Life Is Strange, come farci sentire veramente eroici e l’utopia del mondo perfetto

Raffaello Fratini
La Caduta 2016–18
8 min readAug 31, 2016

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Nel mondo dei videogiochi ormai ci siamo abituati a interpretare di tutto. Ogni sorta di personaggio di fantasia, di potere soprannaturale, di abilità straordinaria con le armi, sembra esserci diventata familiare, quasi banale. Sterminare orde di mostruosi alieni è un lieto passatempo, dopotutto la nostra armatura potenziata e il fucile con munizioni senza bossolo ci fanno sentire invulnerabili, altre volte invece abbiamo direttamente tra le nostre mani il potere degli dei stessi, come in God of War. Certo capitano anche delle volte in cui non siamo poi così buoni, e ci facciamo prendere la mano causando una strage in un mondo open world dove ci basta cambiare città per essere tornati alla nostra tranquilla vita di grinding e raccolta di loot sempre migliore. Eppure Life Is Strange, sviluppato dalla Dontnod e pubblicato dalla Square Enix nel 2015 riesce a svettare sopra questo caos di eventi all’apparenza impressionanti ma che non ci lasciano realmente sbalorditi seguendo una linea di azione semplice, ma molto efficace. Abbiamo già sicuramente rivestito i panni di un adolescente con superpoteri e grandi responsabilità, ma quante volte ci siamo trovati veramente ad essere gli eroi della gente comune e salvare le persone dalla propria quotidianità? Proprio questo rende LIS il lavoro di grande spessore che è, poichè in esso viene rappresentato il vero tipo di eroe, quello definito come l’eroe di tutti i giorni.

Mettiamo qualche punto in chiaro, LIS difficilmente ci stupisce per i suoi aspetti di gameplay o la sua formula di gioco, che rappresenta un punta e clicca episodico abbastanza tipico, sulla scia dei numerosi titoli della Telltale. Nel gioco siamo catapultati nei panni di Maxine “Max” Caulfield, una ragazza 18enne studentessa di fotografia, una persona piuttosto introversa, vagamente timida e sopratutto con spiccate caratteristiche da vera teenager geek. In quello che sarebbe dovuto essere un semplice giorno di scuola, Max assiste all’omicidio di Chloe, sua vecchia amica di infanzia che non vedeva da anni — e che neppure riconosce immediatamente — da parte di uno squilibrato alunno della sua scuola. E Max, per uno scherzo del destino, riesce a riportare indietro il tempo ed impedire che l’omicidio avvenga, dando inizio all’avventura del gioco. Sì, in LIS abbiamo veramente la capacità di riportare indietro il tempo in maniera quasi indiscriminata, ma durante l’intero svolgimento dell’opera il potere di Max non la rende una vera e propria supereroina. Non abbiamo costumi dal dubbio gusto estetico da indossare né una nemesi dotata anch’essa di poteri straordinari. L’intero gioco ci fa vedere come la relazione tra Max e Chloe si evolve e cambia (sono l’una l’opposto dell’altra ma rimangono comunque molto legate), ci butta nel mondo del teen drama senza calcare i toni più del necessario, ma facendoci comunque sentire l’atmosfera da campus americano, tant’è che i vari personaggi che incontriamo rappresentano categorie tipiche di questo genere.

Tuttavia, tra le atmosfere luminose e la vita da teenager speciale, LIS introduce una trama densa di tensione e sopratutto intrisa di dramma. Questo dramma si sviluppa su due livelli, uno sicuramente più complesso e dai toni quasi apocalittici, a ricordarci che siamo comunque depositari di un potere enorme, mentre l’altro lato ci tiene con i piedi ben ancorati per terra e di fatto è proprio quello che tendiamo a sentire come più vicino a noi. Nei panni di Max pensiamo ad aiutare coloro che abbiamo vicino, prima ancora di salvare il mondo. Cerchiamo l’amica di Chloe scomparsa un anno prima imbattendoci nell’orrore piuttosto quotidiano del rapimento e dell’abuso, scopriamo il giro di corruzione e di omertà che ruota attorno al campus e alla scuola dove chi detiene il potere può commettere malefatte senza scontarne le conseguenze, scopriamo che le persone che sembrano più insospettabili e all’apparenza dai sani principi possono nascondere una mente molto malata. In tutto questo, interagiamo con la gente di Arcadia Bay (la cittadina in cui si ambienta la storia), persone comuni che riempiono gran parte della nostra vita virtuale e che con il tempo impareremo ad amare o odiare come se fossero reali. L’amico di infanzia, la bulla, il professore, sono figure comuni che mostrano attraverso vari aspetti la loro natura genuina, più della maggior parte dei personaggi di storie aventi a che fare con supereroi e superpoteri.

