Harley Quinn e l’ammiccare ai Demoni

L’adattamento cinematografico dello squadrone di cattivi della DC è stato un vero disastro. L’unica a salvarsi (e a salvare gli incassi) è stata la Harley Quinn interpretata da Margot Robbie. E non a caso: il personaggio modellato dalla Warner Bros contiene tutti gli elementi necessari a risvegliare lo spirito sessuale dello spettatore.

Luca Badaloni
La Caduta 2016–18

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Quali possono essere le motivazioni che spingono una persona a guardare Suicide Squad? La passione per i fumetti? Certamente. Il fan accanito si chiederà: “Chissà come sono stati resi cinematograficamente i personaggi che amo tanto…” e da qui si può passare al seguente ragionamento: la trama è già percepibile da trailer e social network e se ne può dedurre la centralità delle personalità “cattive”. Si prosegue ancora con: “per quanti cattivi la DC abbia creato, in un film del genere, sicuramente spiccheranno il Joker e Harley Quinn. Personaggi iconografici della casa di produzione fumettistica di Burbank.” Ed effettivamente, a parte Deadshot, a tutti gli altri personaggi viene data la stessa importanza dei contorni culinari. Restringendo ancora il campo si può fare un’ulteriore considerazione: Jared Leto, l’interprete di Joker, si trova in una posizione difficile. La difficoltà consiste nell’ereditare il ruolo su cui son passati il Joker emblematicamente Burtoniano e folle di Jack Nicholson o quello oscuro e schizofrenico, cerebralmente Nolaniano, di Heath Ledger. Jared Leto, a cui va fatto plauso per la prova di attore, perde comunque il confronto con i predecessori, forse a causa di scelte registiche e di sceneggiatura alquanto dubbie. L’attore recita bene la sua parte… ma è la sua parte che è stata costruita senza carisma. Insomma questo Joker è semplicemente annullato dal fatto che non sembra né schizzato né cattivo, ovvero le caratteristiche che lo hanno reso famoso. Il Joker di Suicide Squad lascia lo spettatore con la sensazione di star a guardare qualcuno che cerca di apparire come qualcos’altro. Proprio per questo motivo alla fine si ritorna alla sua origine: sembra un clown poiché mima in maniera ridicola un vero pazzo o un vero cattivo. Dopo questa considerazione, per esclusione, non rimane altro personaggio significativo che Harley Quinn.

Sembra quasi una persona innocente vero? Eppure dietro un personaggio così costruito a tavolino si possono nascondere indagini sociali e psicologiche profondissime. La Warner Bros e l’intera industria cinematografica hollywoodiana ci plasma ed è a sua volta plasmata da alcune logiche di potere che si riflettono anche sul cinema più banale.

L’interprete della “cattivona armata di mazza da baseball” ne esce molto meglio di Jared Leto. Margot Robbie ha giocato a fare la cosplayer e la sua bellezza non solo ha salvato lei, ma tutto il film se vogliamo. Si ha l’impressione che fra 10 anni se ci ricorderemo di questo Suicide Squad, non sarà di certo positivamente e quel poco che ricorderemo sarà soltanto grazie alle immagini iconografiche della sua protagonista femminile. Jared Leto non ha potuto godere dell’appoggio né del pubblico nerd a causa della prestazione sottotono né di quello degli “stilisti” visto il suo “look”. Ma possiamo stare sicuri invece che fra 10 anni cercheremo un’immagine di Harley Quinn, e se ne troveranno a bizzeffe di Margot Robbie sorridenti.

E questo perchè? Ci troviamo di fronte all’era dei Oculus Rift e delle sperimentazioni sugli ologrammi, la tecnologia sta facendo passi in avanti colossali in quest’ottica grazie anche alle realtà aumentate; ma diciamo subito una cosa, molto di questo lo dobbiamo all’osceno. Cosa farebbe un qualunque curioso con attrezzi di tale tipo? Facile, la risposta è pornografica.

