Invadiamo il Kekistan

Da 4chan all’alt-right al comizio di Salvini. Perché la bandiera del Kekistan non triggera proprio nessuno

Andrea Capodimonte
La Caduta 2016–18

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Parto da subito col video. Un ragazzo molto giovane col cappellino Make America Great Again, gli occhialetti, foulard della Lega intorno al collo e bandiera sventolante del Kekistan. Un ragazzino tutto pronto a farsi riprendere e lanciare il suo messaggio sui social network, con una voce timida, ma convinta.
Minuto 2:27. L’ironica ed esigua parata dei kekistani si fa riprendere dai cellulare e fotografare per «caricarle tutte sulla pagina» Facebook, su Dio Imperatore Salvini, traduzione letterale di God Emperor Trump, già famosa in Facebook Usa; poi arriva un uomo della sicurezza:
«Che bandiera è questa?»
«È la bandiera del kekistan, la bandiera della nazione di 4chan»
«Però per ora non abbiamo disposizioni a tenerle in mostra. Solo bandiere che fanno parte della manifestazione»
«Ma questa qui è legata alla Lega, diciamo che supporta non ufficialmente…»
«Però soltanto cose legate…»
«Comunque sono d’accordo anche con Morisi e con Fanelli, ci conosciamo bene»
«La metta via…»
«Sì, certo».

La paradossale ammirazione per l’America unita all’ormai sovranismo nazional-leghista, l’adolescenza nel viso, il trash salviniano: abbiamo tutto. Il video verrà poi ripreso da alcuni giornali come Repubblica che titoleranno: «E al comizio di Salvini in bella mostra la bandiera dei neonazi Usa». Così partono le risposte immediate di tutti i media dichiaratamente di destra, tra cui lo youtuber Donadel:

Donadel, ripreso poi in un post di Salvini, nel suo video di 6:08 minuti, sostiene che quel giovane ragazzo carico d’amor politico, uscendo alla manifestazione di Salvini con la bandiera del Kekistan, sia riuscito a “trollare” i media «di sinistra» facendogli credere che quella bandiera rappresentasse qualcosa che in realtà non rappresenta. Il cortocircuito per lui sta in questo: inaffidabilità dei media mainstream, loro implicita corruzione col sistema partitico, che sono le stesse questioni contestate da Forza Nuova negli ultimi mesi, a più riprese. Trollaggio come atto dimostrativo dell’inutilità del giornalismo moderno, poiché c’è solo automatismo nel riportare le notizie, il che crea delle fake-news, come secondo lui, anche in questo caso.

Ora, quello che veramente mi stupisce in tutta questa storia, è l’intenzione di sembrare originali con un meme che è stato normizzato da tempo e che è diventato per la logica dei meme un cancro, un meme non più utilizzabile, che non appartiene più solo ad una nicchia di persone, che ha perso il suo significato originario condividendolo con la grande massa. Quando Donadel dice che non gli va di approfondire cosa sia la rana legata al Kekistan, lo fa perché è un’omissione di un certo peso. Pepe the Frog è stato un simbolo di cui si è appropriata una certa frangia politica, quella che viene ormai indicata chiaramente come alt-right, che ha costretto l’autore originario della rana a sconfessarla, dichiarandola morta definitivamente. La bandiera del Kekistan ha subìto più o meno lo stesso processo, con l’unica differenza che questa è stata una bandiera con funzione politica fin dall’inizio, passata dall’essere uno sfottò agli antifa, fino a diventare una bandiera presente anche durante i fatti di Charlottesville, ormai pienamente adottata da correnti della destra americana. Lo stesso Andrew Anglin, un ideologo dell’alt-right, in una sua biografia, enuncia chiaramente:

“Dal mio punto di vista, l’attuale identità della Alt-Right origina dalla cultura dei meme e del trolling che vide la luce su 4chan negli anni 2000 — scrive Anglin sul Daily Stormer — dove le moderne tecniche di trollaggio hanno avuto origine”.

