Tunonna hardcore si racconta

Una bella chiacchierata con la musicista e illustratrice di Roma, sull’oggi, lo ieri, il domani, il punk, la birra e la tristezza.

Edoardo Piron
La Caduta 2016–18

--

È la prima volta che sento parlare di questo posto a Milano, Labrutepoque, e per la prima volta ci vado; non per scoprire qualcosa di nuovo, no, ma per ritrovare invece un’artista che già avevo (e avevamo) visto e sentito al Villa ‘n’ Roll a Pesaro quest’estate e di cui un po’ mi ero (e ci eravamo) innamorati: Tunonna. Silvia Sicks aka Tunonna è illustratrice e cantautrice, simpatica e genuina, intelligente e sveglia. Racconta, chitarra acustica e voce, storie di un passato lontano (forse migliore? non saprei, ma sicuramente in cui tutto era più semplice) e un presente arduo e fatto di piccole cose. Tutto questo si può trovare all’interno del suo disco d’esordio Buono (e non solo, su YouTube ci sono altri brani e cover incredibili). E ciò che la rende speciale nello scenario di oggi è la sua incredibile ironia sottile e al contempo molto diretta, di quel tipo che non si trova facilmente in giro.

Arrivato al locale (che è anche associazione culturale) c’è calma piatta davanti all’ingresso, quindi aspetto un pochino mentre fumo una sigaretta, quando in fondo alla strada sento una ragazza con un fortissimo accento romano raccontare una storia di ragazzini sudamericani esaltati. E se conoscete il personaggio, saprete quanto sia stato facile per me capire anche senza guardare che si tratta di lei. Ci presentiamo e dopo un veloce soundcheck, decidiamo di fare l’intervista all’aperto su una panchina in marmo sotto a una Madonna di legno, tra sigarette e birre (Beck’s, sigh).

Ciao. Sei pronta a raccontarti? Ho preparato un paio di domande marzullesche.

Tanto le trascrivi no? Quindi poi metti il filtro intelligenza alle mie parole.

Certo. Partiamo da una richiesta molto seria: descrivimi come se fossi una sommelier la Peroni da 66 e soprattutto spiegami perché è la birra più buona del mondo.

(Ride) Inizierei dicendo che è la birra più buona del mondo per una questione principalmente emotiva: mio papà fa il muratore e lui pure si beveva le Peroni. Ricordo che quand’era estate e faceva i lavori di casa c’era lui con la cazzuola in una mano e una Peroni da 66 nell’altra. Già quello ha creato in me una sorta di amore affettivo. Dal punto di vista tecnico invece , se tu la prendi dal kebabbaro, che sono quelle che preferisco, all’esterno si impregna di quell’odore di fritto che sembra che stai anche mangiando nel frattempo. Gli fa un aroma fritto-etnico unico. Al gusto, un po’ amara come la vita ma neanche troppo perché quando l’hai finita la vita stessa sembra sempre un po’ meno amara.

Non c’entra niente che sia freddo oppure estate / un euro e venti è il prezzo delle mie serate

Condivido a pieno. Parlando di musica: vieni da un ambiente legato al mondo dell’hardcore e dei centri sociali. Cos’è rimasto di quel tuo universo in quello che fai ora? Sia a livello musicale sia a livello umano.

Non sono molto brava ad autodefinirmi, quello che mi hanno detto è che in quello che faccio si sente molto del punk, già solo per come la strimpello la chitarra tutta in battere. E anche un po’ nel modo di cantare zero delicato, un po’ grattato. Poi mi è rimasta molto la filosofia dell’autoproduzione, infatti il mio disco è uscito con un’etichetta indipendente di cui faccio anche parte, ÙA (con l’accento sulla u e non sulla a perché dicono tutti “uà”) che unisce dischi a fumetti: in ogni disco è abbinato un fumettista, per esempio nel mio c’è Zerocalcare. Comunque quel tipo di approccio alla musica dell’autoproduzione mi è rimasto, essendo molto legata anche ai centri sociali.

