Owlboy e l’eleganza del 2D

Un percorso di progettazione lungo otto anni, un game che ci riporta alla Hi-bit era. Storia di una lunga e silenziosa rinascita dei 16bit

Graziano Salini
La Caduta 2016–18

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Owlboy ha otto anni di gestazione alle spalle, otto lunghissimi anni di gestazione complicata tra problemi legali, engine problematici, fughe di designer e ostacoli di simile proporzione.

Otto anni sono tantissimi per lo sviluppo di un videogioco: alla voce vaporware Wikipedia indica come uno sviluppo del genere di norma si concretizza o in un nulla di fatto o in un titolo in qualche modo divisivo tra chi lo gioca (Duke Nukem Forever o il recente Final Fantasy XV ad esempio).

Owlboy stupisce in partenza allontanandosi dalla parte deludente del medium con uno slancio notevole. Al titolo si possono imputare cose ma niente di così grande da intaccare l’unicum dell’esperienza.

Primo grande enorme gigantesco indefinibile pregio: la grafica.

Il web la definisce Hi-bit era, cioè “looks like a SNES game but better!”; Owlboy è alfiere, capitano e probabilmente anche capocannoniere di questa definizione perchè al momento non esiste davvero niente di simile per qualità visiva 2d. Badiamo bene, non stiamo parlando del puro canone estetico, stiamo parlando di completezza; i pixel sono messi tutti al proprio posto con una minuzia ed una perizia tra l’indefinibile e l’assurdo.
Non c’è dettaglio lasciato al caso, fiorellino messo fuori posto o sfumatura di colore che stoni.

I colori un po’ più cupi del previsto aiutano il pathos del momento.

Il tramonto che appare sullo sfondo di Vellie verso i tre quarti del gioco non è qualcosa che vi scorderete facilmente. Inoltre nel gioco sono presenti delle scene “animate” di notevole bellezza artistica, qui il dettaglio diventa davvero stupefacente e riescono ad intrattenere il giocatore nonostante non siano di una durata realmente ignorabile.

Un lungometraggio con questa qualità non farebbe male.

Gli sprite sono animati egregiamente creando dei personaggi meravigliosi; un capitolo a parte se lo meriterebbe il personaggio principale che con le sue espressioni facciali vince la statuetta del miglior protagonista muto da qualche anno a sta parte.

Otus è un gufo incapace di esprimersi tramite la voce, non riesce a comunicare con nessuno (giocatore compreso) se non con espressioni facciali di una qualità indefinibile; D-Pad Studio ha fatto guidare una storia ad un gufetto muto vincendo su tutta la linea.

Il passatempo preferito di ogni solitario.

Le musiche composte da Jonathan Geer sono ariose ed orchestrali, adattissime a questi paesaggi di sterminata bellezza visiva ed evocatività; alcuni temi si stampano nella memoria nel giro di un minuto.

La storia non è particolarmente complicata: Vellie è un villaggio relativamente tranquillo, il piccolo gufetto Otus viene vessato dai suoi compagni perchè muto ed il maestro gufo che gli è stato assegnato non lo aiuta particolarmente a livello emotivo; come ogni idillio questa situazione verrà spezzata dall’attacco di un gruppo di pirati, giunti in loco per recuperare un particolare oggetto dando il via alla storia vera e propria.

Punto a favore: non sembrano vere e proprie aereonavi

Nel suo viaggio all’inseguimento dei pirati, Otus verrà accompagnato da diversi comprimari che possiedono importanza strategica all’interno dell’intero sistema di gameplay.

Otus è incapace di combattere, le sue azioni all'interno del gioco sono limitate al volo e a mosse in grado di stordire o schivare i nemici; egli, come impotente all'interno della storia, è supportato da un triello di comprimari che fungono da vere e proprie armi ambulanti. Questi vengono rivelati pian piano nel corso della storia ed hanno caratteristiche uniche legate alle armi in loro possesso. Le gimmick del terzo personaggio, in particolare, sono estremamente divertenti e doneranno un nuovo grado di velocità agli scontri del gioco. Ogni comprimario è dedicato ad una specifica situazione di combattimento e ad una specifica meccanica esplorativa. Esistono vasi da rompere, piante da infiammare e ganci a cui mirare il proprio rampino che donano una certa varietà alla fase esplorativa.

