Avengers: Infinity War è il primo grande colossal della Marvel

Il nuovo capitolo degli Avengers convince per complessità e oscurità — e il merito è tutto di Thanos

La Caduta
La Caduta 2016–18

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“Cantami o Diva le gesta dei Vendicatori”

Avengers: Infinity War è l’Iliade dei giorni nostri. È un film che ci presenta personaggi a noi ormai noti, a cui ci siamo affezionati e di cui condividiamo gioie, ansie, dolori per poi metterli di fronte alla più dura delle prove. Nel corso di questi anni i Marvel Studios sono riusciti a creare una nuova mitologia, un nuovo racconto epico a cui tutto il mondo ha preso parte e il clamore generato dai suoi prodotti ne sono la dimostrazione. Come i cantastorie diffondevano le gesta di Achille, gli studios diffondono quelle di Iron Man.

Kevin Feige è il nostro Omero o meglio il coordinatore dei cantori, colui che ha saputo trascinare sotto di lui un insieme di registi e sceneggiatori che seguissero i suoi piani. Il percorso non è stato certo privo di intompi, con la commercializzazione di prodotti fin troppo poco esaltanti, come Thor: Ragnarok, per fare un esempio. Ma se con le ultime avventure del Dio del Tuono non volevamo più rientrare in sala, con questo nuovo Avengers non vorremmo più uscirne. I fratelli Russo riescono a meravigliare un pubblico che ha già vissuto un’invasione aliena, la distruzione di Asgard ed un combattimento con un pianeta vivente. Infinity War è fatto per lasciare a bocca aperta il pubblico e non solo per accontentarlo, serve a fargli perdere un battito tra un colpo di scena e l’altro, lasciandolo con un’espressione attonita. La pellicola è intensa, brutale e finalmente riesce in qualcosa che gli altri cinecomic non hanno ancora tentato: per la prima volta il cattivo vince e gli eroi perdono; come l’Iliade, questa storia non celebra solo gli eroi ma li porta al macello.

Il film mette i nostri beniamini contro la minaccia più forte che abbiano mai affrontato. Thanos infatti non è il classico villain da due soldi che troppo spesso ha infestato i Marvel Studios. Gli eroi, di fronte a lui, sono fin da subito impotenti ed ogni volta che sembrano sul punto di sconfiggerlo il Titano ne esce più forte, rendendo le loro azioni inutili, anche quando sembrano usare tutte le loro forze. Le scene più violente sono forse quelle in cui Scarlet Witch e Star-Lord accettano di uccidere i loro amati, Visione e Gamora, nel tentativo di impedire a Thanos di raccogliere le gemme. Ma come in una crudele fiaba, alla fine, egli è sempre un passo avanti a tutti, trova sempre il modo per aggirarli e neutralizzarli. Un copione questo che si ripete, di volta in volta, fino alle scene finali: dopo una raffica di disperati (e inutili) attacchi contro il Titano, Thor lo colpisce con la sua Jarborn, in quello che sarebbe dovuto essere il climax prima del lieto fine. Con grande sorpresa, infatti, quest’ultimo resiste e riesce a “schioccare le dita”, mandando letteralmente in fumo miliardi di vite, comprese alcune dei nostri eroi.

Infinity War quindi non è solo il compimento di dieci anni di trame e narrazioni, ma è anche l’inizio della fine per chi questo universo lo ha fondato. Thor, Iron Man e Captain America si troveranno a dover affrontare quella che sarà, probabilmente, vista anche la scadenza dei loro contratti, la loro ultima missione: una vendetta contro Thanos. Perché come si diceva nel primo Avengers, se non riusciranno a salvare la terra stiamo pur certi che la vendicheranno.
(Matteo Ciucci)

Il tocco di Thanos: potente e determinante

Erano anni che i più fervidi appassionati dell’universo Marvel attendevano un ruolo da protagonista al cinema per il grande e complesso Thanos. Dopo alcuni brevi e intensi cameo sia nei precedenti Avengers che nel primo capitolo dei Guardiani della Galassia, con l’arrivo nelle sale del colossal Avengers: Infinity War, il potente Titano riceve finalmente l’attenzione che gli spetta. E riesce, quasi da solo, a trascinare un cinecomic del MCU verso vette mai raggiunte prima.