A proposito di superpoteri e del sentirsi eroici, LIS ben presto ci dà una vera lezione di eroismo. Kate Marsh, un’alunna della scuola timida ed introversa, viene sottoposta ad uno scherzo da “confraternita americana” di pessimo gusto e viene ripresa mentre, drogata a sua insaputa, si dimena in mezzo ad un mucchio di ragazzi baciandoli. Ovviamente questo filmato finisce online diffondendosi con la rapidità tipica della modernità sui social media e la povera Kate riceve ogni sorta di appellativo e nomignolo, oltretutto perdendo la stima da parte della sua famiglia, fin troppo WASP e credente. Lo stress e il rimorso dell’accaduto fanno sì che, durante l’episodio, Kate chieda spesso aiuto a Max, unica persona del campus che potrebbe confortarla. Sta a noi decidere se usare il nostro potere per aiutare Kate, oppure continuare a bighellonare con la ritrovata Chloe. A partire dalle nostre azioni, e da quello che abbiamo scoperto della sua vita e della sua psicologia, alla fine dell’episodio ci sarà data la possibilità di salvare Kate dal suicidio. Di fronte alla facciata allegra e colorata del mondo di LIS ci ritroviamo a salire sul tetto della scuola per fermare una ragazza pronta a porre fine alla sua vita a causa dell’onore perduto. Kate è una persona fragile, insicura e legata alle credenze ossessive dei genitori, e neanche il potere di riportare indietro il tempo ci permette di affrontare facilmente le sue debolezze. Avendo usato tutta la nostra “batteria” di capacità soprannaturale per raggiungerla sul tetto, il gioco ci sfida a comprendere il modo di ragionare di Kate per impedire che si uccida. Se siamo stati abbastanza accorti da notare cosa le è più caro, se abbiamo seguito con attenzione i suoi bisogni e notato che la nostra compagna di scuola ha in effetti ancora un’ancora per rimanere al mondo, allora abbiamo nelle nostri mani quello che serve per tenerla in vita senza dover tornare indietro nel tempo, ma bensì psicanalizzando Kate per scegliere le giuste parole e non farla buttare. Solo seguendo i giusti dialoghi possiamo finalmente vederla scendere dal cornicione, piangente ma illesa, mentre tutta la scuola ci guarda sbalordita — altrimenti non potremo far altro che assistere impotenti al suo salto nel vuoto.

In entrambi i casi, sia di salvataggio che di fallimento, l’impatto emotivo è sorprendente. Se Kate si butta, sappiamo che la colpa è soltanto nostra. Ma non è nostra in quanto personaggio, non abbiamo mal distribuito punti abilità o magari non siamo stati abbastanza veloci da sparare per primi: abbiamo fallito come persone. Abbiamo lasciato morire una ragazza che chiedeva aiuto ignorando quello che passava per la sua testa, usando parole a caso sperando di salvarla dal suo triste destino. In definitiva abbiamo fallito nell’empatizzare con lei, una capacità tutto fuorché speciale. Ma se riusciamo a salvarla? Vi posso assicurare che erano anni che non provavo una sensazione del genere di fronte allo schermo di un videogioco. Usare le parole per smuovere la coscienza di Kate è stato molto più soddisfacente che affettare malvagissimi demoni, e dopo averle ricordato che altri (oltre a me) tengono a lei e non la giudicano per quello che ha fatto, vederla scendere e crollare in un pianto liberatorio mi ha causato un vero e proprio moto di commozione. In effetti ci sono riuscito, la povera Kate, sfortunata ma dal cuore così buono, è viva grazie a me, grazie alle attenzioni che le ho rivolto e alle parole usate.

