Gli Stati Uniti velenosi di “American Gods”

Breve riflessione sul fenomeno televisivo in onda dal 30 aprile su Starz

Giacomo Alessandrini
La Caduta 2016–18

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American Gods mostra una nazione allo sbando, un individualismo esasperato ed esasperante, una condizione di disagio negli occhi del protagonista-spettatore che di fronte al mistero smette di porsi domande. Shadow Moon, protagonista ed ex galeotto, segue Mr. Wednesday, mentore e datore di lavoro, come una marionetta: affascinato da quella personalità ancestrale in cerca di violenza e da un consapevole desiderio di redenzione. Shadow dopo tre anni di carcere viene anticipatamente rilasciato per partecipare al funerale della moglie e, per una serie di sfortunate coincidenze, incontrerà l’uomo in aereo, in prima classe, il quale si presenterà nel modo più bizzarro possibile:

“Come devo chiamarti?”
“Che giorno è oggi?”
“Mercoledì”
“Allora Mr.Wednesday andrà bene”

Nessuno sa l’obiettivo di quell’ingaggio. Perché proprio lui, perché un energumeno afroamericano appena uscito di prigione dovrebbe interessare a qualcuno? I protagonisti della serie sono schiavi dei propri ruoli, divinità che per vivere necessitano di lottare in un regno sotterraneo popolato da precari idoli. Vecchio e nuovo a confronto, di questo parlano Bryan Fuller, Michael Green e Neil Gaiman: progresso. Non c’è progresso senza distruzione, senza annientamento; anzi, senza assorbimento. Una fusione, dunque, quella auspicata da Mr. World al termine del quinto episodio, tra culti antichi e moderni. Gli Stati Uniti e le sue industrie, i suoi successi, tra rivoluzioni tecnologiche e scampati disastri finanziari, generatori d’immortali mostri. American Gods, come le grandi produzioni via cavo, mette in scena il lato oscuro dei paradisi artificiali. Fuller già ci aveva abituato ad una profonda introspezione psicologica con Will Graham e Hannibal Lecter, ma qui osa di più; ispeziona il contemporaneo attraverso gli occhi di un protagonista-involucro che altri non è se non il cittadino statunitense plasmato ad immagine e somiglianza di un mondo che non comprende. Il velo può essere squarciato solo dall’accettazione del mistero, per tornare alle battute iniziali.

La direzione della fotografia risalta e mette in contrasto due realtà: le fredde luci delle desolate strade americane si oppongono a quelle calde degli interni, dove le scene di dialogo trionfano. La scelta cromatica verte sul rosso: dal sangue nei primi minuti del pilota al magma della fucina di Vulcano nell’ultimo episodio trasmesso (A Murder of Gods). Sarà guerra, dal primo all’ultimo frame. Le sequenze in slow-motion, strappate all’impeccabile regia del precedente e sottovalutato lavoro di Fuller (Hannibal), creano un effetto paranoia che muove la curiosità del pubblico verso una dimensione onirica che male s’incastra con i paesaggi urbani descritti.

Czernobog

Il primo elemento interessante della nuova serie Starz (in chiaro per chiunque abbia un abbonamento Amazon Prime, anche in Italia) al quale abbiamo solamente accennato, è rappresentato da un’inedita trinità di antagonisti: Mr.World, Media e Technical Boy. Mr.World ricopre una posizione di comando, impartendo ordini al resto del gruppo. Freddo e spietato, è l’uomo che appare e scompare, il mastro burattinaio che muove le fila. Un calcolatore misterioso, che deve parte del proprio carisma, per come appare sullo schermo, a tre caratteristiche fondamentali: l’abbigliamento, il fascino dell’interprete e le speculazioni circa il suo essere onnisciente. Mr.World simboleggia il Web, che crea e inghiotte, manipola e plagia, fonte costante d’informazione e specchio della democrazia. Cerca il confronto con il nostro personaggio, mai si scompone dinanzi a quell’invito al massacro auspicato da Wednesday. Veglia sugli uomini, è la summa del sogno americano e con ferrea ostinazione cerca la pace tra le parti. La sua eleganza è pari soltanto al suo desiderio di controllo sulle masse.

Media rappresenta la società dello spettacolo di Guy Debord, la personificazione dell’intrattenimento, cinematografico, televisivo e musicale. La vediamo presentarsi come una diva di Hollywood, come una rockstar, come una dea ammiccante alla quale difficilmente possiamo resistere. Con un bacio strappa via gli incisivi a Technical Boy, per vendicare l’affronto di quest’ultimo a Shadow Moon in chiusura di The Bone Orchard. Si sposta tramite i canali televisivi, i numerosi strumenti di comunicazione; seducente e comprensiva, invita Shadow ad unirsi alla causa: riprogrammare la coscienza dell’uomo per sorvegliarne il futuro. Cosa significa? Un totale controllo sulla nascita di nuove divinità: mantenere il potere.

Technical Boy è il trend, l’aforisma da Bacio Perugina, lo spirito adolescenziale, l’MTV Music Awards, l’e-cig, l’ultimo smartphone di Cupertino. Aggressivo, irrequieto, brutale: non pianifica e agisce d’istinto. Un ragazzino biondo e dagli occhi chiari, viso vagamente familiare, la canaglia che ti aspetti. Una macchietta se paragonato agli altri, generatore di caotici eventi e nulla più, muove la storia da buona pedina e si lascia andare a qualche commento sarcastico: il cane da tenere a bada, il millennial insoddisfatto.

Mr.Wednesday

Il secondo elemento su cui riflettere è dato dall’origine dei personaggi: esclusa la trinità del “male”, nata e cresciuta su suolo americano, sono tutti migranti. Le stesse divinità egizie, norrene, slave, citate e presenti sia nel romanzo che nella serie, sono in America perché costrette da quel “richiamo di fede” di un popolo in continuo movimento: la storia della razza umana. In vero è stata fatta una scelta coraggiosa, passata sfortunatamente inosservata: l’unico personaggio ligio al dovere, mosso dall’amore, sinceramente rispettoso del prossimo e con una parola di conforto pronta in bocca, è un ragazzo musulmano di umili origini, Salim, guidato da un profondo senso religioso; in A Murder of Gods l’osserviamo pregare e chiedere l’intervento di Allah, in scene che riportano alla mente il miglior Kareem Said in Oz, quando l’Islam non veniva associato al terrorismo. Non siamo qui per parlare dell’esplicita scena di sesso tra Salim e il Jinn, del quale si è già inutilmente parlato in altre sedi, ma per riflettere su questa scelta decisamente controcorrente e rischiosa. Piuttosto che parlare dei singoli episodi, delle solite speculazioni circa la struttura narrativa e la fedele trasposizione del romanzo, ci preme indagare su questi dettagli, cioè su come una serie riesca a differenziarsi dalle altre nel panorama attuale (non solo quindi per i nomi coinvolti). E’ difficile dare un giudizio su American Gods, vista l’altalena qualitativa in continua oscillazione tra il mediocre e l’ottimo, per colpa di una cattiva calibrazione dei ritmi e un’eccessiva teatralità nel presentare i fatti. Non ci resta che aspettarne la conclusione, magari per vedere se e come evolveranno i temi caldi (immigrazione e manipolazione della realtà), vero fulcro d’interesse per una produzione di ampio respiro che, ahimè, spesso, inciampa su una scrittura televisiva troppo legata al testo e poco all’immagine.

Mr. World

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