Un po’ Marco e un po’ Cosmo, tra purgatorio e inferno

Una breve analisi sulla doppia identità del producer/cantautore di Ivrea, tra i pochi in Italia in grado di mostrarsi nelle vesti ordinarie e in quelle da supereroe

Edoardo Piron
La Caduta 2016–18

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“Poi mi volto verso il microfono, dico quello che penso”. Così esordisce Cosmo in Bentornato, brano di apertura di Cosmotronic, uscito il 12 gennaio per 42 Records. Un doppio album che è un po’ pop e un po’ un piccolo rave, un po’ elettronica commerciale un po’ techno ricercata e studiata nei minimi dettagli, un po’ rassicura un po’ confonde.
Cosmotronic è un’altalena di opposti, un lavoro manicheo che alterna la luce al buio: da un lato c’è Cosmo che canta e che fa cantare tutt*, dall’altro c’è Marco, il tuo migliore amico, quello che è il primo ad andare sotto cassa e l’ultimo a voler tornare a casa da una festa, quello con in tasca già pronti gli occhiali da sole, quello che sa già dov’è l’after. E il bello è che questo schema è applicabile su macro e micro sistemi contemporaneamente, perché sia i brani sia l’album stesso mantengono questa struttura ambivalente alla Balto diciamo: non è cane non è lupo, sa soltanto quello che non è. Questa è l’arma vincente di Cosmotronic, essere disponibile a tutti senza rinunciare alla qualità.

Da questo dualismo è facile comprendere poi la struttura dei brani del CD1. Cosmo e Marco decidono di trovarsi a metà strada in un purgatorio fatto di dance e cantautorato per mettere in musica quello che Marco vorrebbe ballare e che Cosmo vorrebbe cantare, giungendo ad un punto unico nel suo genere difficile da trovare e da imitare. I tre brani che meritano maggiore attenzione sono, secondo me, Tutto Bene, L’amore e Animali.

Tutto Bene è difficilmente riassumibile, un sound malinconico che si fonde meravigliosamente con un flusso di coscienza di parole incazzate e di immagini dirette:

Andiamo avanti così
Cavalcando i giganti
Certi giorni funziona
Non c’è serratura che ci ostacoli
Avanti così, fino all’ultimo mostro
Fino alla truffa più grande
Che ti lascia in mutande
Testa alta e respira
No non serve la mira, che mira

in queste parole Marco/Cosmo sembra provare a raccontare la sua quotidianità, a dare consigli senza essere spocchioso o fuori luogo e a renderti partecipe della sua esistenza.

L’amore è un breve racconto fatto di poche parole ma di un’incredibile intensità, in cui nel ritornello la pista da ballo è il luogo in cui scoppia il sentimento, forse un po’ forzato da un aumento chimico della serotonina, che diventa come un sogno incredibile, che magari poi non è vero però adesso ci credo. E insieme alla voce quasi sussurrata della strofa Marco/Cosmo unisce dei suoni simil trance a una pseudo-techno melodica creando un immaginario che picchia sullo stomaco e che vorresti non finisse con la luce del giorno.

Animali è un inno alla libertà sessuale, non importa se sei uomo o donna, perché tutti siamo animali e a questo non possiamo scamparla. Su una produzione EDM che galoppa su un ritmo serrato Marco/Cosmo invita tutti a levarsi ogni vestito, ogni velo di possibile imbarazzo per arrivare alla goduria semplice e scarna della vita che è il sesso in sé:

E se ti senti morire dall’imbarazzo
Non farti schiacciare
Chi ti giudica è il male
La vita è volgare
Uomo o donna
Comunque è animale

Sei la mia città/ti vengo dentro/e se succederà/qualcosa nascerà

Il rapporto con il CD2 invece diventa un po’ diverso, perché se prima era il purgatorio con la seconda parte il mostro a due teste Marco/Cosmo ci accompagna direttamente all’inferno. E oggi dai, senza troppi giri di parole, ha più fascino l’inferno che il paradiso. Sei produzioni che spingono senza chiedere troppo e che dimostrano la malleabilità dell’artista di Ivrea, che è in grado di farti emozionare con una ballata e al contempo di incollarti sotto cassa fino alle 5 di mattino. Ah, tra l’altro le date del suo tour invernale saranno strutturate esattamente così: concerto + djset. Evvai.
Chiude tutto il brano più bello del disco Tu Non Sei Tu, che non ha bisogno di essere descritto ma che merita almeno cento ascolti. Rave on.

Quanto spacco con ‘sta giacca

L’album di Cosmo si pone in un’epoca molto particolare per la musica italiana. Ho sentito parlare di post-calcuttismo e trovo sia una definizione tanto azzardata quanto vera. La scena pop odierna si è riempita di sosia di Calcutta che non sfiorano nemmeno lontanamente quanto fatto in Mainstream, rendendosi a tratti ridicoli nel loro essere così superficialmente complicati. Sembra che le cose da dire siano sempre poche quando in realtà Cosmo stesso riesce a dimostrarci come per fare musica basti essere se stessi. La semplicità che traspare da Marco/Cosmo è quella di uno che vuole vivere per quello che si è, senza stare qui a prendere per il culo le persone che non hanno voglia di capire. Sfugge le barriere che vorrebbero porlo nella nuova scena italiana per giungere in distese illimitate in cui fare quello che si ha voglia di fare è l’unico obbligo. Mi sbilancio nel dire che probabilmente in quello che è il pop di oggi Marco/Cosmo sia tra i più sinceri ed umili artisti, onesto con noi e con se stesso. Fare quello che ci si sente di fare, questa è la chiave di volta nel suo percorso musicale.

Forse faccio troppa retorica e immagino tutto questo, ma seguo il suo consiglio e provo a fare e scrivere quello che mi va di scrivere, provando a essere me stesso per quanto mi sia possibile; o forse dovrei ascoltare quello che si diceva lui nel mio pezzo preferito de L’Ultima Festa (con una piccola modifica di testo/licenza poetica): Edoardo sono tutte cazzate.

Marco… Sono tutte cazzate

E ora che ci ragiono un attimo, Marco/Cosmo non sono due entità differenti ma sono parte di un inscindibile e necessario uno che non avrebbe vita senza l’altra metà. Sapete cos’è? È un po’ come quando fissi un oggetto da troppo vicino e ti sembra doppio. Ecco Marco/Cosmo, ho provato a guardarti dalla distanza sbagliata. Mi bastano un paio di passi indietro e tutto è più nitido, tu sei tu e io sono contento così.

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