Parole, non colpi di mitra, che salvano la vita di una ragazza che meno di tutti meritava di morire per una stupidaggine. Parole che avrebbe potuto dire ciascuno di noi come persona, che non richiedevano nulla per essere pronunciate se non corde vocali ed empatia verso l’altro. LIS ci ricorda che per essere eroi non serve essere super, che una capacità in grado di alterare il corso degli eventi non ci rende automaticamente dei buoni, e che gli stessi eroi possono essere e sono, nella maggior parte dei casi, persone normali. L’eroe è l’amico che ti sostiene quando il mondo ti crolla addosso, è la persona che non si tira indietro di fronte al muro di omertà e ai circoli viziosi della mano che lava l’altra, è chi dice la verità quando non gli conviene e che si adopera nel suo piccolo per migliorare l’esistenza delle persone a cui tiene. Se tutti facessimo il possibile per aiutare il prossimo, non sarebbe forse il mondo migliore?

Ma in tutto questo LIS non è così ingenuo. Nel corso della storia non tutto può essere sistemato, neanche tornando indietro nel tempo e cambiando il passato di qualcuno, perchè come ci insegna la storia di Chloe salvarla completamente da se stessa non è possibile. Il suo trascorso con la morte del padre in un brutto incidente può essere alterato, certo, facendo sì che in futuro subisca lei il suo stesso destino rimanendo paralizzata. Visitiamo un universo alternativo in cui Chloe, la nostra migliore amica, ci chiede di eutanizzarla con il macchinario della morfina. La scelta ci viene posta nelle mani, possiamo rifiutare o accettare, ma infine dobbiamo tornare nella realtà originaria e fare i conti con il fatto che preferiamo avere Chloe in vita seppur perennemente arrabbiata e scontenta per l’incidente accaduto al padre quando era piccola, che costretta su di una sedia a rotelle. Ci fa rendere conto che un mondo perfetto non può e non deve esistere, che chiedere un’esistenza libera dai problemi e dal dramma è inutile e dannoso. In quanto umani, abbiamo sempre a che fare con la sofferenza, fa parte del nostro cammino capirlo e conviverci al meglio. Neanche il nostro potere può eliminare tutti i problemi che ci circondano, perchè per una persona che non soffre lo faranno altre, causando una cascata di eventi possibilmente peggiore del male originario. Possiamo però fare la stessa cosa che abbiamo fatto con Kate, ovvero aiutarli a superare i propri drammi senza cancellarli come per magia, così che loro stessi convivano meglio con quanto accaduto.

In effetti sembra quasi che LIS ci regali il potere più grande che possiamo immaginare, il controllo del tempo, per poi rendercelo inutile. Per quanto questo non è del tutto vero e molte situazioni del gioco sarebbero state irrisolvibili senza di esso, in definitiva quello che conta veramente è la nostra umanità. Infatti è la capacità di parlare e prendere scelte accurate, di usare la ragione e di prestare attenzione a chi ci vive attorno che può veramente renderci in grado di capire cosa sia giusto fare. Nel finale LIS si sposta addirittura più avanti portando a chiederci se ci sia realmente una scelta giusta, ma è innegabile il sentimento di eroismo dato dalla quotidianità al suo interno. In definitiva LIS si avvicina molto a quello che sperimentiamo nella vita di tutti i giorni, dove facciamo del nostro meglio con la consapevolezza di non poter risolvere ogni male; semplicemente ci mostra come accettare l’idea che l’eroe di tutti i giorni, fallibile e imperfetto, è l’unico che possiamo realmente avere.

Originariamente pubblicato via Facebook Notes il 4 Agosto2016 sulla nostra pagina Facebook.

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