Dedicato ai folli e ai sognatori: La La Land

L’ultimo lavoro di Damien Chazelle è un omaggio agli spiriti romantici, cultori rivoluzionari di un passato che diventa il motore per lanciarsi in una vorticosa danza tra le stelle

Martina Zerpelloni
La Caduta 2016–18

--

Siamo stati a vedere in anteprima il film che si è aggiudicato ben 14 nomination agli Oscar 2017, e possiamo dirlo: le aspettative non sono state deluse. La La Land, l’ultimo lavoro del regista Damien Chazelle, provoca un tuffo al cuore. Lo charme di altri tempi si carica di spirito rivoluzionario per creare una piccola perla in grado di incantare anche gli spiriti più aridi. Forse incantatore è il termine giusto per definire questa pellicola che già dai primi 5 minuti rapisce lo spettatore, il quale lascia il proprio corpo ancorato alla comoda poltrona della sala per immergersi mente e spirito in una assolata LA, seguendo quel fluido — e oserei dire quasi vivo — movimento di macchina che sinuoso si muove per la città delle stelle. La città che da quasi un secolo vede affacciarsi alle sue porte miriadi di sognatori, una città che può avvolgerti maternamente o abbandonarti all’angolo di un tapas bar, dove diventa facile scambiare le fredde luci al neon delle insegne per le stelle che illuminano le colline di Beverly Hills. Tra i sognatori ci sono anche Mia (aspirante attrice) e Sebastian (pianista jazz), protagonisti di quella che a tutti gli effetti è una grande storia di amore, di sogni e di compromessi.

È un ritratto fedele, seppur sfoci nell’onirico, della gioventù di oggi come della gioventù di sempre. Siamo precari ma ardenti di voglia di tentare quella fortuna ormai ridotta alla strenua di un gratta e vinci, anche a costo di buttarci in un fiume ghiacciato, con le pupille che brillano di sogni ad occhi aperti. Dalla nostra cameretta in cui i poster degli idoli del passato ci incitano con comprensione a non arrenderci al cinismo di chi ai suoi sogni di gioventù ha rinunciato da tempo, ci prepariamo al round decisivo con la vita. Ma forse l’importante non risiede nell’ effettivo realizzarsi del Sogno, quanto nello slancio per cercare di raggiungerlo.

Ed è poi quello che fa Chazelle con tutto il film, così come fanno gli attori che ha scelto come protagonisti — Ryan Gosling ed Emma Stone- tentare un azzardo, con grande umiltà ma guardando alle stelle. Si omaggiano i divi del passato, cosa evidente anche in vari passaggi del film, ma senza avere la presunzione di raggiungerli. E non saranno Ginger Rogers e Fred Astaire, ma la coppia Gosling-Stone (sebbene non sia una coppia di performer nati per i musical) insieme funziona davvero bene e sorprende. Oltre ad essere un omaggio al mito Hollywoodiano, l’ultimo lavoro del giovane regista (classe 1985) è una nuova occasione di accostarsi al mondo del jazz; una grande storia d’amore quella tra Chazelle e il Jazz che va avanti dai suoi esordi in ambito cinematografico. Se nel precedente (capo)lavoro — Whiplash — questa passione era dipinta a sangue sudore e lacrime, e a dettare il ritmo del film era una batteria in tachicardia, qui Chazelle ammorbidisce i toni e si concede all’aspetto mentale più che a quello fisico, accompagnato dal pianoforte melanconico di Sebastian.

La dimensione “fisica” di Whiplash contro quella più mentale presente in La La Land

Comune a entrambi i lavori, oltre al background musicale, resta centrale la necessità di spingersi fino a travalicare i propri limiti, in un percorso di compromessi e prezzi da pagare in virtù della realizzazione del famoso sogno nel cassetto. E La La Land forse, più che è essere “la terra di chi ha la testa tra le nuvole”, è proprio il cassetto di Chazelle, contenente tutti i suoi amori e le sue passioni che lo han guidato fino a dove si trova ora, tra le stelle per l’appunto. E tra gli idoli del cinema e della musica spiccano i continui rimandi a un film cult come Gioventù Bruciata, emblema della maturazione di un cambiamento da parte di un’intera generazione; ammiccando poi ad altri grandi classici che hanno fatto la storia come Casablanca o Un Americano a Parigi e protendendosi in un abbraccio sincero verso lo storico Singing In The Rain. Eppure Chazelle non cerca uno strappo con i padri, ma li ri-accarezza di nuove tinte e lo fa con un film che, guardato da ogni angolazione, senz’altro esprime l’amore di un figlio.

Alcuni rimandi alla vecchia Hollywood, già graficamente visibili nelle locandine e nei titoli di testa.

È giusto qui citare l’immenso lavoro fatto da Justin Hurtwitz, che ha composto ed orchestrato la colonna sonora del film (come aveva fatto in precedenza per Whiplash), aiutato da Benj Pasek e Justin Paul; lavoro che senz’altro rispecchia pienamente tutto il calore che l’emergere del musical, in seguito all’avvento del sonoro, ha portato nelle sale cinematografiche. Colonna sonora che è uno dei punti di forza del film, in grado di cullare lo spettatore fino ad isolarlo dal mondo al di fuori dello schermo; un’ipnosi resa senz’altro efficace dal lavoro fatto per la fotografia da Linus Sandgren.

Esempi della perfetta armonia cromatica all’ interno del film

Sfido a criticare l’estetica di questo film, dove la semplicità e l’armonia in particolar modo la fanno da padroni, e dove è facilmente apprezzabile un controllo del colore davvero devastante. Si contano sulle dita della mano la inquadrature che non mostrano un perfetto incastro dei 3 colori primari, l’essenza di tutta la nostra gamma cromatica, e che sottolineano ancora una volta come la semplicità — o forse è meglio definirla essenzialità — sia spesso la vera carta vincente in un costante equilibrio di complementarietà.

Dove trovano quindi spazio le critiche di Elon Rutberg, il collaboratore di Kanye West che ha fatto tanto scalpore su Twitter definendo La La Land un film fascista?

Citando Rutberg, La La Land si presenta come «un film fascista, un atto di devastante naïveté in un periodo storico che richiederebbe invece riflessione, lucidità e pensiero critico». Dal mio punto di vista ritengo che invece il film di Chazelle — per quanto a tratti possa effettivamente apparire naïf — agisca come un unguento, in grado di alleviare in parte le scottature interne che per l’appunto questo periodo storico ci procura, divorandoci dall’ interno. E potrà apparire pure troppo nostalgico, troppo presuntuoso, troppo bianco, troppo fascista; ma se esistono ancora i folli e i sognatori, allora questo film è dedicato a loro.

--

--