Resident Evil 2 Remake: l’indissolubile bellezza del classico all’E3 2018

Perché ci ha colpito il remake dell’iconico titolo di Capcom, presentato all’Electronic Entertainment Expo di Los Angeles

La Caduta
La Caduta 2016–18

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Prima parte di uno speciale che intende offrire uno sguardo laterale sul recente E3 2018. Non un esaustivo, enciclopedico, ma inutile riassunto di tutto quello che è successo ed è stato presentato, ma brevi riflessioni su ciò che ci ha colpito di più. Iniziamo col fantastico Resident Evil 2 Remake.

Sarò breve, conciso ed esaustivo, quest’ultima edizione appena conclusasi della Electronic Entertainment Expo ha mostrato, nella sua sostanza, il volto più estetico e romantico del videogioco. Senza concedermi in eccessivi romanticismi, preciso che questa mia osservazione orbiterà unicamente attorno a un brand che senza l’uso di epiteti, definisco il patriarca di uno dei concept più celebri di sempre: il survival horror.

La triste deriva action shooter che ha afflitto l’iconico franchising di Resident Evil a partire dal 2005 (mi duole dirvelo, l’inizio della fine è stato proprio Resident Evil 4) ha fatto sì che un’importante fetta di videogiocatori migrasse nel tempo verso lidi dalle atmosfere più rievocative e che, senza troppi giri di parole, proponessero quei canoni tanto cari a chi, a partire dall’ormai lontano 1996, aveva fatto di Biohazard uno standard di gioco. Ammetto che nonostante le mie parole, non imputo il gameplay come causa probatoria del declino del brand, ma bensì punto il dito verso quelle scelte narrative e fotografiche che hanno reso la saga meno al cardiopalma; proponendo sequenze alla stregua di comunissimi shooter e precludendo così quelle componenti che riflettevano durante il gioco il nostro stesso istinto di autoconservazione. Fortunatamente con il lancio di Resident Evil 7 la casa di Osaka si è completamente redenta, presentando un titolo terrificante, orrorifico e persino coerente a un setting estremamente vasto e complesso.

Proprio durante lo showcase di Sony, fa capolino un titolo che attendevo con ansia ma che mai mi sarei aspettato di vedere durante la manifestazione: Resident Evil 2 Remake.

La sua presentazione è stata (perdonate l’iperbole) biblica. Una sequenza di apertura dinamica proposta attraverso la prospettiva di un roditore, che mostra chiaramente la colluttazione fra un uomo e uno zombie (vi assicuro che poterlo pronunciare di nuovo all’interno della saga è una sensazione fantastica). Qui notiamo come l’ottimo motore grafico (il RE Engine introdotto con il settimo capitolo) dia nuova dimostrazione di come Capcom sia seriamente intenzionata a massimizzare la resa estetica della saga, in passato largamente criticata per la pessima qualità (pensiamo al sesto capitolo ad esempio). L’intera sequenza viene poi proiettata mediante una fuga visiva direttamente su di lui, uno degli indiscussi protagonisti dell’intero franchising: Leon Scott Kennedy.

Le differenze fra questa visione e quella del ’98 sono evidenti. Notiamo infatti un giovane membro della R.P.D. i cui lineamenti sono stati umanizzati partendo dalle sue espressioni. Rinnovato nel layout del vestiario, decisamente più “ricco” rispetto alla sua precedente iterazione. Sorte analoga è toccata alla storica coprotagonista, Claire Redfield, ugualmente stupenda ma meno punk, preclusa del suo fido outfit da biker in stile anni ’90. Alcuni si sono sentiti in dovere di far notare questo aspetto, ciononostante andrebbe loro ricordato come questa nuova incarnazione va esclusa perentoriamente dalla sezione remastered. La presenza della terminologia remake non è fortuita, al contrario è decisamente propedeutica. Infatti Resident Evil 2 Remake ha il compito di riproporre gli eventi che caratterizzarono quella notte, secondo una logica di progressione completamente rivista. Come afferma lo stesso Yoshiaki Hirabayashi (la mente dietro le ultime produzioni del brand), in questa nuova visione saranno assenti diversi elementi comportamentali e stilistici che caratterizzarono in origine Resident Evil 2 ma che oggi sarebbero del tutto fuori contesto. Chi attendeva una remastered sulla falsa riga del primo capitolo e dello 0, rimarrà deluso dalla decisione di incorporare un gunplay tipico della seconda generazione del franchising. Ciononostante come specificavo qualche riga sopra, non è mai stato il gameplay il reale problema della saga, ma bensì la sua stesura. In questo remake al contrario, queste nuove meccaniche sono accostate alla vera essenza di Resident Evil: l’isolamento. Le atmosfere tetre e lugubri, materializzate attraverso una città in preda a orde di non morti e amenità varie, sono — stando ai filmati di giocato — enfatizzate come mai prima d’ora. L’aroma distopico dal sentore apocalittico qui è pulsante.

In definitiva attendo gennaio con trepidazione e sono fermamente convinto che chiunque come me abbia apprezzato lo storico capitolo, non potrà che piangere di gioia mista a nostalgia nel vedere la degna reinterpretazione di uno dei titoli più belli della storia.

A cura di Stefano Cappuccelli.

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