all’altra (sì, ripeto). Ecco cosa sono questi spazi culturali: dei non-luoghi, dei buchi neri invisibili, ma pieni di cose.

Lo spot del Bar dello Sport di Passatempo ai tempi di Cavalca-via, con Sara, Cecilia e Lele

C’era una volta, in questo contesto idealistico quasi da fiaba, il Bar dello Sport di Passatempo. Là, tutti i sabati per almeno 30 sabati, svariati venerdì e qualche martedì, nel 2010, l’associazione Cavalca-Via muoveva i suoi primi passi musicali, organizzando concerti con ospiti del calibro de La Tosse Grassa, eroe al tempo ancora locale, ignaro del successo che avrebbe avuto a livello nazionale di lì a poco; Pop X, I Camillas, Giancane e molti altri.

Mombu al Bar dello Sport

Si arrivò addirittura a far suonare nientepopodimeno che i Mombu al Bar dello Sport di Passatempo. Quest’impresa, a dir poco eroica, è emblematica dello spontaneo nonché completamente disinteressato interesse che smuoveva gli animi dei giovani ragazzi di Cavalca-Via. Tutto ciò sarebbe stato ovviamente impossibile senza la collaborazione di Sara Feliciani e Cecilia Ciblat (le due pazze che ballano nel video qua sopra), proprietarie, una filottranese e l’altra d’oltralpe, dello storico e pazzo Bar dello Sport di Passatempo.

Maicol (l’amico di Mirko) dei Camillas e Delio a placcare l’Audi

In Via Casette (1) è successo di tutto in quel periodo. Puntualmente, ad ogni concerto, qualcuno finiva nella siepe del dirimpettaio del Bar dello Sport, Delio. Altre volte invece era lo stesso Delio a finire proprio dentro ai concerti, come testimonia questa foto con i Camillas. D’estate, per godersi la musica del Bar all’aperto ed evitare situazioni come quelle documentate in foto, spesso si chiudeva la strada illegalmente, costringendo chi da Passatempo voleva solo, appunto, passare, a stravolgere la sua rotta senza nemmeno capire il perché. Spesso succedeva però, che questi passanti, come la mosca con la ragnatela, rimanevano impigliati in quel quadretto rumoroso e luminoso e tanto, tanto ubriaco di persone, e decidevano di rimanere. Facce nuove al Bar dello Sport, ma ve l’immaginate? Beh, grazie a Cavalca-Via e grazie alla musica, il baretto di paese con quell’atteggiamento campanilistico per cui appena una faccia nuova metteva piede nel bar subito iniziava il ciuciulio e le sbirciate di sbieco, diventava, almeno per quella sera, un posto diverso, così diverso che quasi ci si potrebbe sbilanciare a definire “aperto”. Ma non esageriamo.

Cavalca-Via è l’emblema dello spazio culturale underground, del non-luogo. Sprovvista di una sede, infatti, doveva muoversi in quei piccoli vuoti lasciati da altri locali, come è successo per esempio con il Copacabana. In quel caso però il vuoto non era proprio piccolo, e Cavalca-Via, nel 2014, finì per curare tutta la programmazione estiva dello chalet, con la collaborazione del proprietario, Christian Ludolini, che conoscerete meglio fra qualche riga.

Ad un certo punto però, le necessità lavorative e personali dei membri di Cavalca-Via si sono imposte sull’idealismo e su quella bellissima e potente ingenuità che aveva caratterizzato il progetto fino a quel punto. Dubbi di qua, dubbi di là, Diego Capomagi, l’allora presidente, si dimette e inizia a lavorare per aprire un locale nel quale continuare a portare avanti l’attività musicale di Cavalca-via, ma sotto un altro nome: Dong. Oltre a lui (Diè) s’imbarcano nell’impresa Marco Pacini (Pacì), Christian Ludolini (Cri) e Daniele Graciotti (Lele). Insieme si metteranno al lavoro per ristrutturare la casa colonica che sta in quella strada imbrecciata là, quella dopo la curva di Montefano, prima di Recanati. Eh no, la via non posso dirvela, perché non c’è. E’ una strada senza nome. Il Dong dunque è un altra declinazione del non-luogo. Impossibile da mappare, difficile da raggiungere, eppure, una volta lì, è tutto bellissimo.

