Katana #03 🎎

Katane social contro i simulacri dei sentimenti

Edoardo Piron
La Caduta 2016–18

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Il mio rapporto con Instagram, Twitter e Facebook è dato da gran parte delle persone che ho intorno a me, che passano la giornata a guardare foto e video di persone socialmente affermate senza alcun merito. Marx sosteneva che la condivisione dei beni privati dovesse essere un punto fermo per una società senza padroni, senza alienazione data dal lavoro, senza ingiustizie sociali. Spartire quello che si ha, in vista del benessere non solo tuo e della tua famiglia, ma in vista del bene comune. Una visione semplice di un concetto ancor più semplice. L’eredità che ci ha lasciato uno dei più grandi filosofi della storia porta lo stesso nome ma è stata totalmente fraintesa: la condivisione oggi è condivisione dei sentimenti, intesa come “ogni secondo è buono per far sapere ad il più grande numero possibile di persone come io mi senta ora, quello che sto facendo, il perché, il dove, il come, quello che provo nel farlo”. Condividere per fuggire da una realtà quotidiana che è farcita di banalità; condividere per riempire quel vuoto di tutti i giorni dato da un alienazione che sì è quella marxista ma che, no, non è compresa men che meno concepita; condividere per provare un po’ ad essere artisti accettati nel modo più veloce e celere possibile; condividere per raccontare la propria esistenza che, cari miei, si dimostra un quantitativo enorme, oserei dire gigantesco, de “il cazzo che me ne frega”; condividere per soddisfare la propria dipendenza dagli occhi degli altri; condividere per “campare” (è davvero un lavoro l’influencer?), condividere per rimorchiare; condividere per trovare dell’ossigeno all’interno di un mondo che va troppo veloce e dietro il quale non si può fisicamente stare; condividere per osare, condividere per fare finta di capire. Questo è condivisione di sentimenti, la cosa più altamente soggettiva che ci sia in sto mondo infame e che, davvero, dovrebbe rimanere limitata alla cerchia di persone che può raggiungere adesso la tua voce (forse, perché magari manco ai tuoi colleghi d’ufficio o ai tuoi compagni di università fotte davvero qualcosa dei tuoi sentimenti). Il campo di battaglia della rivoluzione armata è diventato ormai quello in cui, al posto dei bastoni, si impugnano telefoni e la lotta alla condivisione non è più quella incentrata sul bene di tutti per tutti, ma il mio sentimento per tutti. Si dice “sharing is caring”, una cosa traducibile tipo in “condividere è curare”, qualcosa che andrebbe cambiato, con molta violenza, con molto forza, in “no more sharing is the new caring (please)”.

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