Skeleton Tree e One More Time with Feeling: Nick Cave e il sovrannaturale

Spiritualità, suggestione e magia nel rapporto tra autore e fruitore

Nicola Accattoli
La Caduta 2016–18

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Nick Cave non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione riguardo la perdita del figlio Arthur, caduto da una scogliera all’età di 15 anni dopo aver assunto del LSD: la sola idea lo disgustava. In compenso il cantautore australiano, con l’aiuto di Andrew Dominik, già regista de L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, ha deciso di filmare il backstage di Skeleton Tree per farne un docufilm/performance. One More Time With Feeling è infatti un documentario, durante il quale viene anche suonato Skeleton Tree, in maniera tale da consentire al pubblico del film di godere in anteprima dell’album, che sarebbe uscito solo il giorno seguente alla release del film. Parliamo del 8 e del 9 settembre 2016 in molti paesi anglofoni, e del 27 e 9 settembre per l’amata Italia, che distrugge così la strategia di pubblicazione di Cave.

Dagli esordi al suo ultimo lavoro, Nick Cave è sempre riuscito a dar sfogo a quella sua vena spirituale e pseudoreligiosa che così spesso impregna le sue liriche, anche nella forma. I testi, spesso narrativi, con personaggi e storie che traghettano l’ascoltatore e lo conducono lungo l’evolversi delle vicende, sembrano a volte parabole postmoderne, altre volte prediche, declamate, gridate da un sacerdote che, seppur profano, pare posseduto dal fuoco sacro. Cave si prende gioco della religione istituzionale, ma solo per dar spazio a una religiosità tutta sua, una spiritualità a tratti anche oscura, magica, che costituisce il trait d’union tra Skeleton Tree, One More Time with Feeling e tutta la sua discografia passata.

A differenza dei suoi lavori precedenti però, questo ultimo disco va oltre la concretezza della narrazione, oltre la passione sensuale del contatto tra uomo e strumento. La ritmica tradizionale è praticamente assente: rimane un vago scorrere, un flow, affidato alla voce di Cave e ai loop. La trascendenza della musica e dei testi pare proprio rispecchiare l’evoluzione della spiritualità di Cave così come la si può apprezzare in One More Time with Feeling, alla luce cioè della recente tragedia che ha colpito la sua famiglia, ovvero la morte del figlio Arthur, nonostante, come più volte ripeta Cave nel film, i testi fossero stati completati molto prima dell’incidente del figlio. La parziale, ma sostanziosa perdita di narratività nei testi è significativa del recente approccio di Cave nei riguardi della realtà, che, da questa nuova prospettiva, sembra non seguire alcun principio di causalità. Ci si arrende alla spiegazione mancante, all’incomprensione di fronte agli eventi, che si dispiegano in maniera disperatamente casuale, spezzando l’individuo che vi ricerca un senso. Non è la razionalità l’arma adatta alla comprensione o all’accettazione della realtà, ma la spiritualità, alla quale Cave dà diversi nomi all’interno di One More Time with Feeling: preveggenza, Dio, uno junghiano inconscio.

La fede di Nick Cave nel sovrannaturale si palesa nel film in diverse occasioni. Parlando dei suoi testi, Cave ammette che sembrano essere direttamente correlati alla perdita di Arthur, e ci parla delle proprietà divinatorie delle sue parole, alla quale specialmente la moglie, Susie Bick, sembra credere. Skeleton Tree in effetti si apre con: “You fell from the sky/Crash landed in a field/Near the river Adur“ (sei caduto dal cielo/precipitato in un campo/vicino al fiume Adur).

Brighton, hometown della famiglia Cave, e l’estuario del fiume Adur

Il fiume Adur sfocia lungo la costa di Brighton, qualche chilometro più ad ovest della scogliera che ha visto la fine di Arthur. Cave comunque avverte gli spettatori: la natura profetica delle sue canzoni è un argomento da prendere con le pinze. Tuttavia, parlando invece dell’atmosfera che si creava in sala di registrazione, dice: “There is no such thing as an accident. We communicate with the gods” (Non esiste il caso. Siamo noi che comunichiamo con gli dei). Evidentemente Cave una sua spiritualità, per quanto poco tradizionale e personale possa essere, ce l’ha, e nonostante la sua componente razionale lo porti ad essere cauto e lucido, sembra quasi rigettare la razionalità della coincidenza, per abbracciare la speranza che tra i suoi testi e la tragica fatalità ci sia un legame. Ovviamente non si sbilancia mai troppo verso l’ipotesi sovrannaturale, poiché da una parte la teme, anche se dall’altra ne è inevitabilmente attratto. Con grande lucidità e consapevolezza infatti, afferma che se la morte di Arthur ha avuto un’influenza nello sviluppo di Skeleton Tree, non è riscontrabile nel processo creativo di scrittura dei testi o di composizione delle musiche (già quasi definitive al momento dell’incidente), ma ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nello stabilire un’atmosfera particolarmente emotiva in sala di registrazione. Il titolo del film, One More Time with Feeling rimanda al backstage di un film, alle prove di una piece teatrale. Il regista che esclama: “ancora una volta, ma più sentito!” In questo caso però, la farsa, la recita, si trasformano in realtà: il film si fa documentario. Si perché, ascoltando Skeleton Tree, si fa fatica a concepire un’altra take, con più sentimento dentro. Se l’attore dietro le quinte o il musicista in sala di registrazione è spesso costretto in una certa misura a indurre il proprio sentire, a provocare in se stesso la reazione emotiva necessaria per la recita, in Skeleton Tree, così come in One More Time with Feeling, è la stessa realtà dei fatti a creare l’atmosfera “giusta”, per quanto sbagliata possa essere, alla registrazione. Nel film, durante le riprese di I need you, la voce di Cave sembra vicina a spezzarsi. Sebbene nel testo si parli di un uomo che ha bisogno di una donna, è evidente che Cave, nell’esecuzione, non può non pensare ad Arthur.