A Roma, la tua città natale, è ormai affermatissima la scena “““indie””” o anche come viene chiamata adesso ItPop. Che tipo di rapporto hai con questi artisti? Ti piacciono? Che effetto ti fanno i multi sold-out da 3000 persone a volta? Tipo Carl Brave x Franco 126 o Coez.

Innanzitutto mi piace che sia stato trovato un nome per questo mondo perché indie non c’entrava proprio nulla. A livello umano a parte con Calcutta che lo conosco di persona non mi è mai successo neanche di andare ai concerti perché non è proprio il mio genere. Sai che c’è? Che a Roma c’è un’atmosfera molto strana rispetto a questa cosa, sembra quasi che ci sia una bolla: si creano dei fenomeni che fanno una lunga serie di sold-out a Roma ma non fuori.

Qui però ti fermo perché moltissimi di questi stanno facendo sold-out davvero ovunque.

Mi sembra quasi che alle volte non ci sia altra scelta: sembra quasi che questa sia la cosa più “““alternativa””””, passami il termine che altrimenti mi ammazzano, che puoi trovare. Ho sempre guardato questo fenomeno con sospetto quasi, non capendolo. Poi io sono molto imbecille su queste cose, non sto mai lì ad avere velleità tipo “anche io voglio fare queste cose”. Mi terrorizza quell’ambiente.
Ho detto una cosa che non ha alcun senso, poi quando la trascrivi trovalo tu.

Ma no, direi che ha senso. Comunque ho visto su Facebook una tua foto di quando eri bambina di fianco ad un cartellone di un concerto degli 883 e mi ha ricordato la mia infanzia, essendo stato il primo concerto della mia vita. Le tue canzoni parlano di un mondo tanto vicino quanto distante, sono intrise di una nostalgia sdrammmatizzata dall’ironia: è una scelta la tua o ti è venuto in automatico appena hai impugnato una chitarra voler cantare di questo?

Live tour 95

Ti racconto la storia di quella foto allora! Ero in vacanza con i miei genitori che con la cassa èdile o edìle, non ho mai capito come si dice, aveva vinto questo viaggio in Sicilia e capirai, chi c’era mai stato in Sicilia e non facevamo mai viaggi. E praticamente ho ritrovato questa foto che mi ha fatto ridere perché c’erano tre foto differenti di me, mia madre e mio padre vicino a questa palma altissima e chi aveva mai visto una palma. In più di fianco c’era il cartellone degli 883 quindi era una situazione quasi esotica.
Per quanto riguarda la mia musica è molto legata alla mia persona: io tendo alla depressione anche se sembro sempre molto felice, sono molto crepuscolare e malinconica. Di questa cosa però me ne vergogno. Quindi maschero la tristezza con l’ironia perché altrimenti me ne vergogno. Si tratta di una sorta di salvagente. Sono molto affascinata dal passato senza una vena tristona su cui piangerci, quindi ho trovato questa via di mezzo anche perché canzoni solo allegre che fanno ridere non sarei proprio capace a scriverne.

Tornando a discorsi seri: secondo te è più punk il punk di oggi o è più punk Bello Figo?

(Ride) questa è la domanda più difficile, perché ho le mani legate in questo senso: i miei amici mi menano.

Come un aràbo che non scherza con kebabo / come thailandese che non scherza con il riso / come italiano che non scherza con il pasto / Figo Swag, no, io non scherzo con il tonnoh

Bellissimo il fatto che sulla scena indie hai la libertà di dire quello che ti pare e su quella punk no!

Sì davvero (ride). Scherzi a parte, la scena punk, parlando della mia città, c’è e resiste. Rispetto a un po’ di anni fa è sicuramente calata. Ricordo che un anni fa se volevi chiamare gente a suonare potevi pescare nel mucchio, era davvero florida. Poi a Roma non è facile perché c’è stato il pugno di ferro nei confronti dei posti legati a quella scena e secondo me la situazione è un po’ scemata anche per quello. A livello umano c’è e resiste il punk e lotta insieme a noi. Bello Figo è parecchio punk comunque.