E ricordiamoci questo la stessa definizione di “nerd” coincide con la curiosità di apparecchi tecnologici. Nel campo dell’informatizzazione la pornografia, fin dagli albori ha svolto un ruolo fondamentale e lo fa ancora in maniere sempre più raffinate. Con queste espansioni tecnologiche ci troviamo alla soglia di una figura che domina il porno: il voyeur. Il cinema, quale grande sperimentatore dei sentimenti popolari, ha subito intuito la chiave interpretativa che doveva prendere (così come lo hanno capito alcuni software come Instagram e Snapchat). Ci piace “sbirciare dal buco della serratura”; questa è sicuro una banalità così come è chiaro che la sessualità rientra in questa forma di curiosità. Cosa ci piacerebbe vedere oltre il “buco della serratura”? Ovvio, del sesso. O perlomeno dei contenuti che ne rimandano. Ma cosa accadrebbe se proprio guardando in quel buco trovassimo qualcuno intento ad invitarci a farlo, dove ogni costume rimanda alla provocazione, dove ogni spazio sociale e informativo è totalmente sessualizzato? Faremmo semplicemente retromarcia.

Il risultato esemplare è proprio Harley Quinn di Margot Robbie, vero e proprio esempio di specchietto per le allodole del pubblico sessualmente curioso; ovvero la stragrande maggioranza, volente o nolente, della popolazione mondiale.

Se dovessimo guardare un porno con lo stesso spirito con cui una volta si guardava oltre il “buco della serratura” saremmo davvero soddisfatti. Ma la curiosità è divorante e non sappiamo fermarci mai e oramai siamo arrivati al punto che il porno, o meglio l’hard, non soddisfa più. Come si fa? Lo hanno capito benissimo le case produttrici cinematografiche; si ritorna all’occhiolino ammiccante. Ricordiamoci però di non esagerare, dato che quel periodo storico dell’erotismo risale alla pin-up anni 50’ e l’ammiccamento di oggi è ben più volgare. Il risultato esemplare è proprio Harley Quinn di Margot Robbie, vero e proprio esempio di specchietto per le allodole del pubblico sessualmente curioso; ovvero la stragrande maggioranza, volente o nolente, della popolazione mondiale.

Se ripensiamo all’origine del personaggio ideato dalla DC, possiamo intendere chiaramente, senza essere appassionati lettori di fumetti, che l’estetica troppo carnevalesca del vecchio personaggio non avrebbe fatto presa sul pubblico odierno. Per quanto, ogni personaggio femminile degno di nota presenta caratteristiche sessualmente stimolanti per l’altro genere, il pubblico contemporaneo abbisognava di una giusta dose di provocazione esplicita e ne è uscita allora il risultato di Suicide Squad. Margot Robbie incarna benissimo la filosofia del cybersex che si sviluppa oggigiorno poiché è sessualmente ossimorica; Hollywood ha reso carne un sogno erotico che viveva nella fantasia, anzi lo ha plasmato irrimediabilmente. Il nerd si trova idealmente nella stessa situazione in cui Max Renn, protagonista del capolavoro di Cronenberg Videodrome, è traviato da messaggi sessuali nascosti da organizzazioni filo-governative. Ovviamente Cronenberg ha reso in fantasia quello che in questo caso è solo una piccola parte del complesso. Ma se si osserva bene, in ogni scena c’è la splendida figura da “bambola” di Margot Robbie che ammicca ai demoni della sessualità contemporanea. Marylin Monroe, il cui spirito non è mai morto, rivive oggi con grande forza, ma ha dovuto subire una metamorfosi fondata nel darwinismo sociale. Per quanto il suo mito abbia ancora oggi una carica libidica enorme, noi, pubblico “nerdizzato” del nuovo millennio, la vogliamo capace di picchiare e un po’ volgarotta, acuta ma potenzialmente schizoide. Insomma lo spirito della falsa ingenuità femminile di stampo americano ora si sta sovraccaricando di termini maschili proprio perché ciò a cui si riferisce è il pubblico “nerd”; pubblico che non sa più molto della predatoria e repressa aggressività sessuale dell’uomo anni 50’. Questo permette di andare oltre e giustificare la sempre più preponderante aggressività sessuale del genere femminile che traspare anche dal cinema. Ormai l’uomo retrocede nella pacatezza del Nerd e proprio per questo, è la donna che si fa sempre più aggressiva e sfrenata; ma l’ironia della sorte la vuole sempre legata a stilemi di mezzo secolo fa, perché le ispirazioni artistiche non si piegano così facilmente.

E voi osate pensare che i Succubi del Malleus Maleficarum non esistono? Letteralmente. La descrizione medioevale è semplicemente un pochino cambiata nel corso della storia, ora ci troviamo di fronte a casi esteriormente diversi ma altrettanto pregni.

