Il Profeta Velato — Napoleone Bonaparte

Per La Lepre editore sono oggi disponibili, in italiano, alcuni scritti letterari poco noti di Napoleone. Tracce dallo spirito del mondo

Pier Francesco Corvino
La Caduta 2016–18
6 min readJan 31, 2017

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Enjoy! è un volume agilissimo di Marco Senaldi, sul tema dell’enjoyment, il godimento estetico che rappresenta un (se non il) modo contraddittorio del sentire contemporaneo, capace di giustificare i molti refusi della contemporaneità, col suo gaudente relativismo. Il discorso è inizialmente disposto secondo questa progressione retorica:

«Hegel definisce quegli uomini che svolgono una funzione di cambiamento, all’interno delle dinamiche dello spirito, individui cosmico-storici. Osservando Napoleone passare sotto le sue finestre, nel 1806, a Jena, riconosce che, su quel cavallo, in quel preciso momento, si trova l’anima del mondo, ossia un individuo che racchiude in sé la storia del mondo in un punctum concreto ed unico (Hegel a Niethammer, 13 Ottobre 1806, cit. in Hegel 1807, p.12) Questa visione dell’individuo cosmico-storico sembra essere in contraddizione con la filosofia della storia hegeliana: infatti la Storia si fa e si sviluppa con o senza il consenso degli individui ai suoi fini.» (p. 143)

Edito nel 2016

Ci tornerà utile, più tardi, capire dove l’autore voglia andare a parare. Per farlo, dovremo ben comprendere chi sia l’individuo in questione. Benché, infatti, il vertiginoso periodare hegeliano si innalzi in mirabolanti astrazioni, esso rimane un pensare storico; ecco perché, comprendere questo concetto, significa, anche, comprendere Napoleone Bonaparte. Non che in questa manciata di paragrafi si voglia delineare il profilo storico di una figura così rilevante e, al contempo, così sfuggevole per la molteplicità di ambizioni, di interessi e di fedi[1]; al contrario, ci prefiggiamo di esprimere soltanto un giudizio relativo, propriamente relativo agli scritti letterari dello stesso. Disponibili ora in edizione italiana per i tipi de La Lepre editore, sotto il nome collettaneo di Il Profeta Velato (Roma 2016, a cura di Carlo Laurenti), questo volumetto ci dice qualcosa di questo poliedrico condottiero; in special modo, nei punti in cui l’autore si “nasconde”, i quali, come vedremo, non sono pochi.

Perché dissimulare? Napoleone Bonaparte non era un grande scrittore. Probabilmente non ebbe mai l’ambizione di esserlo e d’altronde, la fortuna gli ha riservato tutt’altro posto nella storia. Gli scritti, pur preziosi, che troviamo in questo volume, sono spesso delle prose giovanili, delle variazioni sul tema di altri piccoli lavori, oppure scarne pièce teatrali, fino alle novelle o ai racconti più asciutti. Impastati di una certa teoria politica molto in voga a cavallo dei due secoli, questi scritti procedono fra una certa devozione al nuovo divo delle rivoluzioni, Jan-Jacques Rosseau, ed una ammirazione più algida per i termini della realpolitik machiavelliana. Possiamo ipotizzare che, sebbene le simpatie rosseauviane si sintonizzassero armonicamente con lo spiccato patriottismo napoleonico che ci è stato tramandato, la rigida ortoprassi machiavelliana sembra dover tener le redini della faccenda. Quel che è certo, è che l’accurato lavoro di inquadramento storico-critico fatto dal curatore è quantomai indispensabile, per una produzione simile.

Ecco allora che, se Bonaparte mette in scena, teatralmente, la causa rivoluzionaria per bocca di un militare, arriva diritta la risposta del Marsigliese anti-rivoluzionario, che ha subito sulla sua pelle la violenza dei «Montagnardi»; tanto più che il pacato alterco termina con la compartecipazione di altri due personaggi, che sconfessano ambo le posizioni in favore del beneficio del dubbio. L’unica coordinata che rimane sempre salda è l’idea gloriosa di Repubblica. A questo punto invece, dobbiamo tornare all'inizio del volume e rileggere La Maschera Profeta: epica narrazione del tracollo di un leader carismatico, che tradito dalla sua mortalità, si cela dietro una maschera, divenendo soltanto l’ombra della sua autorità. Sarà proprio tramite questa, però, che condurrà le sue genti verso l’oblio.