C’è addirittura un’intervista in cui gli chiedono quanto sia punk e lui risponde non sapendo cosa voglia dire “punk”.

Ecco! Sei il più punk di tutti se fai una cosa del genere! Bello Figo c’è stato un momento in cui io, e penso un po’ tutti, lo stavamo vedendo quasi come un personaggio politico. Quell’intervista con la Mussolini… Quello è un modo di fare politica assurdo e paradossale, oltre che non voluto.

Dici che è non voluto? Tipo “Non Pago Affitto (SwaG NeGri) Stai Li A Pagare!!! ASSGARAA” è di un’attualità incredibile e non ci si spiega come sia venuta fuori un’idea del genere.

Guarda me lo sono sempre chiesta. Quello era inquietante, hai visto come era riuscito a fare leva sui sentimenti più beceri degli italiani? Se l’hai fatto inconsapevolmente, sei pure, sei un genio o forse c’hai qualcuno dietro.

Tunonna in pellegrinaggio

Bello Figo è punk insomma. Cambiando argomento, cosa stai ascoltando nell’ultimo periodo?

Su ste cose sono una pippa totale. Io continuo ad ascoltare un po’ le stesse cose, molto variegate, ma i miei ascolti “da casa” sono sempre quelli. Poi ovvio che vado a sentirmi centocinquantamila concerti l’anno. Il disco dei Frana che sono il gruppo di quel ragazzo lì che sta passando ora (“aò te stò a fa pubblicità!”) e di cui sto disegnando la copertina. Poi ho ascoltato in anteprima gli Arabian Tower che stanno ritirando fuori quelle sonorità emo anni ’90 che mi piacciono un sacco. Poi un sacco de monnezza tipo spulciando le classifiche dell’indie e scegliendo un nome a caso per capire cosa fanno. E per riderci soprattutto.

(Tunonna va nel panico davanti alle troppe scelte e non sa cosa rispondere, si prende tempo e chiede di potermi dare la risposta alla fine dell’intervista.. Lo farà ma due giorni dopo in chat su Facebook, ecco incollato qui il suo messaggio):

Per gli ascolti a sto punto ti direi, senza dilungarmi troppo, quelli che ti avevo detto l’altra volta (quindi i Frana e gli Arabian Tower), poi ho preso da un po’ di giorni il primo disco degli Scheletro, un gruppo crust/metal/punk di formazione abbastanza recente, ma molto old school sia per il cantato in italiano che per il nichilismo delle tematiche. Poi direi comunque Auroro Borealo (perche’ je lo devo e pure perché effettivamente mi ha fatto ascoltare le registrazioni del nuovo disco mentre venivamo al locale in macchina!). Poi ultimamente mi sono reinfognata nei fenomeni più profondi del neomelodico napoletano, ma quella e’ un’altra storia…

Ma solo a me le Rossana non piacevano da bambino? Pensi io avessi dei problemi?

Pure a me facevano schifo, non mi sono mai piaciute da piccola ed è proprio per questo che per me sono l’emblema della nonna, che ti riempie di Rossana convinta che ti piacciano e che ci stai in fissa quando in realtà ti fanno schifo ma le prendi e le mangi ugualmente perché le vuoi bene. E poi appena si gira un attimo, le sputi.

Quanto benessere quella Rossana che mi allappa tutto e guardavo Daitarn 3

Come sta andando il tour? Guardando su Facebook ho visto che stai suonando in moltissimi posti in Italia.

Stavo facendo un conto l’altro giorno e praticamente da quando è uscito il disco, un anno fa circa (il 7 gennaio) ho fatto 72/73 concerti. Contando che luglio e agosto sono stata praticamente ferma ho suonato davvero tanto. Sono molto contenta anche se, molto molto molto sinceramente, un po’ mi sono stufata non di andare in giro, anche perché sto in fissa con vedere posti nuovi, conoscere gente, ma di sentire le mie canzoni, ho la nausea! Vorrei avere più tempo per poter scriverne nuove: tra la musica, io inoltre faccio anche l’illustratrice e la barista, quindi mi è difficile trovare tempo. Infatti quest’estate che ero più tranquilla ho avuto tempo di scriverne una nuova, Ferragosto. Però ecco, diciamo che stare lì a spiegare la canzone ogni volta mi ha un po’ stufata. Mi sento un po’ nonno Simpson che ripete in continuazione la stessa cosa: “ho freddo e ho paura”.

