Baustelle show: la bellezza del cambiare idea

Una sera di quasi primavera sono andato a farmi un’opinione sui Baustelle — anche se un’opinione ce l’avevo già

Enrico Del Bianco
La Caduta 2016–18

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Come avrete intuito dal titolo non sono il più grande fan dei Baustelle in circolazione. Li ho sempre trovati pretenziosi al limite dell’assurdo, ed ho sempre pensato che chi li ascoltasse nascondesse qualche disordine sociale di quelli ben descritti qui. Il fatto che suonassero nella mia città, nonostante non si tratti di Los Angeles e quindi un’occasione più unica che rara di fare qualcosa di interessante, non mi aveva solleticato per niente e appena era uscito l’annuncio in pompa magna avevo alzato gli occhi. Mai e poi mai mi sarei pensato ad un concerto dei Baustelle circondato da trentenni pronti a canticchiare tutti i nomi degli psicofarmaci citati nelle canzoni — ma trovatomi sulla bacheca Facebook un post che invocava un accompagnatore, mi sono vestito e mi sono trovato in platea al Teatro Rossini di Pesaro. In realtà le ragioni che mi hanno attirato verso il concerto erano due: in primis non avevo davvero niente da fare la sera e in secondo luogo sapevo che ad aprire il concerto di quelli là, ci sarebbe stato il grandissimo Lucio Corsi, autore di quel Bestiario musicale che a noi de La Caduta ha già fatto impazzire (qui la nostra recensione, ovviamente fatta prima che fosse famoso).

The needle and the damage done

Arrivato in teatro mi siedo in sesta fila, e in breve incede sul palco una figura femminea, con una gonna lunga ed uno scialle celeste brillante di strass: già i “Rachele!” si sprecavano, mentre io me la ridevo sotto i baffi — “Ciao, io sono Lucio Corsi e farò un po’ di canzoni prima dei Baustelle”. Lucio, vestito favolosamente, apre seduto da bravo virtuoso con il suo primo singolo Altalena boy, divertente canzone sul primo bambino riuscito a fare un giro completo con l’altalena e scomparso in aria, novello Icaro che ha osato troppo. A seguire La lepre, che narra lo stupendo viaggio spaziale di un lepre finita sulla luna con un salto, ed un meraviglioso inedito con tanti paragoni strani che speriamo tutti esca presto. Come perfetta conclusione infine, l’arpeggio di L’upupa che racconta di una foresta piena di animali crestati come i punk e dei loro problemi con la guardia di finanza e la società. Dopo quattro canzoni e un “la musica elettronica nasce dai calabroni” sarei potuto tranquillamente tornarmene a casa con una felicità clamorosa.

Invece ho deciso di restare — ed ho osservato i Baustelle entrare sul palco in 8, tre pianoforti sparsi sul palco, quattro sintetizzatori sul retro, una decina di chitarre per i due chitarristi, una batteria ed un basso. L’intro del nuovo disco annuncia che sarà L’amore e la violenza il tema iniziale della serata — e infatti il disco sarà proposto dall’inizio alla fine nella prima parte del concerto. Giuro che non sono riuscito a contenermi, e per i primi cinque pezzi ho pregato che l’angelo della morte mi venisse a prendere. Mi sono addirittura stupito che qualcuno canticchiasse il ritornello di Amanda Lear, una canzone così stucchevole da fare impallidire i peggiori concorrenti di Sanremo. All’apertura di Basso e batteria però sono entrato in crisi: come faceva lo stesso gruppo che prima cantava “Il lato A, il lato B”, come se fossimo su una crociera con Berlusconi e Apicella a fare da animatori, ad aver fatto una canzone che sposava Lucio Battisti (nel titolo), il progressive rock italiano di anni ’70 ed i Daft Punk di Random Access Memories? Le successive Lepidoptera e La vita mi hanno colpito allo stomaco in maniera inedita: forse i Baustelle non erano davvero la corazzata Potëmkin che credevo… Con la fine religiosa di Ragazzina sono rimasto completamente spiazzato, ed è stato il momento opportuno di una pausa per me e per la band.

La seconda parte del concerto è ripartita in quarta con la famosissima Charlie fa surf e ha dissotterrato per la gioia di tutti gemme dal passato della band, come Gomma e La canzone del riformatorio. A una certa Francesco se ne esce:

“Dicono che siamo malinconici, che siamo citazionisti, che siamo neri. Voi non seguiteci: voi continuate ad amare e a bruciare”

Segue una sentitissima versione di Bruci la città, canzone scritta da lui per Irene Grandi da portarsi a Sanremo, ma poi non accettata in competizione — ed un bellissimo cantato di Rachele in L’aeroplano. Per chiudere il concerto, il tripudio cuore in mano di La guerra è finita e poi due bis, un inedito pasticciato che avremmo preferito si fossero tenuti per sé e Le rane a concludere in maniera abbastanza scialba l’esibizione. Bianconi & Co. sembrano qui essersi dimenticati la regola numero 1 degli artisti, “cominciare bene e finire meglio” — perché si sa che quello che sta in mezzo spesso si fonde con le prime ed ultime impressioni. L’inchino finale, gli applausi, le foto su Facebook, i Baustelle lasciano il palco ed il teatro si svuota.

Il concerto a cui ero andato svogliatamente, è stato infine un’occasione d’oro per ricredermi: la koiné dandy di chanson, rock progressivo e colonna sonora dei Baustelle si è rivelata preziosa, più che pretenziosa — e, finito il live, sono corso a casa a sentirmi qualcosa mentre scrivevo questo articolo. Sussidiario illustrato della giovinezza è splendido, La moda del lento pure — e sto già ascoltando La malavita. C’è davvero tanto da scoprire, in composizioni raffinatissime che si sposano ad un’ironia elegante, a metà tra i pregi di Oscar Wilde ed i difetti di Gabriele D’Annunzio, e ad una vocalità emozionante che solo Calcutta ha potuto rimembrare alla mia generazione dopo le brutture degli ultimi anni ‘10. Cambiare idea nell’arco di due ore, solo ora lo dichiaro possibile — ve lo dico, andateli a vedere: anche solo per provare a capire se ci stanno prendendo in giro, se è tutta una finta, se abbiamo ragione noi o loro. Nella sfida Io vs. i Baustelle, alla fine abbiamo vinto entrambi.

Il tuo pessimismo da quattro soldi,

chiaramente aveva fatto proseliti”.

Beh Francesco, l’avrai detta davanti allo specchio questa frase, il teatro stasera era pieno. 👏🏻👏🏻👏🏻

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