Contravveleno, ovvero un antidoto post-punk al fascismo

Il terzo album di Havah ricrea attraverso sonorità pust-punk gli ambienti e i sentimenti della lotta partigiana

Andrea Capodimonte
La Caduta 2016–18

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Ogni giorno sentiamo parlare di destre estreme che avanzano, che stanno riacquistando forza, che fanno leva sui malumori, che promettono sicurezza e riscatto nazionale, che non mollano la presa e che sono sempre pronte a rinnovarsi. Ne sentiamo parlare perché non è solo un’impressione. Le destre estreme si fanno sempre più pressanti attraverso i nuovi mezzi di propaganda, come internet, e guadagnano sempre più consensi tra l’elettorato. Cercano di convincerci della loro semplice partecipazione al gioco democratico, ma lo fanno mentendo, perché per natura la democrazia non è uno dei loro strumenti.
Le destre estreme (o alternative) dissimulano: non si fanno chiamare fasciste, ma lo sono. Usano il terrorismo islamico per rilanciare i loro slogan, cavalcano la paura, ci parlano di invasioni che faranno collassare il nostro sistema e i nostri valori, ma lo fanno per portare acqua al proprio mulino, ed intanto uccidono, tanto quanto la loro controparte islamica. Basti pensare a Jo Cox, o agli episodi di Charlottesville.

Il fascismo cresce e lo fa tentando in tutti i modi di mettere sul banco degli imputati l’antifascismo, accusandolo di ledere la stessa libertà di pensiero per cui si batterono, versando il proprio sangue, migliaia di dissidenti alla violenza fascista. Lo fa cercando in tutti i modi il revisionismo storico, cercando e sottolineando ad esempio le violenze dei partigiani, spesso e volentieri distorcendo le fonti storiche a proprio favore. Proprio in questo clima teso esce Contravveleno, terzo full length di Havah (Michele Camorani) uscito per Mapledeath Records, che senza parlarci di fascismo e antifascismo, ci parla di fascismo e antifascismo.

Il disco, pubblicato il 15 Settembre, nasce dalla testimonianza orale di Nullo Mazzesi, partigiano nato nel 1932 a Carraie, un piccolo borgo tra San Pietro in Vincoli e Ravenna. Quando fu proclamata la Repubblica di Salò, Nullo aveva 12 anni, e la sua principale mansione, in quel periodo, era quella di rubare le armi ai nazisti, sfidando la morte, come per gioco.
Contravveleno non è la storia dei partigiani, ma è un disco che tenta di ricreare la vita (o meglio i sentimenti) degli uomini durante la seconda guerra mondiale. Lo spirito è lo stesso che aveva guidato Camorani nella stesura di Durante un assedio. Quando infatti nel 2014 chiedemmo a Camorani perché decise di fare un album sui suicidi di massa, ci disse che la sua non era una «tensione verso il macabro, ma il punto era capire fino a dove la follia umana e la disperazione possano spingersi, portando a compiere dei gesti al di sopra di ogni immaginazione». Le 8 tracce che componevano l’ultimo album erano infatti ispirate ognuna ad una situazione di estrema violenza, storicamente documentata, in cui degli uomini decidevano di togliersi la vita in massa, piuttosto che consegnarsi ai nemici.
I partigiani invece non si consegnarono alla morte, ma anzi, fecero di tutto per liberare il paese da un male che aveva firmato le leggi razziali e che aveva portato in guerra a morire frotte di uomini. E anche per questo, Contravveleno, è un disco differente da tutti gli altri finora pubblicati da Havah.

I racconti orali di Nullo Mazzesi

Sono nato proprio…che non ho mai avuto il sorriso sulle labbra…mai, mai, e me lo son portato dietro, però è stata la mia ricchezza di vita, perché su quelle miserie ho fondato tutto il mio corpo, le mie illusioni, le mie speranze, la mia famiglia…ci siamo arricchiti con la fortuna solo di stare stretti, di aiutarci fra di noi. (4:35)

L’album mantiene le sonorità dark, in alcuni momenti si fa addirittura ballabile e quasi allegro, ma qualcosa è cambiato rispetto ai lavori precedenti. La voce è molto più effettatta e le parole cantate da Camorani si perdono tra il riverbero della chitarra e del basso, fino a sfumare completamente nel suono degli strumenti. La scrittura è meno criptica rispetto all’album precedente, come se si sentisse la necessità di comunicare e descrivere specifiche situazioni. Ogni traccia è un tentativo di ricreare, attraverso la musica, le paure, le emozioni, le sensazioni, i rapporti umani, durante una guerra non vissuta direttamente, ma rivissuta attraverso la testimonianza.