Che nessuno ci passi la metafora, non intendevamo certo dire che possa tralucere, in queste pagine, la manzoniana fine di Napoleone il grande. Volevamo, anzi, corredare questo racconto di un ulteriore poscritto. Se possiamo ritornare sulla convinzione che Napoleone fosse, oltre che avido lettore, anche abile ri-propositore di tendenze letterarie della sua epoca (vorremmo citare, perché ci pare trasparente, anche Chateaubriand), dovremmo trovare, ora, il novum della sua scrittura. Banalmente, ci troviamo davanti al fatto compiuto della sua fama; il nuovo della sua scrittura è la sua esperienza di stratega, la sua sagacia tattica e la sua capacità di astrarre dai suoi tempi, dando, così, anche ragione ad Hegel; per quel che vale. Questo vorrebbe dire che, invece di essere un mero esercizio di stile, questi scritti possono essere un tassello importante per comprendere una figura così mercuriale, che si è anche cimentata nella scrittura.

Torniamo allora al volume di Sanaldi, che ci indica il proseguo del suo ragionamento:

«Hegel lascia intendere che nemmeno i Napoleoni sono adeguati alle attuali condizioni di vita, perché cercano di rifarsi al passato (con la storia della Repubblica e dell’Impero) in un mondo dove lo Spirito ha trionfato sulla Storia e dove solo il presente è fresco (Hegel 1817–29, p. 680) ed è per questo che oggi non vi sono più Omero o Dante o Ariosto, per cantare quegli eroi. Ma se oggi l’artista non può andare a prendere il contenuto altrove, se l’artista riceve il contenuto da se stesso, non è questa la prova evidente che il futuro dell’individuo cosmico-storico sarà proprio l’artista, il cui successo non deriva da una momentanea opposizione ai fini della Ragione, ma da una durevole adesione (più o meno consapevole) alle sue strategie?» (p. 145)

Questo per giustificare, su di un piano diverso da quello strettamente critico, la non “artisticità” della prosa napoleonica. Questo per palesare la sottile arte politica in cui lo stesso ha saputo primeggiare e che permea, quindi, le sue opere; sottile arte, però, che non è riuscita a rendersi impermeabile all’”artisticità” di una realtà che è, fatalmente, caos e contraddizione. Non stupisca quindi, leggendo questo volumetto, di non trovarsi di fronte al nuovo Foscolo, ma, anzi, si ringrazi di poter entrare dritti dentro alla Storia, così a buon prezzo.

Come a dire, serve ancora a qualcosa sottolineare come Bonaparte, per la perizia del racconto di guerra, ma, poi, del tutto arbitrariamente, faccia di Omero un generale militare? E come, su questa qualifica, tessa l’elogio dell’Iliade (iscrivendogli addirittura carattere di fonte storica)? L’illustre parere del Traduttore, Ettore Romagnoli, cade come una scure sulla faccenda: una simile affermazione fa il paio con la perizia anatomica che rende Omero un medico e la giustezza nella descrizione del mare che rende Omero marinaio[3]. Eppure, se non dovesse giovare all'Iliade, gioverà sicuramente al nostro articolaccio, che, in questi scritti letterari, non ha potuto non imbattersi in una politica vocazione.

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[1] Per conoscere l’uomo colto Napoleone, evitiamo di nominare una delle tante monografie storico-biografiche presenti nel panorama letterario; segnaliamo, invece, alcune sue produzioni disponibili in lingua italiana, che questa edizione de La Lepre editore contribuisce a migliorare: per quanto riguarda l’ambito strettamente teorico-politico sono noti gli Aforismi Politici (UTET 1981), ma sono ora disponibili anche un Manuale del Capo (Einaudi 2009), nonché alcune operette di carattere più storiografico come le Memorie della campagna d’Italia (Donzelli 2012) o quello sulle Guerre di Cesare (Salerno, 2005). Per quanto riguarda, invece, il lato più strettamente speculativo dello stesso, diremo a tratti edificante, sono disponibili le sue Conversazioni sul Cristianesimo (Riuniti 2004 e ESD 2016).

[2] E.Romagnoli, Prefazione a [Omero], Iliade, Zanichelli, Bologna 1923, p. 51 (LI).

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