La posizione invidiabile del Circolo Dong

In questo senso il Dong è il sunto, la summa della quotidianità del divertimento marchigiano: “Ndo ndamo? Ah boh!”. Il Dong sta in quel boh (o meglio è quel boh) quasi sempre, quasi ogni sabato sera: è quel posto non mappato, che non è né borgo né quartiere né periferia di qualcos’altro, ma che si regge da solo e che riesce comunque a farci da punto di riferimento, lui insieme ad altri localetti “sparnicciati”, come si dice da noi. È l’essenza delle Marche, racchiusa tra quattro mura d’inverno e circondata dal verde delle colline e dal blu del cielo d’estate.

Economici e rinvigorenti shots di Ristenzio

Ci sono i panini col ciauscolo, il vino, quello “de Iazzo’(2) e quello di visciole, il Ristenzio (3), la birra, la vodka, la musica, le band, i membri delle band, il palco, la gente, la vita. E intorno: il nulla immerso nella natura. Siamo proprio nelle Marche.

All’inizio, della programmazione del circolo Dong se ne occupavano un po’ tutti. A volte era Cavalca-Via, sempre più vicina allo scioglimento (sempre sfiorato e mai avvenuto), a prendersi carico della cosa, più spesso che non tramite il suo uomo chiave Lele, che, dopo un periodo di alternanza Dong/Cavalca-Via, si è buttato completamente nella gestione del locale, occupandosi a tempo pieno non solo del bar del circolo (stavolta da dietro il bancone, ma trovando sempre e comunque il tempo di bere), ma anche della sua programmazione musicale. Fuzz Orchestra, Schwefelgelb, Zu, Marnero e molti altri artisti sono stati il frutto delle fatiche di Daniele Graciotti, che si è destreggiato sempre meglio nel tempo nell’organizzazione degli eventi targati Dong. Le più svariate declinazioni del rock, della musica elettronica, del reggae, del punk e della techno si alternano sul palco o alla consolle, facendo ballare, bere e divertire un vasto numero di seguaci.

La cultura e la musica underground sono la vita che pullula sotto lo strato culturale mainstream, quello pilotato da interessi economici, che col passar del tempo diventa sempre più statico e banale, adagiandosi su determinati format musicali che funzionano, senza mai concedersi l’azzardo della sperimentazione. In questo senso la musica del sottosuolo non gioca seguendo le stesse regole. Il mercato non gli interessa, rifiuta la svendita dell’idea e del genio, non vuole racchiuderli nel pacchetto “prodotto”, ma ci tiene, e di brutto, a mantenere la propria identità, vale a dire la propria originalità. All’interno di questo sottomondo in continuo subbuglio se ne vedono di tutti i colori: band in costume, improbabili duo basso e batteria, sax e chitarre distorte, sax distorti, un registratore di cassette che fa da loop station. Solo da questi ambienti, da queste sperimentazioni, può nascere qualcosa di nuovo: ecco perché l’underground è fondamentale, per la sua vitalità e il suo dinamismo, slegati dalle leggi di mercato e quindi liberi.

Di questa libertà ultimamente se ne sono accorti in molti. E allora ecco che Roberto Dell’Era (Afterhours), forse stanco dei grandi palchi, che, paradossalmente, iniziano a stargli stretti, dà vita ai The Winstons. Si ritorna a fare gavetta, a suonare nei localini con capienza 100 persone, a ricordare la gioventù passata , a rimettersi in gioco e a rimettere in gioco la musica e la creatività. Anche Pier Paolo Capovilla (Teatro degli orrori), Xabier Iriondo (Afterhours), Frank Valente (ancora Teatro)e Eugene Robinson (Oxbow)hanno seguito questo percorso a ritroso che guarda al futuro e alle mille possibilità della sperimentazione, scappando a gambe levate dalle limitazioni dell’industria musicale mainstream. Stiamo parlano dei Buñuel, band di recente formazione con un solo album all’attivo, ma che ha già dimostrato la sua validità e originalità in ambito hardcore/noise. D’altra parte c’è chi cerca, forse, di aprire le porte del mainstream alla creatività senza barriere dell’underground: che Manuel Agnelli stia tentando, tramite la sua presenza a X-Factor, di cambiare le regole del mondo musicale?

In ogni caso, locali come il Dong rimangono fondamentali per lo sviluppo musicale futuro, poiché sono spazio vitale per le band emergenti, uno spazio di sperimentazione e possibilità, di vita che pullula (no, nemmeno questa è una ripetizione) sotto la superficie.

