Il sistema Nemesys e il problema della scelta

Breve riflessione intorno al Nemesys System introdotto per la prima volta in Shadow of Mordor e in Shadow of War.

Luca Giovagnola
La Caduta 2016–18

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Nel 2014 uscì Shadow of Mordor, un action RPG sviluppato da Monolith Productions e da Behaviour Activity e distribuito da Warner Bros.

La trama del gioco, pur ispirandosi all’opera di J.R.R. Tolkien, mantiene di fatto una struttura propria. Nello specifico, nel primo capitolo della saga il protagonista Talion, un semplice capitano di guardia, si innamora della principessa di Gondor. Il padre di lei, contrario al matrimonio, lo sta per condannare a morte quando scopre che la figlia è incinta. Di conseguenza decide di spedire Talion, insieme alla sua famiglia, nella zona della Terra Nera. Nottetempo avviene un’incursione degli Uruk da Dol Guldur a seguito della quale Talion e la sua famiglia vengono catturati e uccisi. Il nostro eroe però non muore, ma si risveglia in una sorta di limbo dantesco dove incontra lo spettro di un signore elfico: Celebrimbor conosciuto come il Creatore d’Anelli.

I due si uniscono per vendicare la morte della famiglia del primo e il desiderio di conquistare Mordor del secondo, creando un protagonista che è metà spettro e metà redivivo. Questa natura ibrida gli conferisce poteri che derivano da entrambi le parti — come la capacità di gettarsi nel vuoto, piroettare simulando una specie di volo, arrampicarsi sulle pareti in stile Assassin’s Creed o colpire violentemente con la spada i nemici. I pareri raccolti dal titolo sono passati da “merchandising legato alla trilogia dell’anello” a lodi ben più entusiastiche che hanno iniziato a ritenerlo come uno dei migliori giochi ispirati alla storie tolkeniane.

Ed infatti, accettate alcune storture e bug, il successo non tardò ad arrivare. Fra una grande giocabilità, un’eccellente cura per i particolari e un notevole impatto grafico, l’aspetto più interessante e innovativo fu senza dubbio l’introduzione del sistema Nemesys. Nel primo capitolo della saga questo sistema si limitava a far sì che certe scelte precludessero determinati sviluppi e ne favorissero altri per quanto riguarda lo sviluppo della trama — ad esempio scegliere di conquistare un territorio al posto di un altro permette di incontrare differenti tipologie di nemici. Potrei arrivare a dire che è questo quello che succede (di norma) in ogni gioco interattivo che permette scelte multiple: se il giocatore sceglie un percorso ne esclude un altro, differenziando l’esperienza di volta in volta.

Da questa situazione abbastanza comune si è passati, nella campagna pubblicitaria del secondo capitolo, ad una serie di spot in cui la frase dominante era “Nothing will be forgotten”. Il che ci (ri)porta all’oggetto di questo articolo: il sistema Nemesys. Esso viene presentato non più come un “banale” sistema di scelte, ma come una vera e propria intelligenza artificiale che monitora tutte le decisioni del giocatore e che in base a queste struttura il gioco. Talion, per conquistare il territorio di Sauron, si ritrova ad avere il potere di assoggettare gli orchi e far scendere in battaglia al suo fianco i migliori guerrieri dell’esercito di Mordor.

Gli orchi sono organizzati in tribù, ognuna delle quali presenta una sua gerarchia interna e possiede delle caratteristiche peculiari: troviamo infatti gli allevatori di animali feroci, quelli che forgiano armi, quelli che uccidono nell’ombra, etc. Il nostro Talion dovrà conquistare alleati del suo stesso livello da una qualsiasi di queste tribù, fino ad arrivare a sconfiggere il boss di turno della zona e impadronirsi di un appezzamento di Mordor.

Prima di continuare al riguardo vorrei togliermi due sassolini dalla scarpa: sfortunatamente il sistema permette di conquistare solo orchi di un livello pari al nostro finché non si guadagnano un tot di punti e non si viene considerati in un rank successivo, il che rende il gioco molto simile al primo all’inizio e molto facile dopo svariate ore di gioco — e anche le sfide non sono particolarmente impegnative a meno che non si vadano a cercare nemici più forti (SPOILER: i Nazgûl menano, i Balrog no… anzi sono gli altri a menarli al posto tuo). Secondo sassolino: anche Shadow of War ha un ampio numero di componenti shoppabili che però sono oltremodo inutili dal momento che comprare gemme, o altri attrezzi per potenziare gli orchi alleati, ne cambierà sì gli attacchi, ma non produrrà effettivi e tangibili cambiamenti né per le vostre sorti in gioco né per quelle dei vostri avversari; inoltre ogni singola gemma viene presentata come avente la possibilità di modificare in maniera impercettibilmente importante (notare l’ossimoro) il mood di gioco. Ma no, non ci riesce.