L’esplorazione dei dungeon è il fulcro del gioco; questi non sono moltissimi e forse peccano un po’ per estensione ma regalano sane ore di divertimento.

Scimmie che abitano i luoghi infuocati ? ✓

Tutti gli stilemi dello zelda-like sono presenti: i puzzle ambientali, l’utilizzo di una specifica meccanica per affrontare le prove e i boss del caso sono i più lampanti esempi di dove questo gioco abbia guardato alla ricerca dell’ispirazione; queste meccaniche sono immerse in esplorazioni con tanto di scrigni da aprire per trovare i buccanary coins, la valuta del gioco in grado di regalare ammennicoli estetici o potenziamenti veri e propri.

I combattimenti con i nemici sono in tempo reale e richiamano il genere dei twin stick shooter; il tutto è aiutato da un sistema di lock-on in grado di aiutare il giocatore nei momenti più concitati.

È possibile sostituire i comprimari all’interno dei combattimenti grazie alla pressione di un singolo tasto in grado di teletrasportare il proprio compagno direttamente negli artigli di Otus.

Dinamico duo 1.0

Le bossfight di fine dungeon non sono particolarmente complicate e, pur non alzando più di tanto l’asticella della difficoltà rimangono interessanti grazie a meccaniche particolari o sprite enormi in grado di lasciare a bocca aperta per più di una volta.

Owlboy non punta sulla longevità, per arrivare da capo a piedi dell’avventura ho impiegato una decina d’ore lasciandomi giusto dietro dei collezionabili e qualche segreto su cui non mi sono voluto incarognire; la conta dei game over si mantiene sotto la decina, game over in maggioranza causati da un boss specifico che mi ha portato alla scoperta del primo difettino: il sistema di controllo.

Il sistema di controllo, nello specifico quello per joypad (non ho avuto modo di provarlo con tastiera e mouse ma non credo migliori di molto la situazione), è confusionario: ogni tasto del proprio controller ha una funzione e scambiare i vari comprimari durante l’incontro con un boss porterà spesso a conseguenze fatali; sarebbe stato saggio da parte di D-pad Studio automatizzare un pelino di più gli scambi durante i combattimenti o semplificare di poco la cosa in tutto il resto del gioco.

Altri difetti di Owlboy sono da implicare alla sua struttura: Otus vola ma il mondo di gioco sembra l’interno di un albero cavo, ci sono forse una dozzina di cieli che sembrano infiniti e presentano muri invisibili; il resto del gioco è racchiuso all’interno di strutture delimitate da confini fisici come pareti o piante; il nostro gufo sembra navigare perennemente in questo enorme e labirintico formicaio.

La roccia finirà per sovrastarvi pure troppe volte.

Owlboy è un gioco pregno di temi maturi e con un protagonista meraviglioso nonostante il suo mutismo assoluto; ad Otus parole non sono mai servite perchè chi riesce a capirlo con uno sguardo parla per lui. Il gioco presenta numerose figure paterne con cui confrontarsi, sia positive che negative: dal mentore emotivamente abusivo all'antagonista principale del gioco che invece rappresenta il lato paterno fisicamente abusivo; la figura positiva invece viene incarnata dal secondo personaggio sbloccabile, bellissimo ed un po’ debitore dell’Adalberto Steiner di Fantasyana memoria in grado di donare al protagonista una via ed un modello strappando nel contempo qualche risata.

Spettacolari anche moltissimi dei personaggi secondari come ad esempio Buccanary e la sua gang di schiavetti o la famiglia del terzo personaggio in grado di strappare un sorriso malinconico a tutti quelli po’ borderline.

Riportate i simpatici di schiavetti di Buccanary qui per laute ricompense.

Owlboy si avvale di una presentazione magnifica per raccontare una storia pregna di eventi e specificità in un mondo magnifico; a fine percorso contano poco i difetti prima citati ed il bello permane senza sbiardirsi, compresa la speranza che D-pad Studio rilasci un altro gioco in meno di otto anni.

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Graziano Salini
La Caduta 2016–18

Videogiochi, musica ed entrambe le cose mischiate assieme in qualche modo.