Susie e Nick

Una terza declinazione del sovrannaturale, un terzo indizio di un supposto disegno divino, lo presenta Susie Bick, in compagnia del marito, sempre durante One More Time with Feeling. Si tratta di un quadro, dipinto da Arthur: ritrae il paesaggio che si vede affacciandosi dalla finestra della sua camera, come spiegano i genitori. Il fatto suggestivo è che questo paesaggio sia la stessa scogliera dalla quale Arthur, tempo dopo, sarebbe caduto, andando incontro alla morte. Susie racconta che, dopo averlo ritrovato, aveva pensato: “Why is that framed in black?” (Perché la cornice è nera?), come se anche il colore della cornice anticipasse ciò che nel luogo raffigurato nel quadro sarebbe poi successo.

L’elemento nuovo e tremendamente accattivante di questi due lavori, è quello che Freud chiama Unheimlich . La traduzione letterale in inglese sarebbe un-homelike: homelike, come si può intuire, significa “come casa”, o meglio “familiare”, mentre la particella un ha funzione avversativa. Si crea così il paradosso dell’ “afamiliare”. Qualcosa che è familiare, conosciuto, ma allo stesso tempo no: è diverso, sinistro, poco rassicurante. Nick Cave, in One More Time with Feeling, parlando del suo cambiamento afferma: “So that when you look at yourself in the mirror, you recognize the person that you were, but the person inside the skin is a different person” (Così che quando ti guardi allo specchio, riconosci la persona che eri, ma la persona dentro la pelle è diversa). Il unheimlich, tradotto in italiano come perturbante, è uno strumento utilizzato nella narrativa horror: si pensi a Shining di Stephen King, a L’incubo di Hill House di Shirley jackson, o a La caduta di casa Usher di Edgar Allan Poe. La casa infestata è il punto centrale di questo tipo di romanzi. Una casa, che, appunto, è homelike, ma non è home. Questo paradosso è reso perfettamente in Shining: l’edificio che farà da casa a Jack Torrance e famiglia per tutto il romanzo è in realtà un albergo. Come può un albergo, per di più vuoto, dare la stessa sicurezza psicologica di una casa, di una home? Durante la lettura, non si può far a meno di chiedersi se Jack Torrance (Shining) o Eleanor (L’incubo di Hill House) siano impazziti, allucinati dalla suggestione, o se i fantasmi e le apparizioni siano reali. Allo stesso modo, vedendo il film, si è costretti a chiedersi se i testi e il quadro siano veramente collegati alla morte di Arthur o se siamo solamente di fronte a una forte suggestione.

Si pensi dunque a Skeleton Tree: i testi hanno acquistato una familiarità che non era previsto avessero. La stessa cosa per il quadro. Doveva essere solamente la rappresentazione di ciò che si vedeva affacciandosi dalla finestra, e invece, anch’esso, come i testi, ha acquisito una familiarità sinistra e spiacevole, diversa da quella che doveva avere in origine: una familiarità afamiliare.

Ovviamente, Cave e famiglia non hanno i superpoteri. Anzi, la loro sensibilità li avvicina alla folla dei fan, di coloro che per mestiere idealizzano e sovraccaricano l’artista con la veste di semidio. Questo tipo di spiritualità, quasi pagana, funge un po’ d’appiglio per la famiglia Cave, più umana che mai in questo che deve essere per loro un periodo terribile. Tuttavia, non si tratta solo del presente, e della famiglia. L’album, il film e la carriera passata di Nick Cave sono legati da quella tensione verso gli dei che Cave, da uomo, ricerca con le modalità magiche dell’artista “since nineteen eighty-four”(dal 1984), come canta in Girl in Amber, ricordando l’album d’esordio From Her to Eternity, uscito appunto nel 1984.

E’ anche doveroso parlare dell’effetto che ha la suggestione sui fan. Può essere che quell’aura sovrannaturale che circonda tutte le vicende intorno a quest’album abbia giocato il ruolo suggestivo del fantasma, e abbia dunque allucinato gli ascoltatori, inducendoli all’esaltazione di un disco che forse, se preso fuori contesto, non avrebbero apprezzato allo stesso modo?A questa domanda, essendo anch’io fan di Cave e avendo apprezzato sia Skeleton Tree che One More Time with Feeling, non saprei bene come rispondere. Sarebbe necessario testare l’album facendolo ascoltare a un paio d’orecchie estranee al contesto. Sicuramente una precisazione va fatta: dopo aver visto il film, si può dire con certezza che Nick Cave non è tipo da sfruttare una tragedia familiare a scopo pubblicitario. Quindi, se c’è stata una valutazione distorta di Skeleton Tree, è da imputare esclusivamente alla suggestione e non alla manipolazione di Cave che si conferma grande artista, ma anche grande uomo.

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Nicola Accattoli
La Caduta 2016–18

Non scrivo solo di cinema, musica, serie tv e videogiochi