La domanda da porsi a questo punto, visto le critiche dei media di destra: è appropriato dire che la bandiera acquisita culturalmente dall’alt-right equivalga esattamente al neonazismo? C’è da ragionarci, di certo non può spiegarsi in un titolo di 4-5 parole, ma pensavo che questa non fosse una cosa shockante nel 2018, dopo tutte le discussioni politiche, dopo essere stato l’argomento principale del 2017; proprio non capisco, qualcuno dovrebbe infuriarsi scoprendo che i titoli tendono a generalizzare e che i giornali e i media schierati riportino notizie partigiane? Quindi? Anche Donadel fa parte del sistema giornalistico, tant’è che scrive anche per Matrix, già dal video sulla rotta dei migranti che tanto ha fatto scalpore. Ci dovremmo stupire che Donadel faccia delle notizie di destra? Non credo.
Allo stesso modo: ci dovremmo stupire che una bandiera adottata dai suprematisti bianchi americani sia comparsa ad una manifestazione di sovranisti italiani antieuropeisti? E perché mai? Dove sta il cortocircuito?
I miti classici in età moderna sono più che scomparsi, gli Usa da almeno 200 anni creano narrazioni — e quindi miti — a volte a sfondo politico, a volte d’intrattenimento (vedi Marvel), spesso unendo lo spettacolo alla politica. Niente di nuovo. La macchina mitologica serve a creare dei gruppi che si riconoscono in quel mito, che quindi iniziano ad unirsi e a condividere nell’immaginario simulacri di quel mito in cui ci si identifica.
Sul fatto di rivendicare un meme ci tornerò dopo, poiché credo che il cuore della dichiarata trollata stia solo in questo, poiché è qui che risiede la cripticità, nascosta, del messaggio.

Il video di Donadel ricondiviso da Matteo Salvini su Facebook.

Torniamo al video. Il nostro giovane eroe, quando viene intimato a mettere via la bandiera, fa due nomi, due sue conoscenze: quello di Morisi e forse (non si sente benissimo — giudicate da soli) di un certo Fanelli.
Di Luca Morisi, il responsabile della comunicazione di Salvini, avevo già parlato qui, concentrandomi sul predominio dell’immagine di Salvini su internet.

Già questo ci dimostra abbastanza quanto quello che è stato descritto come qualcosa di apolitico, anche da Butac, era in realtà, fin dall’inizio, organizzato da chi tesse le narrazioni di Salvini. Questo tipo di trolling non è fine a sé stesso, non vuole creare solo caos e confusione, non crea nessun cortocircuito, è così, già dichiarato fin dall’inizio, non c’è nessun layer di ironia. Per dimostrare che questo trollaggio non è stato efficace basterà pensare alla canzone di Bello Figo, Referendum Costituzionale (SWAG NeGri), che è stata presa male dai neofascisti, dai salotti della Mediaset, dai grillini, ma allo stesso modo è stata presa male anche dal fronte del #bastaunsì, perché impossibilitata a rivendicare una canzone così apparentemente scorretta rispetto al sentimento nazionale, così perculatoria verso chiunque. Cazzullo addirittura è arrivato a dire che Renzi ha perso proprio per colpa di Bello Figo, ed insomma, quello è stato un vero e proprio atto troll, capace di mettere in risalto le ipocrisie e allo stesso tempo rivendicando la propria autonomia d’azione. Bello Figo è un contenuto originale. Il Kekistan è roba da normie, poiché lo stesso 4chan dopo l’ascesa di Trump ha perso la sua forza, risucchiata anch’essa da quel potere che tanto pensava risiedesse in pieghe occulte della realtà.

Il secondo nome invece, come dicevo, potrei anche averlo ascoltato male, ma sembra essere quello di Fanelli. Anche se non ne sono certo, vi racconto quella che dichiarerò essere solo una suggestione, che mi è arrivata senza troppo cercarla. Un Fanelli me lo hanno lanciato addosso, così:

L’utente si è premurato di rispondere ad un mio commento in cui avvertivo Butac di fare attenzione, perché stava semplificando una questione che ha invece molte sfaccettature, che vive proprio sull’ambiguità dell’ironia, inviando messaggi ben precisi attraverso delle battute, facendo passare il tutto per una semplice critica al politically correct. Il link postato dall’utente con la bandiera del kekistan è un link che reindirizza a questa pagina Imgur:

