Tranquility Base Hotel + Casino: il concept lounge sci-fi di Alex Turner

Il sesto disco degli Arctic Monkeys è un prodotto della mente eclettica e solitaria del frontman, un viaggio retrofuturistico per capire i luoghi in cui vaga il suo pensiero.

Marcello Torre
La Caduta 2016–18

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Per iniziare a comprendere cos’è veramente il nuovo album degli Arctic Monkeys è bene partire dai versi coi quali si apre il primo brano, Star Treatment: “I just wanted to be one of the Strokes / Now look at the mess you made me make” (Volevo solo essere uno degli Strokes / Ora guarda il casino che mi hai fatto fare). Dodici anni di testi separano i ragazzi di Sheffield da Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not, la bomba che li lanciò in vetta alle classifiche inglesi: Alex Turner se li è visti balenare in un istante davanti agli occhi mentre, seduto davanti al suo pianoforte in una stanza vuota, si ritrovava a scrivere quello che sarebbe poi diventato Tranquillity Base Hotel & Casino. Ciò che intende con quei primi versi è la necessità di scendere a patti col proprio stile di scrittura di un tempo, evidentemente non più ritenuto ideale.

TBH&C osa fare ciò che nessun altro lavoro degli Arctic Monkeys aveva realizzato finora: partire dall’idea di un luogo, in questo caso dalle atmosfere di un affascinante resort sulla Luna che vive nell’immaginazione del cantante, per creare musica concepita per esso. Forse per alcuni non si può parlare a pieno titolo di concept, ma la stretta correlazione fra parole e scenari evocati nelle undici tracce rende impossibile all’ascoltatore l’operazione di scindere gli uni dalle altre, come impossibile è non trovarsi davanti l’immagine nitida di un gruppo che ha cambiato il proprio approccio alla musica per farci atterrare con sé in uno spazio ben delineato.

Addio quindi alla cupezza di Humbug, alle ballate di Suck It and See, al mood sexy e notturno di AM; diamo invece il benvenuto a un disco che mette al volante tastiere vintage e voci, lasciando le tanto amate chitarre di un tempo in secondo piano. L’orchestrazione è tanto curata che è difficile non pensare a un’evoluzione partita dalla musica del progetto Last Shadow Puppets con Miles Kane (soprattutto da Everything You’ve Come To Expect del 2016), nella quale forse già incideva Pet Sounds come probabile fonte di ispirazione per sonorità retro pop così 60's/70's. Proprio come l’opus magnum dei Beach Boys (o meglio, di Brian Wilson) era stato concepito interamente in solitudine dal loro membro più geniale, Tranquillity Base ha come perno il flusso creativo di Alex: parlando del brano One Point Perspective nell’intervista realizzata da Pitchfork e in particolare del verso “I’ve played to quiet rooms like this before” (“Ho già suonato per stanze tranquille come questa prima”), il musicista dipinge l’intero album come un’opera da suonarsi in completa tranquillità, accoppiata ad ambienti silenziosi come i jazz lounge club dei film di Jean-Pierre Melville da lui tanto amati.

In my head, the whole verse, the whole song — maybe even the whole record — just tees up the idea of playing to a quiet room. The quiet rooms thing also had something to do with the fact that, on a lot of the vocal recordings for the album, I was the only person in the building, just sitting there with my microphone and tape recorder, writing lyrics.

(Nella mia testa l’intero verso, l’intera canzone — forse persino l’intero disco — si sposano con l’idea di suonare in una stanza silenziosa. Questo aveva anche a che vedere col fatto che su molte delle registrazioni vocali per l’album ero l’unica persona nell’edificio, seduto lì col mio microfono e il mangianastri, a scrivere versi.)

A stupire del songwriting è anche l’assenza nei testi di una vera e propria narrazione, quella che per intenderci contraddistingueva classici come Fluorescent Adolescent, When the Sun Goes Down o Cornerstone. Ora Turner sembra quasi giocare a fare il Father John Misty (con le dovute differenze), ruolo per lui inedito: commenti sulla realtà che lo circonda, dall’avanzamento tecnologico fino a Donald Trump, sputati con l’ironia del bardo, l’uomo vissuto in vena di raccontare storie al bancone del bar, magari davanti a un invitante Martini. In Four Out of Five tutta l’informazione di cui disponiamo oggi diventa inutile (il concetto di “Information-Action Ratio”), esattamente secondo quanto teorizzato da Neil Postman in Divertirsi da morire, altra fonte di ispirazione citata dall’artista.

A proposito di atmosfere lounge

Stando alle parole del frontman il perché di Tranquillity Base sta tutto nelle possibilità offerte dalla fantascienza: i mondi che creiamo attraverso di essa non sono altro che una lente d’ingrandimento sul nostro. Quale modo migliore allora di un disco fantascientifico per metaforizzare la nostra realtà confusa, spaventosamente vicina a un episodio di Black Mirror? Non fa strano quindi che in un brano come Science Fiction si trovino riferimenti a Il mondo sul filo di Fassbinder, la cui estetica marca indiscutibilmente l’intero LP.

There was a film [my friends and I] were watching called World On a Wire — it’s a (Rainer Werner) Fassbinder film — and that was definitely what pushed me over the edge into, ‘Let’s go and write about another world in order to comment on this one.’

(C’era un film che [i miei amici ed io] stavamo guardando chiamato Il mondo sul filo — di (Rainer Werner) Fassbinder — e sicuramente è stato ciò che mi ha spinto oltre i limiti, tipo ‘Andiamo a scrivere di un altro mondo per commentare questo qui.’)

Stando alle critiche ricevute sembra che alcuni fan rimproverino ai Monkeys di aver lasciato da parte le chitarre per produrre il loro disco più insensato: TBH&C sembrerà bizzarro se comparato al passato del gruppo, ma porta in luoghi inesplorati e arditi vedendo oltre le possibilità di un rock ultimamente a secco di idee. In ultimo, è davvero così insensato pensare ad una svolta simile su tutti i fronti o magari stavamo semplicemente sottostimando la capacità di maturare di Turner & Co.? È tempo che anche altri gruppi seguano l’esempio prendendosi rischi maggiori: mettetevi l’anima in pace perché gli Arctic Monkeys ci hanno mostrato i loro attributi, e persino guardando da quaggiù il loro Hotel lunare possiamo farci un’idea della loro grandezza.

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