Rhinoceros Vol. I

Tra le manifestazioni ricorrenti ricordiamo con piacere il Rhinoceros Fest, arrivato quest’anno alla sua seconda edizione. Hanno partecipato alla prima edizione i Gerda, che vediamo in foto, per la seconda ricordiamo invece i Bologna Violenta e gli Hate & Merda, punte di diamante di questa rassegna votata all’hardcore.

Schwefelgeb per la rassegna Atmosphere

La seconda rassegna che ci sentiamo di segnalare è Atmosphere, nella quale dark wave, shoegaze e un po’ (un po’ tanta) elettronica si mescolano, riportando in vita un’atmosfera quasi da Berlino anni ’80. In questo contesto non possiamo fare a meno di ricordare i concerti, fin’ora sempre sold out, dei tedeschi Schwefelgelb, una delle band più quotate della rassegna, e dei fratelli Keluar.

Fuzz Orchestra al lavoro
I Natural Dub Cluster live al Circolo Dong

Bisogna però ricordare quell’evento estivo che in un certo senso chiude il cerchio Cavalca-Via/Dong, o meglio lo distorce fino a farne una spirale in 3D: un cerchio che non si chiude più, qualcosa che non finisce, ma che invece continua in modo sempre diverso. Sto parlando del festival Psychobby, frutto dell collaborazione tra Cavalca-via e Dong, che si tiene ogni anno da tre anni tra luglio, agosto e settembre nella terra natia di entrambe le associazioni, ovvero la frazione di Passatempo. Tra gli ospiti più importanti ricordiamo i Drink to Me, le Lillies on Mars, gli Any Other, i Pueblo People e gli Urali, nonchè i locals Martello, Lightpole e NANANANA.

Any Other sul palco della terza edizione dello Psychobby

Ora una serie di foto per mostrarvi l’evoluzione del circolo Dong, da casa di campagna a live club. All’inizio il Dong era così.

Dong Interno (prima)

Oggi come oggi invece è cosà.

Dong Interno (dopo)

All’esterno è avvenuta una trasformazione di pari entità. Questo era il Dong poco dopo la dipartita dei cinesi.

Dong esterno (prima)

E questo è invece il Dong come lo si vede oggi, con King Dong sulla facciata a scannare polli e il gazebo a segnalare l’entrata.

Dong esterno (dopo)

Insomma, tanto olio di gomito per tirar su questo locale, che vive di passione e di musica. Cavalca-via prima e il Dong poi sono riusciti a portare tutto un movimento musicale in mezzo al nulla delle Marche, le quali, a poco a poco, stanno dimostrando che, in mezzo a tutto questo niente, alla fine, c’è un sacco di roba veramente bella.

Qua sotto trovate la nostra video intervista agli attuali gestori nonché proprietari del Circolo Dong.

Intervista realizzata da Nicola Accttoli con la collaborazione di Diego Capomagi e Dario Panizza.

Note:

(1) Un po’ di storia locale. Un tempo Passatempo era noto con il nome di Casette, e il suo territorio si limitava a quello dell’odierna via Casette. Il nome si deve al fatto che, proprio in quella via, si trovavano le casette per i lavoratori stagionali: vendemmiatori, raccoglitori di mele, pere, ciliege etc. Interessante il fatto che quelle casette, quando non accoglievano gli stagionali, venivano occupate da criminali. Le frequenti violenze degli inquilini abusivi di Casette constrinse l’ospedale di Osimo ad attrezzarsi con una primitiva versione di ambulanza, che consisteva in un carro trainato da cavalli, per trasportare i feriti dalla periferia alla città.

(2)De Iazzo’” è il risultato della storpiatura marchigiana centrale, evidente nella tipica troncatura. C’è anche il solito errore per il quale l’articolo si fonde in qualche modo con la parola alla quale si riferisce, come in “l’aradio”. Stiamo parlando del vino dei Conti degli Azzoni, famiglia Montefanese di nobili origini che si dedica alla viticoltura.

(3) Il Ristenzio è un liquore alle erbe homebrew prodotto da Francesco Marchetti, altresì noto come Risté, cognome originariamente appartenuto a un contadino della zona, ma che è stato dato come soprannome al buon Francesco data la sua passione per le scienze agrarie (nonchè la sua laurea in “Scienze e tecnologie agrarie”).

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Nicola Accattoli
La Caduta 2016–18

Non scrivo solo di cinema, musica, serie tv e videogiochi