Nella consapevolezza che cinema e porno non sono due mondi diversi, ma appartengono entrambi alla settima arte, si può comprendere allora che forse, nel futuro senza oscenità (nel senso di fuori scena), il cinema tenderà alla pornografia e viceversa (e questo lo ha capito benissimo Lars Von Trier). Questo accade proprio perché l’esposizione assoluta della carne proposta dall’informatica ha distrutto l’erotismo, il vero motore della curiosità; e quest’ultima ormai la ritroviamo o nella pornografia sempre più estrema o nella tensione del nascosto. Solo il cinema consente il piacere del “disvelamento”, poiché rifuggiamo l’automatismo della masturbazione immediata. Per sintetizzare e concludere egregiamente il discorso, un aforisma di un geniale scrittore austriaco sarebbe utile per delucidare una situazione in cui veniamo a trovarci anche al cinema:

Il feticista dell’anima femminile, che annovera il corpo della donna fra quegli oggetti che all’Esposizione Terrestre si possono soltanto guardare, ma non toccare, predicava: “Una fida anima femminile deve perciò essere difesa, protetta e salvaguardata da un baluardo di inavvicinabilità e inespugnabilità, di dignità e nobiltà d’animo, sicché lo sguardo di Don Giovanni sia costretto ad abbassarsi e a volgersi timidamente da parte! Allora finalmente la gelosia, questa orribile malattia dell’anima maschile, sarà bandita, vinta, scacciata!”. Ma un modo di vedere che non prende affatto in considerazione la capacità di desiderare di una desiderata e si aspetta tutto il male dal Don Giovanni e mai dall’anima femminile, ci introduce in un mondo estetico di bambole la cui pace dipende dal casto sguardo dell’osservatore. E allora, che spazio resterà per la gelosia? Basta un cartello che proibisca di toccare gli oggetti esposti; e allora l’erotismo sarebbe la valutazione oggettiva di una linea di spalle, della forma di un naso, di una mano. Ma nel nostro mondo le bambole diventano o vive o isteriche. Dipende dal rigore delle proibizioni. La inavvicinabilità è avvicinamento e l’inespugnabilità è sfida. In caso di bisogno anche la dignità può valere da allettamento e la nobiltà d’animo da lasso.

La nostra bambola Margot Robbie è l’isterica protagonista di un canone sessuale derivato; frutto di secoli di proibizioni che convergono in questa figura in parte archetipica. Con il nostro sguardo scrutatore ne siamo schiavi e per questo vicinissimi nell’idolatria indotta. Un qualcosa che era solo in nuce dentro di noi, ha preso forma e si è fatto carne ancora una volta ed ora ci ammicca maliziosamente in ogni cartellone pubblicitario. E proprio con questo senso di dipendenza, ormai spudorata, da una sessualità disvelata anche nel cinema, che ci rendiamo conto che Cronenberg, forse, tramite discorsi tanto ideali quanto utopicamente folli, ci ha catapultato nella realtà del quotidiano. Si potrebbe anche dire, seguendo Foucault, che i messaggi di Videodrome ci sono e non ce ne accorgiamo proprio perché di fatto sono sempre sotto i nostri occhi. Per ritornare con i piedi per terra e nella più cinica materialità, basta dire che Suicide Squad è un film atto a soddisfare esclusivamente il nostro becero voyeurismo nei confronti di Margot Robbie. Sappiamo benissimo che l’attrice non fa altro che svelare con la sua procacità un demone che sta dentro di noi e mai potremo controllare. A questo punto, con una sana presa di coscienza, ci si rende conto che, grazie alla carne di Margot Robbie, si compie un viaggio dritti verso l’inferno di Rimbaud, dove: “Una sera ho fatto sedere la Bellezza sulle mie ginocchia. — E l’ho trovata amara. / E l’ho ingiuriata. / Io sono fuggito.”.

E noi fuggiamo nei meandri dell’immaginazione più cinica e sporca… mentre le schiere abissali sorridono soddisfatte delle nostre bassezze.

E di fronte all’ammiccare dei demoni al nostro piccolo regno di demenza e minuzie basta ricordare che: “Ci sarebbe più innocenza nel mondo se gli uomini si sentissero responsabili di tutte quelle cose per cui non possono fare niente.” Karl Kraus

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