Intervista: dellacasa maldive

Un’intervista veloce e fresh alla band super fresh dellacasa maldive

La Caduta 2016–18
8 min readJul 25, 2018

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Ho scritto a Riccardo qualche giorno fa, perché il suo progetto dellacasa maldive mi è sempre piaciuto molto e, conoscendolo dai tempi dell’università, organizzare l’intervista è stato molto facile. Ho scelto il Rainbow Cafè di Milano, il mio ufficio/seconda casa e lì, in un caldo vulcanico, abbiamo aspettato che arrivasse anche Edoardo, il tastierista, per supportare, con un’attitudine saggia e silenziosa, le mie domande. E come al solito ci siamo persi tra i nostri pensieri.
Riccardo suonerà in solo con dellacasa maldive l’8 agosto nel meraviglioso Carroponte di Milano nel MxM Festival, insieme ai nostri amati Pashmak e Younger & Better.

Ci sono rimasto molto male che non ho ricevuto neanche un trasferello dei tuoi..

R: No davvero? Però se vieni a Mare Culturale Urbano questo sabato te ne dò quanti ne vuoi. Anche se sto vedendo che la gente fa fatica a toglierseli, un amico se l’è applicato sul collo e ieri mi ha chiamato in panico perché non riusciva a levarlo.

Mi sa che non lo voglio più allora. Ma un “dellacasa maldive for dummies”?

R: Ciao, sono Riccardo Dellacasa, il progetto è dellacasa maldive ed è la band super fresh in cui suono, formata da me, Edoardo di Roma, Dario di Lavagna e Davide di Milano. Siamo metà qui e metà sparsi per l’Italia. Comunque il progetto è nato perché ogni lunedì io avevo le prove con gli Wemen (di cui è bassista ndr), ma capitava che saltavano, quindi mi mettevo in camera a scrivere cose mie. In particolare mi sono fatto ispirare da un ragazzo conosciuto a Genova, Davide, che una notte ho conosciuto e mi ha raccontato dei suo viaggi, fatti e non, della sua ragazza..

Mi ha affascinato molto il fatto che in una notte a Genova, chiacchierando con questo nuovo amico, ti sia nata l’idea del tuo nuovo progetto. Mi racconti bene cosa è successo?

R: Mi trovavo a Genova perché ero in tour con Verano e, non avendo voglia di dormire, sono uscito dall’albergo a fare due passi in notturna e lì, chiedendomi una sigaretta, ho incontrato questo Davide e tra una roba e l’altra stava albeggiando. Non ho nessun contatto di questo Davide.

Moooooooooooooooooollaaaaaamiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Siete a Roma a registrare il disco: come mai in un’altra città? Avevi bisogno di staccare il cervello?

R: In realtà no, sono a Roma grazie a Edo. Lui l’ho conosciuto mettendo il tipico annuncio “cantante cerca band” e abbiamo trovato la passione comune per Ariel Pink. Quindi dopo scambi di mail e telefonate ho deciso di raggiungerlo a Roma dove abbiamo messo su uno studio a casa della nonna di un amico. Torneremo a Roma a registrare il disco nuovo, che uscirà a febbraio per La Valigetta, perché Edo ha trovato uno studio degli anni ’80 con tutta strumentazione fighissima. Ed ora da trenta demo dobbiamo capire che materiale usare.

Percorso musicale di entrambi?

R: I miei ascolti principali non arrivano dall’Italia. Sono cresciuto con la collezione di vinili di mia madre: David Bowie, Beatles, Roxy Music, Pink Floyd, Can…

E: Mio padre era musicista con uno studio in casa, quindi anche io sono cresciuto con Beatles, Abba, Beach Boys.. Poi ho provato a farmi una cultura mia, col punk, kraut-rock. La roba italiana l’ho scoperta anche io da poco, come Richi.

R: Ah ho dimenticato l’afro-beat! Francesco, l’ex batterista degli Wemen che per me è come un fratello maggiore, mi ha fatto ascoltare Fela Kuti e Tony Allen e mi ha aperto un universo. I giri di basso e il loop, riuscire a far ballare creando ripetizioni folli.

Bonazzo

Passiamo ai testi. Mi piace che da un lato riesci a stare dentro la metrica ma dall’altro la sfori anche un po’ per stare dentro con quello che vuoi dire. Per quanto riguarda le tematiche ti sei ispirato totalmente a quello che ti ha raccontato Davide?

R: Io credo che tantissime canzoni della tradizione italiana, non abbiano metriche perfette e va bene così. Ovviamente nei miei brani le tematiche sono un po’ romanzate ma sono comunque partito dai suoi racconti!

La vostra preferita?

E+R: Frigorifero!
R: Una canzone piena di immagini, dal tiro afro-beat per basso e batteria in loop che ammicca agli anni ’80 in maniera più pop.

Ma nei prossimi brani continuerai a cantare la “normalità” o stai cambiando direzione?

R: C’è chi parla dell’universo molto meglio di me! Ho dei limiti e li riconosco, quindi scrivo soltanto di quello che mi viene naturale.

L’8 agosto al MxM Festival a Carroponte suonerai senza l’appoggio della band e mi accennavi che il set che fai da solo è più tamarro. Che diavolo combinerai?

R: Sì, è un filo più tamarro, perché cerco di avere una dimensione un po’ più elettronica. Poi probabilmente prima dell’8 sarà già cambiato! Devo dire che non mi piaceva suonare da solo perché mi sentivo un po’ Jerry Calà, però l’ultima volta che l’ho fatto mi sono divertito un sacco. Mi piace anche suonare da solo perché dellacasa maldive è pop con un ritmo che ti permette di muoverti. Io voglio divertirmi e far divertire. Non me ne frega niente dei chitarroni e di fare gli assoli per far vedere quanto sono figo.