O magari inizi a sbraitare contro le nuvole. Ma la risposta del pubblico invece com’è?

Positiva, perché mi ritrovo spesso a parlare con loro anche di cose personali perché una mia canzone magari gli ha acceso un ricordo. E questo è un sacco bello, finisci di suonare e ti dici “allora ho comunicato qualcosa dai”.

Su Youtube e Facebook ci sono moltissime persone che dicono che meriteresti molto più seguito: come ti vedi tra qualche anno? Sempre in giro a far musica?

Me lo chiedo spesso. Mi domando spesso: quanto me reggerà la pompa a fà sta cosa? Poi sono pure molto pigra, infatti quando qualcuno mi dice che dovrei farmi conoscere di più anche attraverso i social io so di non avere l’attitudine e quello stimolo che mi fa dire “ah, io tra qualche anno voglio stare su quel palco fighissimo con centomila persone di fronte a farmi ricoprire di M & M’s divisi per colore nei camerini”. Sono molto realista sulle cose, con la musica ci riesco a campare, non ci faccio i soldi eh, però mi pago l’affitto, ma comunque il mio lavoro al bar l’ho tenuto perché mi fa strano campare senza un lavoro “vero e proprio”. Io mi vedo e vorrei vedermi più come un’illustratrice nella vita, ho sempre disegnato, ho fatto la scuola di comics, ho studiato animazione. Quindi boh, finché mi regge la pompa.. Poi non credo che diventerò come Patti Smith coi capelli bianchi a suonare in giro.

Ma magari sarai la nostra Patti Smith. Un’ultima cosa: cosa ti piacerebbe che ti chiedessi? Qualcosa che vorresti che ti chiedessero ma che non ti chiedono mai.

Questa è ancora più difficile di quella dei gruppi che ascolto nell’ultimo periodo. Mi piacerebbe che mi chiedessero un po’ dell’altro gruppo in cui suono!

E allora parlamene!

Ok. Ho quest’altro gruppo che si chiama Godog che era nata un po’ così per gag, addirittura all’inizio era una girl band. Comunque ora siamo due ragazzi e due ragazze: una è Claudia Rae Boom, che aveva in gestione il CircoloDal Verme , poi ci sono Nicola e Damiano. E in otto anni abbiamo registrato un disco che credo tra poco uscirà, forse in autunno. Abbiamo dei tempi biblici e ti chiederai “ma perché? Sono i Queen?” no, semplicemente siamo dei rincoglioniti. Io sono affezionatissima a loro, la mia esperienza live nasce con loro. Tunonna è una cosa che ho sempre fatto in cameretta, loro per me sono un punto di riferimento e sono convinto che nessuno mai ci capirà. Si tratta di un mischione di generi, con musica greve, testi scemi, post-hardcore, hardcore, noise, pezzi che partono hardcore e variano su ritmi afro-cubani. E non perché siamo mostri a suonare, ma perché facciamo le cose a casaccio. Ci siamo sempre divertiti a suonare, senza voler copiare qualche altro progetto: in sala prove è nato questo mostro a quattro teste che sono i Godog.

Poi Tunonna mi ha raccontato del suo secret project indie e di una canzone nata per gioco che parla d’amore fatto di metafore legate alla cucina e di due accordi che ci stanno proprio bene di cui non dovrei scrivere e infatti non lo farò, ma di cui sentiremo tutti parlare. Me l’ha pure fatta ascoltare, funziona oh. E quando sarà su Radio Deejay, mi dice, ricordati di questo momento. Sarà fatto.

--

--