E ora, squilli di trombe: IL SISTEMA NEMESYS!

Per rendere il mio pensiero chiaro al riguardo ho creato questo disegno (che è più brutto di un Uruk-hai investito da un TIR) con Paint. Ogni pallino colorato rappresenta una delle dieci caratteristiche che il sistema Nemesys gestisce. Ossia: livello, abilità, tratti fisici, voce, attacchi, armi, tribù di appartenenza dell’orco, relazione con Talion, nome, ruolo svolto nella tribù di appartenenza. Questi colori si scambiano tra di loro, per cui uno può sostituirsi all’altro in ognuna delle orbite dei cerchietti verdi. In modo da mantenere un equilibrio, è possibile scambiare un blu di un cerchio per un altro, ma non è possibile che un solo cerchio abbia anche solo due blu o due gialli. I colori rappresentano le caratteristiche, interscambiabili tra di loro, degli orchi e questo porta ogni giocatore a confrontarsi di volta in volta con nemici diversi che sono il frutto della combinazione di queste caratteristiche. Questo, in teoria, implica che le scelte del giocatore avranno un peso nell’economia di gioco: se Talion decide di uccidere tutti i suoi nemici, oppure di conquistarli tutti, qualcosa dovrà pur succedere! E intendo qualcosa di importante. Qualcosa che cambi le sorti del gioco. Invece, qualunque scelta farete, il finale sarà lo stesso: una missione dopo l’altra, fortezza dopo fortezza, arriverete (SPOILER) a sfidare Sauron. Questo aspetto è drammatico perché a (ri)sentire le pubblicità precedenti l’uscita del gioco, quelle che affermavano che “ogni scelta avrebbe avuto un peso”, ci rendiamo conto che tutto questo non si verifica: poiché ogni scelta fatta avrà effetto solo sulle caratteristiche degli orchi, ma non cambierà gli esiti del (nostro) gioco. Riprendiamo lo schema di sopra: se, per esempio, ci fosse la possibilità di mettere tutti i pallini blu in un solo cerchio verde potrebbe comportare la creazione, attraverso le nostre scelte, di un mostro imbattibile. Quanto detto determinerebbe una scelta di gioco! Di conseguenza: scelte scorrette potrebbero comportare l’impossibilità di portare a termine il gioco. Perché credo che questo sia importante? Perché è dalle conseguenze delle nostre scelte, quindi dal loro relativo peso, dall’eccitazione e dalla paura di sbagliare, che dovrebbe dipendere la capacità di un gioco di farci restare attaccati allo schermo. Il sistema Nemesys, invece, cambia solo l’ordine degli addendi per lasciare immutato il risultato finale.

Personalmente credo che certe situazioni vadano inquadrate in un contesto più generale che prenda in considerazione la natura stessa dei videogiochi. Nei quali da una parte c’è la necessità di creare un’esperienza avvolgente e realistica, ma dall’altra ha bisogno di creare un prodotto soddisfacente per l’acquirente— dato che i costi di console e gioco non sono proprio ridottissimi. Di conseguenza è difficile creare un prodotto legato all’intrattenimento che a un certo punto ti dica “amico, hai fatto un sacco di scelte di merda, ora cancella la partita e ricomincia daccapo, perché così non puoi andare avanti”. La Monolith, al DayTwo, si troverebbe invasa da orde di videogiocatori frustrati. Eppure il dolore e la delusione provocati dall’aver sbagliato scelta sarebbero “reali” e non solo “virtuali”. Sarebbero davvero la conseguenza di una serie di processi logici sbagliati.

Forse la software house, in linea con i competitor del settore, ha notato quanto i suoi costumers siano restii ad accettare pacificamente le sconfitte, abbracciando una filosofia (meno impegnativa, meno cerebrale e più guidata) di gioco completamente differente — come anche chi gioca su LOL o su Minecraft più in solitaria che in gruppo e quando è in gruppo non riesce a fare gioco di squadra. Di fronte a questo viene da chiedersi quanto l’intrattenimento videoludico cambi il comportamento umano e quanto il comportamento umano ispiri i videogame. Ma questo significherebbe aprire un discorso vecchio come quello del “è nato prima l’uovo o la gallina?” e non è l’occasione giusta.

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