Se in Settimana, primo album del progetto Havah, è la noia e lo scazzo e la ripetività delle azioni ad essere centrale, con questo album tutto diventa speciale, tutto diventa straordinario, poiché negato da una situazione di anormalità, in cui l’umanità si fa da parte per lasciar spazio ad altri umani sempre pronti ad uccidere. Tutto ciò che per noi oggi è normale e scontato, sotto i bombardamenti non lo era.
Se è vero che anche qui la poetica dell’immobilità è presente, anzi centrale, questa non è però dovuta a blocchi interni o a paure del futuro. Qui il futuro è contingente, non è scontato e non è detto nemmeno che esista, perché sempre all'erta c’è un esterno malvagio che nega la libertà ed è pronto ad uccidere per vincere. Non si può scappare, si deve stare con gli occhi aperti se si vuole sopravvivere, «non ti rialzare mai / finché non li hai visti passare / non ti rialzare / trova anche il modo per respirare /a faccia in giù », ma anche gli altri non possono commettere l’errore di lasciarti in vita se ti scovano, perché altrimenti saranno loro ad essere uccisi, perché la Resistenza e attiva e «il loro errore / non esser stati più spietati / così pochi accorti / nel calpestarti». L’album ci parla di un mondo in cui si è al limite, proprio come in Durante un assedio, in cui gli uomini si ammazzano gli uni con gli altri, a volte senza nemmeno sapere il perché. «Quando in città d’inverno è notte / è notte anche di giorno», non c’è scampo, non ci sono vie di fuga, «non c’è nemmeno una direzione», si può solo accettare questa condizione, ma «l’accettazione è sconfitta / l’accettazione è vittoria». Camminare, dormire, scherzare, mangiare, sono gesti quotidiani, ma durante la guerra anche scavare diventa un gesto comune, purtroppo. Ci si scorda di dirsi che ci si vuole bene, ma non perché come in Settimana c’è qualcosa che si è rotto in un rapporto, ma perché la cosa più importante è sopravvivere e tutto il resto passa in secondo piano, «i nostri movimenti ci mettono in pericolo». La direzione è solo una, quella che porta alla mattanza.
«Abbiamo paura di perdere / facciamo la guerra».

Senza memoria non c’è futuro
ve lo ripeto per farmi forza
ma ho bisogno di un attimo per dimenticare
senza memoria non c’è futuro
ve lo ripeto per darmi forza
ma ho bisogno di un attimo per dimenticare
per potermi riposare.
(La differenza)

L’ultimo pezzo, La differenza, chiude parlando esplicitamente di Memoria. «Senza memoria non c’è futuro», ma la memoria è un fardello pesante da portare, perché la memoria è fatta di tanta violenza, di situazioni al limite. La memoria è necessaria, ma chi l’ha vissuta ha bisogno almeno un po’ di dimenticare, per non vivere continuamente nell’orrore di ciò che è stato. Ma più passano gli anni, più i testimoni scompaiono, e allora resta a noi il compito di non dimenticare e di ascoltare ciò che la parola può veicolare.

Un disco sicuramente non facile, ma necessario; quotidiano ma allo stesso tempo distante dalla quotidianità, che arriva in un momento in cui abbiamo proprio bisogno di sentir parlare ancora di partigiani, di Resistenza, di antifascismo, al fine di far vivere ancora il ricordo e per evitare che la storia prenda brutte pieghe e si ripeta. Contravveleno è un disco che è un antidoto contro tutte quelle retoriche che vogliono confondere le acque, far sorgere dei dubbi su ideali importanti come l’antifascismo, che tentano di sminuire l’importanza della storia. Un disco che ci ricorda che il fascismo non è un’opinione, ma una strada che ha portato solo alla morte, e che siamo ancora pronti a contrastare.

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