Distopia chiama Distopia: Archangel

Quando la distopia annuncia il presente. Fra satira e realtà attraverso il fumetto.

Stefano Cappuccelli
La Caduta 2016–18
5 min readFeb 6, 2018

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Distopia chiama Distopia. Partorito direttamente dalla mente del Neuromante, nonché una delle penne fantascientifiche più influenti dello scorso secolo, colui che contribuì a dare i natali alla corrente pop underground “Cyberpunk”; William Gibson approda su IDW con un soggetto a dir poco terrificante: Archangel, in Italia edito da Magic Press.

In una realtà ucronica dove la terra è stata devastata da un massiccio impiego di armi atomiche, ciò che resta del bioma terrestre è stato inesorabilmente compromesso, rendendo de facto il pianeta invivibile e oramai tristemente irrecuperabile. Il casus belli dell’escalation nucleare è stato dovuto dall’insania di due soli uomini — a ricordarci che la premeditata fine è spesso retaggio della gesta di pochi — gli Henderson, corrispettivamente padre e figlio. Il vecchio, autoproclamatosi presidente a vita degli Stati Uniti, regna incontrastato su di una terra sterile e morente, sovrano della polvere. La resa operativa del primo sistema di spostamento spazio dimensionale, lo Splitters — o Biforcatore in lingua nostrana — , darà la possibilità ad Henderson Senior di pianificare il più grave e drastico dei paradossi: tornare nel ’45, nella Germania post bellica, e impadronirsi della prima arma a fissione della storia da impiegare poi contro i Sovietici, ancora alleati, prima ancora che questi sviluppino una capacità nucleare nel ’49. Così facendo, gli Stati Uniti rappresenterebbero nel corso della storia seguente l’unica egemonia determinata dal monopolio atomico. Naturalmente, come in ogni oppressione, c’è chi lotta.

Ciò che sorprende di questo scritto è la sua capacità di personificare l’orrore e il cinismo, sito dietro la brama di potere di un singolo soggetto; a tal punto da voler modificare il continuum spazio temporale (pronunciarlo, fa così 1.31 Gigawatts) per estendere il proprio controllo unificatore. Gibson è un luminare, va detto, ed è una delle ragioni per cui la scrittura di questo Archangel è mostruosamente alta. La definizione dei singoli protagonisti, così come dei villains è notevole, tutti adeguati alle singole situazioni, perfettamente incastrati fra loro e figurati egregiamente da nomi del calibro di Butch Guice — recentemente in combo con Lemire su Bloodshot Reborn — Alejandro Barrionuevo e Wagner Reis.

Complessivamente Archangel rappresenta un’imponente manifesto di genere, trattando la fantapolitica distopica in maniera tale da personificare un monito, un monito per l’attuale panorama sociale che imperversa negli Stati Uniti e l’ultima pagina ne definisce l’intento. Nell’edizione americana i cinque albi pubblicati fra il 2016 e il 2017 presentano delle cover chiaramente rievocative nel panorama storiografico del science fiction e rimanendo in tema, una delle analogie letterarie che più risaltano maggiormente sono quelle che accomunano l’opera di Gibson con il fondamentale romanzo dello scrittore americano Fritz Leiber: The Big Time (Il Grande Tempo) dove in una realtà alternativa due fazioni combattono una guerra cambiando corrispettivamente e parallelamente il corso della storia, mandando soldati nel passato e nel futuro e creando di netta conseguenza numerosi tesserati temporali. Il denominatore in comune, il viaggio nel tempo, rappresenta per entrambe le opere una visione estrema, catastrofista e persino bellica, dove il viaggio temporale è correlato più ad un’arma di distruzione di massa piuttosto che ad un’eccezionale ritrovato scientifico.

Il rimando letterario, così come la stessa cultura pop alla quale Gibson saggiamente attinge è piuttosto evidente, persino le più canoniche urban legends degli anni ’40 e ’50 non sono precluse, basti esaminare le sequenze che vedono il bombardiere stealth B2 comparire sui cieli berlinesi del ’45, sotto gli sguardi allucinati di chi, all’epoca, volava sopra la capitale; un velivolo geometrico e alieno! Inumano per le menti del tempo, eppure non possiamo dimenticarci delle teorie che vedevano i Nazisti in possesso di dischi volanti e aerei triangolari, le celebri Wunderwaffe (a tal proposito consiglio vivamente di recuperare la miniserie francese dal medesimo titolo scritta da R.D Nolane e illustrata da Maza, in Italia edita da Editoriale Cosmo) negli ultimi anni viste anche nella meravigliosa nuova visione del celebre shooter di casa Id Software: Wolfenstein The New Order e New Colossus, pubblicati da Bethesda Softworks. Il clamore generato ai tempi dalla presunta creazione di queste “armi meraviglia”, da parte della Germania nazista è chiaramente ripreso nell’opera, dove lo stupore originale legato alla comparsa del velivolo, lasciava spazio al timore e alla paranoia: chi ha sviluppato un’arma simile? I sovietici? in particolare se si vuole contestualizzare l’elemento storico che la serie vuole, seppur diametralmente, trattare.

Tutti questi elementi vengono confluiti in questa graffiante, e diciamocelo, anche satirica idea che è Arcangelo. Persino l’eccessiva caricatura di alcuni characters, come l’importante figura del “pilota” non è lasciata al caso; elementi provenienti da realtà dure e totalitariste che, in linea con i più tipici connotati di un regime, non prevede “eccessi”, al contrario il pilota è figurato in maniera trasgressiva, anarchica e punk, costellato di tatuaggi un po’ camerateschi, un po’ ispanici, con questo font barocco in pieno stile “mara salvatrucha” atto a richiamare il senso di ribellione.

Distopia chiama Distopia, citavo nella testa dell’articolo, forse perché è universalmente provato che qualsiasi estremo apocalittico trattato in un’opera distopica richieda della follia gelida e ponderata, non a caso la corrente nacque anche per questa ragione: identificare ed estremizzare sotto forma di pseudo satira i regimi totalitari che imperversavano in Europa nella seconda metà del ’900, elementi osservabili in opere come Noi di Ivanovic Zamjatin o l’onnipresente Il Padrone del Mondo di Robert Hugh Benson. Il totalitarismo, così come la perdita dell’individualità sotto forma di controllo dei media ed altre forme di comunicazione, sono alla base di quest’opera a fumetti, che cerca come sempre, di avvisare.

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