E: Anche perché io non li so fare ‘sti assoli

La tua musica ha un mood malinconico ma anche estivo/fresh secondo me.

R: A me piace ballare, la situazione club la vivo bene. Quindi mi piglia bene la ritmica, però al contempo la malinconia un po’ autoironica c’è e ci sono degli aspetti che rendono meno pesante quello che sto dicendo.

Mi viene in mente l’intervista fatta a Tunonna che cantava con ironia di tematiche malinconiche perché, come mi raccontava, lei è una persona in realtà molto triste che usa l’ironia come una sorta di salvagente. Ti ci ritrovi?

R: Io non sono triste. In questo mondo ognuno ha un problema, sta tutto nel come gestirlo. Sono un po’ stufo in questo momento storico delle persone tristi, però mi rendo conto che dalla tristezza spessi nascono creazioni artistiche. Se riesci a reinterpretare la tristezza puoi dare sfogo e crescere molto. Una cosa che mi piace della band è che siamo tutti presi bene e se c’è qualcosa che non va, stando insieme si sta meglio.

Il famoso trasferello

Musicalmente a chi vi ispirate? Io quando ti ho sentito ho pensato a: Mac Demarco, Melody’s Echo Camber e Tame Impala.

R: Mac Demarco mi piace molto, lo ho ascoltato più dei Tame Impala e di Melody’s Echo Chamber. In realtà un disco che ci è piaciuto tanto da quando io e Edo ci conosciamo è quello del progetto di Connan Mockasin con L.A. Priest, i Soft Hair. Progetti che sono più vicini al tipo di suono a cui ambisco, senza lasciare da parte tutta la parte afro. In Italia credo che le cose più vicine a quello che facciamo, con tutto il rispetto, sono Giorgio Poi e Francesco De Leo, con la differenza che noi siamo un po’ più anni ’80 ed elettronici e meno psichedelici. E poi c’è una differenza anche a livello di scrittura di brani, tendenzialmente dellacasa maldive hanno sempre i ritornelli, che per come vivo la musica sono essenziali.

Lì è anche un’abilità personale, perché se hanno la forza di rimanerti nel cervello per un giorno intero è necessario che tu li metta nei brani. Di artisti italiani invece?

R: Mi piace la BBB: Battisti, Battiato e Bertè.

E: Pure i fratelli La Bionda!

R: Ah, Enzo Carella anche. E la Vanoni, disco del ’77 “Io fuori” è il disco della vita secondo me.

Tripla B sopra ogni cosa. Di più attuale?

R: Per me è difficile perché a livello di suoni non ci trovo molto nelle cose più moderne. Poi stimo tanti artisti della scena di oggi, non voglio fare lo spocchioso. Mi piacciono molto Nu Guinea, Jolly Mare, Auroro Borealo e Greg Dallavoce.

Negli Wemen la lingua in cui cantate è l’inglese, come mai con dellacasa maldive canti in italiano? La scelta della lingua è tipo un’urgenza di espressione?

R: Carlo (Pastore ndr) è molto bravo con l’inglese e abbiamo sempre ascoltato musica prevalentemente anglofona. Sì, direi che è stata un’urgenza per me. L’italiano è la lingua più giusta e più diretta per esprimerci.

Ok, da questa domanda ti chiedo quindi: hai scelto l’italiano un po’ per cavalcare l’onda di questo momento così florido per la musica nostrana?

R: La decisione reale di cantare in italiano è arrivata dopo aver suonato con Verano: lì ho trovato Anna che componeva in italiano e mi sono detto che potevo provare a farlo. Lei ha una scrittura totalmente diversa, mi ha fatto venire voglia. Si è trattata di una competizione positiva, mi ha stimolato molto. Molti pezzi che avevo scritto prima dell’esperienza con Verano erano in inglese infatti! C’è un pezzo che mi piace tantissimo che ha il testo in inglese ma non riesco a metterci un testo in italiano. Dopo aver conquistato l’Italia, al terzo disco, la pubblicheremo quando saremo in giro per l’Europa come Sfera Ebbasta (ride ndr).

Domanda che faccio sempre a tutti dai: cosa ne pensate della scena di oggi, dell’indie all’italiana?

R: Sinceramente da un lato sono contento, perché tanta gente è tornata ai concerti, tante persone non si sentivano più rispecchiate da quello che era la musica italiana fino a qualche tempo fa. Poi grazie a tre o quattro nomi una generazione si è ributtata sulla musica live. Per me andare anche a un live di Willie Peyote, che non è la mia roba, e vedere la gente che canta e balla mi fa star bene. Devo anche dire che adesso escono tre gruppi nuovi al giorno ed è impressionante. In mezzo a tutto c’è qualcosa di buono, sono contento di questo periodo: dopo anni in cui c’erano sempre i soliti a far pop ora c’è stato un cambio fortissimo.

E: La scena indie ha portato nel mondo pop commerciale la propria musica, stravolgendo gli equilbri.

Dopo una birra e un campari-tonic (il cocktail dell’estate) ci siamo persi in chiacchiere che sono andate oltre lo scopo dell’intervista: giudizi, scambi di opinioni, battutine, battutone e battutacce. I ragazzi stanno bene, sono fres(h)chi e hanno la voglia di spaccare tutto. E penso ce la possano pure fare…

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