https://m.imgur.com/oId87vU

Entrando poi sul sito si arriva all’articolo del blog: “Onore alle truppe del Kekistan”, che parla proprio della sfilata del Patriota col cappellino. L’articolo che mi trovo di fronte è bello farcito di effetti retorici. Ad esempio il significato del meme viene attribuito e congelato nel significato originario dato dai creatori del meme ancor prima dell’imprevedibilità semiotica che comporta la viralità, quando è ben noto che il significato del meme non è affatto relegato a nessun significato preciso, benché meno al suo significato iniziale, poiché il significato di un meme è deciso dalle sue varie trasformazioni, ed acquista valore nel momento in cui questo viene utilizzato con un determinato fine comunicativo in tutte le sue gradazioni. Alcuni meme, col tempo, sono divenuti appannaggio di alcuni precisi gruppi politici, tendenzialmente di destra, che se ne sono appropriati saturandoli al punto di creare ribrezzo negli altri utenti delle stesse community, poiché per quanto si provi a negare la capacità politica dei meme si dovrà sempre fare i conti con quegli elementi disturbanti, offensivi, mirati, che vengono intrecciati all’interno del meme stesso, e che vengono riprodotti all’infinito attraverso le modificazioni memetiche, e che possono essere utilizzati come delle vere e proprie pietre… Si può fare l’esempio della simbolizzazione che alcune immagini di figure della politica o dello spettacolo assumono, e che indelebilmente compromettono una significazione. Andare alla manifestazione di Salvini equivale chiaramente a connotare il meme in una direzione ben precisa. Ci sono strati di ironia? No, perché l’aspettativa corrisponde al risultato. Nessuno si sarebbe aspettato la bandiera del kekistan ad un comizio di Potere al Popolo, al contrario chiunque conoscesse la bandiera se la sarebbe aspettata ad una manifestazione della Lega. Ancora di più, il fatto che il nostro eroe abbia fin da subito chiarito che Morisi sapeva di questo atto troll, smonta definitivamente l’idea che l’uso possa appartenere esclusivamente al suo creatore, perché qui è la narrazione salviniana a tirarlo in ballo e a connotarlo politicamente.
L’articolo va poi avanti dicendo che appunto la bandiera si pone contro ogni identitarismo, quindi anche contro le politiche identitarie, che già solo per questo mi sembra prendere una presa di posizione politica bella e buona.
E dopo alcuni sproloqui sulla sinistra, sulla sua incapacita nel memare, e giù di sfottò sulle donne che non sanno ridere delle battute su di loro, arriva la parte in cui si parla dell’Europa, e si afferma:

Ora, in Italia per fortuna il delirio dell’identitarismo non e’ mai arrivato, e lo stesso succede in Europa, con la sola eccezione di una sola etnia, che ha fatto dell’identita’ il suo core business da tempo immemorabile.

Sfortunatamente, questa etnia e’ vietato criticarla, per cui mi fermo qui.

Vale sempre la stessa regola.

E siccome questa etnia fa dell’identitarismo il proprio core business (e per questo teme la concorrenza), ma non puo’ essere criticata (altrimenti sei nazista e antisemita), allora chi critica l’identitarismo e’ dipinto come nazista e antisemita.

Questa presa per il culo dell’identitarismo come ridicolo insieme di regole ignoranti appiccicate sulle persone mediante un’etichetta (spesso riferita a provenienze mitologiche come l’ AfricAmerica: i neri americani sono americani nati in america. Di africano non hanno NIENTE) offende chi ha fatto dell’identitarismo il proprio core business, e tra l’altro non puo’ essere criticato.

Per cui, si applica il detto di Voltaire. Chi non puo’ essere criticato… ha la regia dei giornali.

Ed ecco che compare il complotto giudaico massonico, dell’elite di ebrei che da sempre comanda in Europa. Nessuno che non abbia idee decisamente di estrema destra non tirerebbe in ballo questa storia degli ebrei, eppure viene fatto, senza problemi, senza la benché minima ironia. E questo articolo mi viene linkato da un profilo con la bandiera del Kekistan, come a dirmi: guarda che non c’è niente di politico, che gli ebrei dominano il mondo è vero!
L’articolo finisce con il proverbiale vittimismo dei camerati:

se qualcuno vuole perdere tempo a darmi dell’antisemita, I give a shit. Ormai una patente da antisemita ce l’hanno tutti, dalle Banane del Congo ai pneumatici da inverno, sino ai Gargoyle del Duomo di Colonia. Ne ha una ogni singolo batterio di questo pianeta. Ah, si: ne ha una anche Voltaire. Ultimamente ne ha vinta una anche Garibaldi. Ormai le patenti di antisemitismo sono date cosi’ facilmente che la mia risposta e’ semplice: “perche’, c’e’ ancora qualcuno che non lo e’?”