C’è poco da girarci intorno, infatti: se possiamo considerare Infinity War come uno dei migliori film prodotti dalla Marvel in questi primi dieci anni di vita — il successo ottenuto dalla critica e al botteghino ne sono un segnale — lo si deve soprattutto alla presenza del carismatico villain creato da Jim Starling.

Interpretato magistralmente dal veterano Josh Brolin, il quale conferisce al mostro violaceo un personalissimo fascino, Thanos non è il solito nemico asettico che abbiamo visto in precedenza. A differenza di altri pezzi da novanta tipo Red Skull o Ultron, la cui malvagità si nutriva del concetto di malvagità stessa, per Thanos tutto ha uno scopo, tutto fa parte di un grande piano ben congegnato. L’oscurità e la cattiveria in Thanos poggiano su solide basi di pensiero e su una morale integra e feroce. La volontà di eliminare metà delle creature viventi nell’universo per rendere sostenibile la vita dell’ecosistema stesso, per quanto brutale, ha una sua precisa filosofia, la quale, al giorno d’oggi, non sembra così lontana dalla realtà — tanto che in molti sembrano condividerla. Quello di Thanos è un discorso utilitaristico che nasce dalla propria esperienza con il suo pianeta madre, Titan, divenuto un cumulo di terra arida a causa della sovrappopolazione e della mancanza di risorse.

Se da un lato, quindi, il progetto di Thanos può anche sembrare condivisibile, tanto da provare empatia verso le sue intenzioni, la mancanza di un reale spirito di sacrificio sbilancia la morale del personaggio, conferendo al Titano una complessità mai vista prima. Thanos vuole essere martire senza immolarsi per la causa. Ed è questo assoluto (e quasi inconsapevole) egoismo che lo rende il migliore villain di tutti. Con la sua brutale saggezza e la sua gentile perfidia, Thanos quindi è il protagonista tra i protagonisti. Non c’è momento, durante il film, che non si voglia vederlo in azione, sia uccidendo i suoi avversari più deboli che umiliando, con il verbo, quelli più forti. Più lo conosciamo e più vogliamo sapere di lui, la sua storia, le sue idee. Non c’è Infinity War senza Thanos.

La sfida della coppia di sceneggiatori Markus-McFeely era molto difficile: trasportare sul grande schermo un antagonista estremamente complicato e tenebroso, rendendolo vendibile alle masse più grandi, soprattutto alle fasce più giovani. Eppure i due sono riusciti nell’impresa di trasformare il Titano in un essere più accessibile, la cui semplificazione non impoverisce la ricchezza del personaggio. Certamente, le differenze con il fumetto sembrano poche ma importanti: la versione originale vedeva un Thanos meno umano e sensibile, affamato di nichilismo e in continuo (e paradossale) rapporto con la Morte, un’entità frutto della sua malata coscienza. Ma chi lamenta della mancanza di un prospetto esaustivo del nostro sovrumano, non coglie le difficoltà di riassumere, in appena 149 minuti di pellicola, alcune centinaia di albi a fumetti, per uno storico che richiederebbe alcune serie televisive e non dei film canonici.

Con la vittoria finale di Thanos — altro elemento di spessore per Infinity War e di novità per i Marvel Studios — nella seconda parte della breve saga speriamo di vedere un’esplorazione del passato del Titano, a chiudere il cerchio di questa intricata e affascinante narrazione. Per il momento, comunque, possiamo ritenerci visivamente soddisfatti. (Lorenzo Mondaini)

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