DĪWĀN #1 — Jumping The Shark

DĪWĀN è una rubrica a puntate che raccoglie storie di artisti italiani, non per forza conosciuti, creando un canzoniere composto di ritratti, foto di gruppo

Pietro Giorgetti
La Caduta 2016–18

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La premessa era “trovare un modo per far suonare band e artisti che ci piacciono, che val la pena di spingere, in un ambiente confortevole, con un caffè, un divano… un set casalingo”: così nasce DĪWĀN, una nuova rubrica che si propone di raccontare ogni volta un artista o una band filtrati dagli occhi e dall’esperienza di chi scrive, dalle connessioni stabilite tra due interlocutori diversi. La base è: invitare un artista, preparare un caffè, girare una sigaretta, e far due chiacchiere su questo divano nero in pelle che c’è in casa.

Dīwān in arabo vuol dire divano, sofà — ma anche registro, perché nella tradizione amministrativa arabo-islamica, i burocrati usavano riunirsi in ambienti specifici dove poter conservare i registri e tutti gli atti scritti utili alla memoria storica e a mantenere nel tempo una linea coerente di azione amministrativa. Dīwān nell’accezione di registro designava anche il canzoniere, una raccolta di poesie della tradizione orientale.

Impulso

Quando si comincia qualcosa di nuovo, di solito i primi interlocutori, i primi che sperimentano la novità, sono gli amici. DĪWĀN #1 è dedicato ai pesaresi Jumping The Shark, che sono passati a suonare sul divano nero di casa a metà febbraio, per una data a Labrutepoque di Milano, con cui raccontiamo un pezzo di storia, di questi ultimi anni.

I Jumping The Shark sono un duo, sono Leonardo e Tommaso. Da Pesaro, ventunanni pro capite, rock’n’roll&passione da quasi cinque anni. Questo articolo riprende un discorso che si articola precedentemente in almeno due occasioni.

2013–2014.

Quando conosco i Jumping ho diciannove anni compiuti da pochi mesi, da poco mi sono trasferito per via dell’università e vivo tra Milano e Torino; faccio ancora parte di una band con cui da tre anni suoniamo per le Marche (con qualche passaggio fuori-regione), partecipando a contest, serate, festival, trovando date e locali in cui poter suonare. È grazie a un contest vinto, una sera di fine giugno nel mezzo degli esami di maturità, che possiamo partecipare a una delle due semifinali regionali dell’Arezzo Wave, che vedono sei gruppi per due serate diverse: i tre migliori della serata vanno in finale.

Reperti reperiti

La semifinale è all’Enoteca Angolo Divino di Lunano, un paese vicino a Urbino, in quello spicchio di Marche che confina con Emilia Romagna e Toscana, a metà strada tra San Marino e Sansepolcro, e ci vede partecipare insieme a un manipolo di band marchigiane. Il viaggio lo faccio separato dal resto dei Motherside (il gruppo si chiama così), con un’altra macchina; comunque finisce che ci perdiamo e arriviamo a Lunano che è già buio e freddo, tutto pronto. Qui incontriamo i Jumping: è Lorenzo, chitarra e voce dei Motherside, il primo a sentirli su YouTube. Ce li fa ascoltare un paio di giorni prima della semifinale, il pezzo si chiama È uno stronzo come un altro e il video ci gasa.

È uno stronzo come un altro

Loro sono più giovani di noi, di almeno un anno, ma condividono la stessa fotta, quella voglia di spaccare che sentivamo uscire ogni volta che c’erano da fare le prove, ogni volta che si trovava una data. Ogni volta che si poteva uscire dalla città.

Ci si prende subito bene, è chiaro, iniziamo tra le birre a discorrere, perché Leonardo ci trascina e ci coinvolge nei suoi discorsi e nei suoi scazzi, in più questo essere conterranei, corregionali, ma con accenti totalmente diversi e visioni e stili di vita fa sì che si instauri tra noi e loro quella sana competizione che prelude alla nuova amicizia. Passiamo le semifinali entrambi, ci si vede in finale: noi Motherside ci innamoriamo fortissimo del primo disco, Fonzarelli, e della sua hit, Tu eri bellissima, che cantiamo a squarciagola, ogni volta che ci viene in mente, da quella sera di febbraio. I Jumping si innamorano di noi, della “pacca” di Paride e dei ghirigori mieicon la chitarra, delle voci particolari di Riccardo e di Lorenzo (della loro scrittura), dei nostri animi così diversi ma che sembrano un’entità unica e forte quando saliamo sul palco.