Ora torniamo per l’ennesima volta al video della grande parata kekkeriana. L’altro nome che viene fatto è, come sembra, Fanelli. Facendo una breve ricerca scopro che Uriel Fanelli è lo pseudonimo che si nasconde dietro questo blog, keinpfusch, che mi è stato inviato, e che a quanto pare Uriel Fanelli è una star del web che mi ero perso per tutto questo tempo. Entrando sul disclaimer del blog trovo che:

Questa pagina serve a chiarire dove scrivo e dove non scrivo. Allora, dove scrivo?

Scrivo su questo blog.

Scrivo come ghostwriter politico per un’agenzia. Circa una volta a settimana.

Scrivo come “Anonymous” su 4chan ( /bant/ , /g/ e /r9k/ ) e su alcune chat IRC di tipo tecnico

Non scrivo — e non ho tempo — in nessun altro posto. Non commento, non scrivo, non digito cose che poi finiscono su un sito X, se X non e’ questo.

Il motivo per il quale lo scrivo e’ che questo blog, essendo letto, ha generato inevitabilmente una serie di reazioni.

I narcisisti ossessionati dall’attaccarmi e insultarmi. (character assassination)

I narcisisti ossessionati che fingono di essere me per screditarmi o creare conflitti inutili.

I fan che leggono il blog.

I collezionisti compulsivi anali che collezionano tutto quello che scrivo.

Gli ossessivi che imitano il blog e fingono di essere me a fine di “propaganda”.

Si tratta di diversi tratti della personalita’ umana, e non trovo tanto strano che queste persone esistano. Personalmente credo che siano dei fenomeni molto amplificati da alcune peculiarita’ della societa’ italiana, ma rimane il fatto che non mi stupisce. In ogni caso quel tipo di personalita’ esiste anche all’estero. Non sei un abitue’ di /pol/ se non lo sai.

Ora io naturalmente non so se il Fanelli pronunciato dal kekkeriano sia lo stesso Uriel Fanelli, ma mi è comunque sembrato interessante raccontare questa suggestioni.

Di articoli che spiegano in modo chiaro l’uso del troll in politica ce ne sono ormai molti, ma mi permetto di consigliare questa controrisposta uscita su Radio Popolare. L’ultima considerazione che mi viene da fare è sulla mediocrità di questa nostra alt-right, che finora ha provato ad emergere in particolare con pagine come Sinistra Cazzate e Libertà, Figli di Putin, Radical Chich Boriosi, ma che ha finora sempre fatto grandi tonfi, non riuscendo a creare qualcosa di originale se non una campagna a zero layers sull’adorazione di Putin. Gli stessi meme sono meme da normie, roba già reciclata e cancrizzata. In questa nostra alt-right non c’è ancora una macchina mitologica di qualità, c’è solo il trash, ben lontano dalle creazione memetiche e dalle imprese troll di 4chan, che non sono esattamente stimabili, ma a cui va almeno riconosciuto un certo impatto. Per fare un paragone, per chiudere, girando per i vari gruppi e pagine che tendono all’alt-right, l’impressione è come di un déjà-vu, che si sente dopo questo breve giro panoramico: questi ragazzi che si rifanno a qualcosa di inflazionato e sicuramente mitizzato non fanno altro che ricordarmi 10 anni fa quando internet era pieno di citazioni di Bukowski e Palahniuk e, ieri come oggi, se non sei un adolescente, o se lo sei e non sei un normie, non puoi far altro che dire: sì ma che palle.

(Ho tralasciato di trattare tutti i volti che gravitano in questa galassia ironica quanto Colorado Caffé, tra cui un bravissimo cantautore che ha vinto pure Sanremo e che da tempo va a braccetto con Fusaro, col comitato no-vax e che ha ultimamente rilasciato un ballo di gruppo ultra-trash stile buongiornissimo che finisce appunto dicendo che Karl Marx è contro l’immigrazione. Non farò il suo nome, tanto sapete chi è, né metterò il video, ma ecco, se la nostra controcultura, se il kekistan da noi si inserisce in questo solco che ibrida l’immagine di Guy Fawkes e il cane del Kaffééé, beh, se voi sapete memare così, non è che ci fate proprio una bella figura, e ci vuole un bel coraggio a riciclare il the left can’t meme. Siete i peggio normie.)

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