Copertina di Tommaso Casoli

MEGARECENSIONI — Kanye West Edition

What if Kanye made a song about Kanye called “I miss the old Kanye”? Man that’d be so Kanye / That’s all it was Kanye / We still love Kanye and I love you like Kanye loves Kanye

La Caduta
La Caduta 2016–18
8 min readJul 4, 2018

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Kanye West — ye

Mai come prima d’ora la musica di Kanye West aveva rappresentato, in maniera così simbiotica, lo stato psico-fisico decisamente degenerato del mattatore americano. Dopo anni di rocamboleschi deliri, il nostro sembra arrivato ad un momento di rottura e di autoconsapevolezza tanto importante quanto incerto. Il ritiro in Wyoming per produrre musica in solitaria infatti dimostra la volontà di rompere con il passato sfavillante e di accettare questa nuova natura di uomo spezzato e corruttibile. Meno onnipotenza, più umiltà, insomma. Ma i rischi del caso sono anche quelli di perdere così tanto la bussola da creare arte dimezzata, grezza, come conseguenza di questa fase di stallo e forse di rinascita. Dei tanti dischi scritti e prodotti in questo ritiro, ye è il primo della lista e combacia perfettamente con la tesi finora supportata. Quest’opera breve e sintetica, in cui sentiamo poco di nuovo (ma sempre importante) e molto di conosciuto, dimostra l’individuo che Kanye è al momento: un uomo confuso in cerca di pace e redenzione. ye è un disco transitorio praticamente, una sorta di fatiscente fermo immagine privo di reali punti di riferimento ma colmo di piccoli (e insufficienti) spunti. Kanye sembra come faticare a tirare fuori di sé quel qualcosa di geniale e solido con cui ogni volta, disco dopo disco, riusciva a sorprendere tutti spaccando il paradigma. Capire le cause di questo atteggiamento sarebbe come sapere la verità del Santo Graal: nessuno davvero capisce cosa stia succedendo nella testa di West — probabilmente neanche lui. Resta di fatto, comunque, che tra tutte le incertezze del caso, Kanye West è ancora lì a raccontare la sua storia, solo stavolta in maniera peggiore del solito. Chissà, magari questo periodo durissimo darà i suoi frutti prelibati in futuro. In quel caso Kanye, noi siamo qui. Ti aspettiamo con ansia. ()
Ascolta: All Mine

7 — /10

KIDS SEE GHOSTS — s/t

Se non lo sapete, l’anno scorso Kid Cudi ha scritto un post su Facebook: «Yesterday I checked myself into rehab for depression and suicidal urges. I am not at peace. I haven’t been since you’ve known me.», ritirandosi dalle scene fino a quando si fosse sentito meglio. E due anni fa, durante il Saint Pablo Tour, Kanye West ha accusato il “fratellone” Jay-Z di volerlo addirittura assassinare — interrompendo il concerto e finendo in ospedale psichiatrico, per poi ritirarsi in Wyoming, dove si è dedicato alla composizione di almeno cinque album: KIDS SEE GHOSTS, composto assieme all’amico Kid Cudi, è uno di questi — il culmine di una collaborazione che va avanti da 10 anni almeno e che ci ha regalato Gorgeous, Guilt Trip, Welcome to Heartbreak e All of the Lights. Che peccato allora che questo disco congiunto, che avrebbe potuto essere una sorta di primal scream Janoviano e l’ennesima curva a gomito nella carriera di Kanye, manchi della carica rivoluzionaria che lo ha reso eroico — sfortunatamente un po’ il difetto di tutta questa serie di dischi made-in-Wyoming, DAYTONA a parte. Nonostante allora il messaggio imponente di Cudi Montage ed il feeling vento-tra-i-capelli di Freeee (Ghost Town pt.2), il resto del disco, purtroppo, suona come un esperimento tirato troppo per le lunghe; e questo, dall’autore di trionfi impossibili come Say you will e Bound 2, proprio non riusciamo ad accettarlo. Discorso a parte, grazie a Dio, è Reborn, canzone da lacrime con un Kid Cudi mai stato così spettacolare — che dopo «had so much on my mind, I didn’t know where to go» ha finalmente accettato che «peace is somethin’ that starts with me». Se davvero tutto il disco era necessario pur di avere Reborn, siamo felici di aver avuto il disco. ()
Ascolta: Reborn

6½/10

Nas — NASIR

Questo new Kanye tra Wyoming, liposuzioni e cappellini rossi, sembra aver perso interesse nel grandeur che ha sempre contraddistinto la sua discografia. Il fatto che sia riuscito ad imporre restrizioni (7 brani) a gente come Pusha T e Nas fa però capire quanto sia ancora grande l’influenza del sig. Kardashian anche se noi lo vediamo sempre di più come uno schizofrenico in cerca di attenzioni. La qualità dei dischi, svanito l’hype, lascia un po’ a desiderare, perché ok fare le cose in piccolo, però allora bisogna metterci dentro le migliori idee possibili. Tra tutti, l’unico che mi trovo a riascoltare è NASIR, probabilmente il più tradizionale dei prodotti di queste session. Nas è vecchio e non è più in forma di prima, apre con un sacco di cliché vecchia scuola, complottismi e frasi tipo “(They try) to John Fitzgerald Me / The Industry never bought me”; però, oh, è sempre Nas e di certo il flow non l’ha perso. Un disco con in copertina dei bambini di colore con un mitra, giustificato dal brano Cop Shot the Kid, per quanto old school e poco avanguardista è sicuramente ancora molto attuale visto l’uomo arancione che siede alla Casa Bianca. In generale, il minimalismo infuso da Kanye sembra aver premiato Nas: spogliate delle pomposità di Life Is Good, riusciamo ad apprezzare molto di più le sue rime, le collaborazioni sono poche e azzeccate e il tappeto sonoro dà un tono niente male all’ambiente. In più non mi pare siano usciti tanti brani rap ai livelli di Adam and Eve quest’anno. ()
Ascolta: Adam and Eve