Stiamo cantando forte proprio la hit, mentre corriamo tutti veloci verso la finale dell’Arezzo Wave, appena un mese dopo, al Kokogena di Osimo. È una giornata torbida e piovosa, tira vento forte che si incanala per il viale fuori le mura, il locale incastonato a metà. Non vinciamo la finale, e neanche i Jumping, ma non è importante. Di quella sera, rimangono una serie di foto e di conversazioni appannate, per via delle birre, rimane la locandina, ripescata tornando indietro nella timeline del diario, fino a quei giorni di fine marzo/inizio aprile, l’inizio di un nuovo movimento.

2015.

Una volta sancita l’istituzione dell’asse Fabriano-Pesaro, ci preoccupiamo tutti di tenerlo saldo e di rinnovare gli incontri e le occasioni per suonare insieme. C’è affiatamento. Nel frattempo anche Leonardo e Tommaso partono per l’università, entrambi verso Firenze. Il duo resiste alle partenze, anzi: se si parte, lo si fa insieme. D’altronde in due è più facile accordarsi, pensiamo noi che nel frattempo stiamo cominciando ad allontanarci: si diradano le prove e i concerti. Io non torno a casa quasi mai. I mesi tra il 2014 e il 2015 passano così, in sordina. Siamo distanti. Solo un concerto prenatalizio nella piazza del Comune, a Fabriano, ci riunisce per un attimo. Leonardo è venuto a trovarci da Pesaro: si passa la serata insieme, lui si gode il concerto e ogni tanto fa dei commenti sul quantitativo impressionante di figa che c’è a Fabriano — sprovveduto Lenni, non farti incastrare. Gli chiedo come va a Firenze, come sta Tommi, la partenza, il nuovo inizio, ma lui è vago, dice che stanno registrando nuovi pezzi venuti fuori in questi mesi.

Difatti così è, perchè a Aprile esce Sogni Pesaresi, EP di sei canzoni, anticipato dal singolo e dallo strambo video di Buonanotte, l’altra grande ballata-hit degli squali. Con questo EP sento che il salto è grosso: ci sono le sonorità di Fonzarelli, ma vengono ampliate, approfondite, si sente l’influenza dei Verdena psichedelici di Requiem per le parti di batteria di Leonardo, e certi arpeggi à la Smashing Pumpkins. In più, anche la scrittura si fa più densa, sempre più tagliente e precisa, nel rappresentare lo status quo, un nuovo inizio, i primi mesi via di casa: un progressivo abbandono di certa rabbia adolescenziale sostituito più da un velo di tristezza prontamente nascosto dalla carica del rock-blues, le scelte narrative inusuali e non banali. Penso a Le lacrime del coccodrillo o Cartika/Tu me fais du bièn. Certo è che l’amore per una/più donne torna e ritorna, è fino a questo momento il cuore della questione per i Jumping. È il loro modo di filtrare l’immagine di sé e degli altri, per raccontare quel che gli sta intorno.

2016.

Il tempo scorre rapido e pieno di imprevisti, di cambi di direzione. Dei Motherside rimane più o meno uno scheletro, le distanze si sono fatte siderali e si è fatta leva sulla rimozione della questione, ormai non la si affronta più. Raggiungo livelli di cinismo e di distacco impressionanti, dalle cose, e decido che è meglio lasciar proseguire, invece che continuare a infettare il ricordo di un tempo incredibile passato insieme. Riccardo è partito per Bologna per l’università. Lì da qualche tempo c’è anche Leonardo, che da Firenze è scappato. I soggiorni bolognesi s’intensificano per un breve periodo: Riccardo mi dice che i Jumping hanno il disco pronto e la ragione per cui Leonardo è venuto lì è trovare un’etichetta, trovare qualcuno che pubblichi il disco, su cui i due pesaresi hanno lavorato molto e di cui sono soddisfatti a tal punto che prima o poi, qualcuno dovrà farsi vivo e pubblicarci. Leonardo su questo non transige: bisogna trovare un’etichetta che ci aiuti, bisogna ampliare il raggio dei contatti, farsi conoscere, continuare a suonare — passione&rock’n’roll sono i principi fondamentali.

