La nuova sfida dei Mastodon: tornare a prendersi sul serio

Perché con Emperor of Sand possiamo sperare di ricevere, in futuro, altri capolavori dai quattro cavalieri di Atlanta

Lorenzo Mondaini
La Caduta 2016–18

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Quella dei Mastodon è una carriera quasi perfetta. Nati in qualche remoto garage di Atlanta agli inizi del nuovo millennio, in questi 17 anni sono stati artefici di alcune pietre miliari del metal moderno. Formazione dall’animo eclettico e camaleontico, capace di spaziare con sorprendente facilità tra le variopinte sfumature dello sludge e del progressive metal, con un’attitudine votata alla laboriosità e ai virtuosismi. Le prove sono sotto gli occhi di tutti: la durezza e la brutalità dell’apripista Remission come del seguente Leviathan; la complessità e la velocità da capogiro di Blood Mountain — considerato da molti il loro vero capolavoro; l’epicità e la ricchezza di Crack the Skye, album che segna in maniera netta l’atterraggio su suoli molto più progressive.

La tentata (e riuscitissima) rottura con quel passato propriamente sludge metal, è stata la più alta dimostrazione delle grandi capacità dei Mastodon. Un gruppo talentuoso e superiore alla media, in grado di misurarsi con destrezza in territori mai attraversati prima. Crack the Skye si poneva come atto conclusivo di un quadro filosofico dedicato agli elementi naturali (in ordine: fuoco, acqua, terra, etere). L’evoluzione stilistica avvenuta nell’arco temporale 2002–2009, rientrava dunque in un progetto artistico ben preciso e oramai completo dal quale era necessario distaccarsi.

Con il successivo The Hunter quindi, pubblicato nel 2011, i Mastodon cambiarono significativamente il loro percorso, sviando maggiormente verso lo stoner e lo sludge metal. Ma non erano solo le musiche a cambiare, bensì tutto l’apparato: come raccontato da Brann Dailor e Troy Sanders in una vecchia intervista a The Quietus, lo stesso processo di composizione del disco fu nettamente diverso. Le tracce furono praticamente scritte on the road, a spezzoni, durante il lunghissimo tour con gli Alice in Chains. In assenza di particolari vincoli compositivi o disegni superiori da seguire — The Hunter non è un concept album — nel disco andarono a confluire tutti gli stili allora scoperti dalla band, in una formula per loro innovativa e con risultati spesso sorprendenti.

Se con The Hunter si apriva una nuova interessantissima fase, con il successivo Once More ‘Round the Sun arriva il primo inciampo, se così si può definire. Per quanto sia stato sempre mantenuto uno standard qualitativo molto alto — con “carriera quasi perfetta” mi riferivo proprio al fatto che di errori fatali non ne sono mai stai commessi — è abbastanza chiaro che OMRtS si configura come la prova più debole dei Mastodon. Pubblicato nel 2014, il disco non era nient’altro che una accozzaglia di suoni e di stili differenti. Una sorta di sperimentazione “poco impegnata” diciamo: l’aspetto radiofonico prendeva il sopravvento e una nuova vena hard rock padroneggiava la scena. Un disco mediocre che lascia il tempo che trova, insomma.

È per via di questa delusione, questa insoddisfazione, che la notizia del nuovo album viene accolta con grande fermento e aspettative. Emperor of Sand viene pubblicato il 31 Marzo per la solita Reprise Records. Le novità sono molte e sostanziose. C’è un ritorno al concept album: il disco narra la storia di un uomo condannato a finire i suoi giorni girovagando nel deserto per mano di un maligno sultano. Una metafora utilizzata da Brann Dailor, batterista autore di tutti i testi, per raccontare il rapporto dell’uomo con la malattia e la morte, con la lenta e prosciugante battaglia con il cancro. Tematiche molto profonde scaturite purtroppo da esperienze vissute in prima persona dai vari membri, come spiegato in un’intervista con Rolling Stone.

“The C-word [… ] We wanted to do a concept. […] Brann’s mom’s sick, my mom’s sick. We’ve got other band members’ family members going through the same thing. We’ve had to cancel tours. We’re getting older, and this kind of thing seems more prevalent for people of our age. It’s like, ‘We can metaphorically write about it.’ Our fans are very emotionally connected to our lyrics and subject matter, especially when we do concept albums. It draws out those clairvoyant people who are like, ‘I know you’re talking to me. I went through the same stuff.” — Bill Kelliher, rhythm guitarist

Anche sul lato grafico, il ritorno al concept album è stato giustificato da una nuova versione del vecchio logo e dalla fantastica copertina, firmata Medusawolf, che ricrea sia la figura del temibile sultano, sia l’atmosfera desolante e agonizzante raccontata in Emperor of Sand.

Artwork a cura di Medusawolf

L’altra grande novità riguarda la direzione musicale. Dopo gli esperimenti condotti con Mike Elizondo e Nick Raskulinecz, la guida è tornata a Brendan O’Brien, già produttore di Crack the Skye. Con il tocco del veterano O’Brien, il caotico squilibrio di Once More ‘Round the Sun è stato spazzato via. I Mastodon hanno ripreso in mano quegli elementi stilistici che li hanno contraddistinti nella prima parte della loro carriera: tecnica, complessità, velocità. Insieme a questi, sono state sistemate le inesattezze del precedente album senza perdere lo stampo melodico e hard rock che lo caratterizzava. Anche la traccia più radiofonica, la nuova Show Yourself, suona decisamente meglio della metà dei tentativi sentiti in OMRtS.

“Show Yourself” dal vivo al Jimmy Kimmel Live!

Emperor Of Sand si presenta dunque come un pot-pourri delle varie nature esplorate finora dalla band della Georgia. È un’opera in cui il dualismo tra vecchio e nuovo convive in un miscuglio così aggressivo da ricordarci il nostalgico Remission. Contemporaneamente infatti, possiamo andare incontro a trainanti riff sludge accompagnati da parti melodiche (Sultan’s Curse), tortuosi arpeggi dal suono arabeggiante in combo con autentici tratti stoner (Roots Remain), epopee acustiche che crescono e finiscono in tele mathcore e prog metal (Jaguar’s God).

Ciò che colpisce maggiormente però è la qualità e la varietà delle parti cantante. Emperor Of Sand è il primo disco dei sette in cui le voci di Brent, Brann e Troy riescono ad alternarsi e a integrarsi in maniera armonica tra loro stesse e con le musiche. Brann e Troy specialmente hanno apportato dei miglioramenti importanti alle loro capacità canore. Il primo si è spinto come non mai oltre i suoi limiti, raggiungendo alti significativi e calibrando meglio in toto le linee vocali (Streambreather, Word to the Wise). Il secondo invece, reduce dalle buone esperienze con i Gone is Gone, ha ampliato il range della voce, riuscendo ora a gestire senza sbavature anche brusche variazioni (Ancient Kingdom, Scorpion Breath — quest’ultima vede il featuring di Scott Kelly dei Neurosis).

Con Emperor of Sand i Mastodon confermano la loro posizione tra le migliori band dell’attuale panorama metal mondiale. Dimostrano nuovamente di essere capaci di produrre dischi solidi, interessanti, di qualità; ma soprattutto di potersi correggere e di imparare dai propri errori. Ovviamente, la possibilità che il gruppo possa rimanere ingabbiato in questa dicotomia tra vecchio e nuovo, tra complesso e semplice, non è del tutto escludere. Ma con questa ottima prova, al contrario, le chance che tornino a creare nuove meraviglie sono sempre più alte.

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