7½/10

Pusha T — DAYTONA

La storia e la (breve) carriera di Pusha T sono imprescindibilmente collegate alla persona di Kanye West. Senza quest’ultimo probabilmente Pusha T sarebbe ancora nei Clipse a fare un po’ la fame. Ma viste le sue doti al microfono, è solo che un bene che Kanye lo abbia preso sotto la sua ala, dandogli occasione di qualificarsi come uno dei migliori rapper del panorama attuale. Ad aggiungersi alla lista infinita di collaborazioni tra i due arriva DAYTONA, ultima fatica in studio del nostro beniamino, dove il pazzo Kanye ha svolto un ruolo di prim’ordine come produttore. I risultati sono migliori del previsto: se con Darkest Before Dawn sembrava aver raggiunto l’apice, King Push dimostra di saper essere ancora sul pezzo, anche variando notevolmente il terreno musicale sopra cui muoversi. Il lavoro sempre formidabile di Kanye infatti si distacca dai differenti dischi del Push: invece di una formula totalmente proiettata verso la modernità digitale del beatmaking, ci ritroviamo in un andirivieni tra antico, presente e futuro, con tanti taglia-e-cuci a formare un mosaico variopinto e interessantissimo. Su questa nuova cifra elaborata da West — nuovamente sentita nel suo controverso ye — il nostro Pusha T mostra i muscoli vocali e mentali con un flow quasi inimitabile, di certo da far invidia a molti. Ma oltre la musica e la tecnica, meglio non andare: perché sprecare tempo ad ascoltare con attenzione le parole di un personaggio che nel gioco barbarico del dissing con Drake, solo per la gloria apparente, si abbassa a deridere malamente un malato di sclerosi multipla come Noah “40” Shebib? Oppure a mettere in giro la voce (poi confermata — ma for real?), senza alcun apparente motivo utile alla faida, dell’esistenza di un figlio che Drake avrebbe deciso di nascondere al mondo, al pubblico? Insomma, ci siamo capiti, meglio soprassedere. Pusha T è un maledetto stronzo, borioso. Uno da non invitare a cena se si vuole evitare di avere la serata rovinata. Limitiamoci ad ascoltare DAYTONA, che al di là di tutto è un buonissimo disco. ()
Ascolta: The Games We Play, Come Back Baby

7½/10

Teyana Taylor — K.T.S.E.

Il sesso può anche essere narrazione, questo ci insegna la nuova sciccheria di Teyana Taylor firmata Kanye nazionale: K.T.S.E. (Keep That Same Energy). Non c’è posto, se si ascolta un disco come questo, per parlare delle Wyoming sessions di quest’ultimo. E no, no, questo disco non è qualcosa di più di un disco pescopà, questo è vagamente l’apogeo dell’accoppiamento musicato. Un suono delicato, semplice e soffuso, eppure distante anni luce dal neo-soul che le case sfruttano per i re-styling dell’ultima ora, specie sui cavalli di razza della scuderia. E non è questione di sapere innovare; sorprenderebbe i più cavillosi sapere, in cuor proprio, che forse Teyana è soltanto una buona compagnia, dall’onanismo al nido coniugale? Questi pezzi, questi pezzacci bum bum, nonostante la ricchezza espressiva di Kanye, hanno una voglia semplice e spasimano desiderosi. E allora sono le scelte che fanno la differenze, siano esse dei crossover rap su dei sample classici, siano esse dei calchi rhythm and blues, che assomigliano a Solana Rowe. La firma di Kanye è immancabile, una firma di produzione arguta e pretenziosa, al solito, ma — ed è questa forse la sorpresa più grossa — laterale e disinteressata: siamo lasciati in compagnia di Teyana e della sua scena. E badate, è una scena che scoppietta, perché è una scena che va dal pop al post-industrial, dall’R&B alla wave californiana. E poi c’è questa WTP, che è una dichiarazione di intenti (?); devo dire, e mi prendo un momento, che a tratti ho avuto l’impressione che, con questo lavoro, Kanye fosse low-key in competizione con Beyoncé; col suo pop-femmina engagé. E d’altro canto questo disco sembra poter fare tutto meglio, e più sessuale, e più verecondo e più schiacciasassi! Questo album semplicemente supera le aspettative, è un album che genera ammirazione e che sbatte il sesso in prima pagina, senza bisogno di sessantotti, è una mostra di Robert Mapplethorpe. «Just stop your crying, it’s a sign of the times», diceva un poeta. ()
Ascolta: Dajelo tutto

8/10

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