L’ultimo colpo di reni collettivo è il 4 giugno: l’ultimo concerto dei Motherside a quattro è insieme ai Jumping The Shark, al Corto Maltese di Fabriano. Una grossa festa, soprattutto tra di noi, per riconoscerci e ricordarci. La bella notizia è che i Jumping apriranno ai Verdena al Villa’n’Roll Festival e, ancora non lo sapevamo, ma sarà uno dei concerti più impressionanti per carica e atmosfera per tanto tempo. È passato quasi un anno dall’uscita di Dimmi quando verrai a casa, primo singolo che anticipa il disco in uscita a inizio 2017. Nonostante tutto sembri ancora campato in aria, Leonardo si dice fiducioso, si lamenta ogni tanto di qualche ritardo e mancata comunicazione, ma l’estate del 2016 sembra essere quella giusta, comincia bene con noi tutti al Corto Maltese. Rivedo Leonardo, a Bologna, qualche tempo prima che a novembre esca il secondo singolo, Vera Show. C’è una data (27 gennaio 2017), c’è un’etichetta (Bananophono Records), un’agenzia, delle date, un tour un po’ meno DIY, la stessa carica.

14.02.2017

Ieri sera a Labrutepoque c’era un sacco di gente, moltissimi pesaresi, tutti trapiantati a Milano — marchigiani ovunque, bussano sempre alla porta di qualcuno — e i Jumping sono partiti in tour per suonare il disco ovunque. Sono in quelle tre-quattro date acustiche, Leonardo non è dietro la batteria, ma è fianco a fianco con Tommi: e con due microfoni e due chitarre hanno tutto quel che gli serve per creare l’ambiente e favorire la comunicazione. Mi piacciono i testi di Amami perché sono molto più complessi, nonostante la musicalità delle parole, tanto sottili nel raccontare questo passaggio per i vent’anni che ritrovo in tanti della mia età. E penso che non è un caso, se a dircelo, a raccontarcelo sia Leonardo, che si spacca in due dall’inizio per portare la sua musica a più gente possibile, perché ne vale la pena, perché è un qualcosa che va oltre se stessi, donarsi per ricevere in cambio uno sguardo d’intesa, un applauso, una battuta. Mostrarsi, mettersi in ridicolo perché il pubblico vuol quello. Un po’ voler brillare, un po’ voler scomparire. Finito il concerto si concedono a risate, altre birre, non c’è fretta di andare a dormire né di andare da nessuna parte, Milano è una manciata di palazzi e di zone oscure, è un incidente sulla circonvallazione e una data a venire in cui spaccare.

Ci svegliamo presto perché i ragazzi tornano a Pesaro, partono prima di pranzo. Tommi è preso che ha da studiare per i prossimi esami al Conservatorio. Lenni non ha un filo di voce ma già sveglissimo, vorrebbe accendersi un sifone, ma abbiamo tutti gli occhi troppo piccoli e il caffè già fatica ad entrare in circolo. I due dibattono sulle canzoni da suonare: “Love Me in Pesaro la facciam sicuro… come seconda facciamo Shining dai” - “No vecchio che non mi viene bene… facciamo Impulso”. Accendiamo la camera e posizioniamo il microfono. Io faccio qualche foto, li guardo mentre iniziano a suonare, in una carrellata di flashback che mi riporta indietro fra i concerti e i viaggi in macchina, a ritrovare le emozioni e le ragioni d’un tempo, confrontarle con quelle di oggi, vedere dove poi si va. Scrivo questa testimonianza, giriamo questi video per chiudere un cerchio, per attraversare un pezzo del percorso, ora la strada si apre a nuove intuizioni. Seguiremo quelle, tenendo presente di questo passaggio; oltrepassandolo.

Love Me in Pesaro

Thanks to Tommaso Tecchi, Benedetta Pompili, Van Khokhlov
(supporting&purecollaboration)
I video in acustico di
Impulso e Love Me in Pesaro li trovate sul
canale YouTube de La Caduta

I Jumping The Shark suonano prossimamente qui:

31/03 — Enoteca Angolo Divino, Lunano (PU)
01/04 — Supersonic Record Store, Foligno
14/04 — Caffè Morlacchi, Perugia
15/04 — Da Emilia, Torino
21/04 — Linoleum, Milano
28/04 — Soul Kitchen, Fermo

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