Katana #18 🎎

Katana cinica per i morti di morti

Edoardo Piron
La Caduta 2016–18

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Ne è morto un altro. Il solito teatrino comincia, il solito contro-teatrino contro-comincia. Chi piange Chester, chi critica chi piange Chester. La solita battaglia persa alla ricerca del giusto lato per il quale schierarsi per comprendere in che modo piangere un morto, capire se ha più senso condividere uno status “R.I.P. Chester insegna agli angeli a fare Nu-Metal” o una canzone senza usare parole; oppure tenersi questo piccolo momento per sé e, romanticamente, ascoltare la discografia che tanto ti ha graffiato l’anima in adolescenza e, ora che sei un uomo, provare ancora quel bruciore così infantile e così malato. Non so quale sia il modo giusto di affrontare la cosa, conosco solo il mio modo di farlo, che sicuramente non è un tweet di una cinquantenne finto-bionda-plastica-bamba-tv-spazzatura (se vi impegnate potete capire chi è) per la quale i Linkin Park sono quelli di “ai bbicom so namb, nanananana der” o di qualche metro-sessuale che crede che i due dischi generazionali (Hybrid Theory e Meteora), che appartengono di diritto a noi cresciuti negli anni ’00, vadano pianti ma alla fin fine Mi fa volare di Rovazzi ft. Morandi è la sua canzone preferita tra una spiaggia di Ibiza e una serata a farsi i peli sul petto e ad andare a bailar in canottierina attillata.

La gente muore ed è difficile non venire coinvolti se in qualche modo sono stati per te un mattone del muro della tua personalità, ma è anche vero che la svolta per capire e superare la questione forse è essere un po’ cinici: è innegabile quanto l’ultimo disco degli LP non fosse valido, anzi facesse orrore, soprattutto per noi appartenenti ai famosi anni ’00 (che invece, secondo me, per i twittaroli metro-sex sopracitati potrebbe anche essere disco dell’anno); è altrettanto innegabile che proprio con One More Light abbiamo avuto tutti l’impressione che qualcosa fosse morto e, la scomparsa/suicidio di Chester ne è stata semplicemente la conferma. Questo è essere un po’ cinici? Capire che la strada artistica, l’unica che ha creato davvero un legame tra noi e Chester, fosse arrivata ad un vicolo cieco? Che forse questa fosse l’unica conclusione possibile ad un percorso che ormai aveva poco di nuovo da dirci (e darci)? Alla fine era un grande artista ma che forse, a livello di scrittura, non aveva molto altro da aggiungere. E, forse lui lo sapeva, e io sorrido (e piango) pensando che, chissà, ha fatto la scelta più giusta per se stesso.

Uno sfogo adolescenziale il mio, privo di ordine e logica: un flusso che trova un senso solo in chi come me, come noi, cresciuti a pane, Meteora e tanta, tanta rabbia, riesce a fare.

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