We Made God. Rimanere sé stessi, cambiando col tempo

Intervista ai beniamini islandesi del post-rock, al terzo disco dopo sette anni

La Caduta
La Caduta 2016–18

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Ci sono cose per cui ci vuole del tempo. Ci sono cose per cui vale la pena aspettare. Ci sono cose, poi, per cui si ha anche bisogno di comprensione: tipo il tempo che passa, le esigenze che cambiano, dove ci si sveglia in un mondo che deraglia con diligenza giorno per giorno, rovinosamente, con un eccesso di colpi di scena verso una fine che non ci è data sapere, ma che come sempre ci armiamo per prevedere e in qualche modo pronosticare. In questo tipo di storie c’è sempre qualcuno che è alla ricerca di qualcosa, preso da un peregrinare che comporta una serie di decisioni, scelte, c-c-c-c-changes, che spesso non bussano alla porta, ma semplicemente accadono. La lucidità e la consapevolezza nelle decisioni prese contribuisce ad eliminare buona parte del senso di rimorso, parte di tanti futuri rimpianti.

Beyond The Pale è il terzo disco dei We Made God, con la formazione a quattro così per come l’abbiamo conosciuta finora: Arnór, Birkir, Magnús, Stuni. Una rappresentazione di gentilezza e nobiltà d’animo, genuinità e umanità di sentimenti, in questi quattordici anni di vita vissuta assieme, con tutto quel che ne consegue. Solo per poter disegnare un altro punto spesso nella linea di fine che è quella d’inizio. (Pietro Giorgetti)

Sono passati sette anni dall’uscita di It’s Getting Colder. Come avete passato questi anni? Come e cosa è cambiato nel vostro modo di essere una band e una famiglia?

Beh, ti diciamo che negli ultimi sette anni, come band, non siamo stati così attivi come nei sette precedenti. Sono cambiate molte cose: per vari motivi riguardanti le vite di ognuno di noi, la band è via via passata in secondo piano. Questo però non è stata del tutto un male: due di noi hanno avuto due figli a testa e presto ne arriverà un terzo a uno di noi! Alcuni poi nel frattempo si sono laureati, altri sono stai presi dalle proprie carriere… nonostante questo, abbiamo continuato comunque a suonare insieme. C’è sempre stato un buon equilibrio tra la normale vita quotidiana e la band, che è come un luogo dove possiamo creare qualcosa per noi, per scatenarci e per sudare. La band è diventata parte di noi giorno per giorno: fa parte di noi da quattordici anni, circa la metà del nostro vissuto, dato che ormai siamo tutti oltre i trent’anni.

Potreste dirci qualcosa in più rispetto al titolo del nuovo disco, Beyond The Pale, uscito lo scorso maggio? Che significato ha per voi?

Beyond The Pale significa andare oltre quello che si considera e ci si aspetta normale, significa abbandonare tutte le regole e le autorità che dietro vi si celano. Per noi la musica, il suo atto creativo, è esattamente quello. Possiamo creare la nostra nel modo in cui vogliamo che suoni.

Due delle tracce di Beyond The Pale erano già incluse in un EP di nome Fragments, autoprodotto, uscito nel 2011. Cosa ci dite delle altre canzoni? Sono frutto di un lavoro più recente o il periodo di scrittura è stato terminato tempo prima dell’uscita del disco?

Per Untitled e Drón, le due tracce a cui ti riferisci, abbiamo pensato che meritassero una registrazione migliore rispetto a quella più grezza dell’EP. In più, erano ancora in scaletta nei nostri concerti, quindi abbiamo deciso di inserirle nell’album. Drón tra l’altro è un po’ diversa dalla versione dell’EP, per questo volevamo che uscisse in una forma migliore.

Beyond The Pale è composto da otto tracce che scorrono lisce e nel complesso ben combinate. Ci sono canzoni che avete lasciato fuori dal disco e che eventualmente terrete per prossime pubblicazioni?

No, abbiamo sempre registrato tutte le nostre canzoni che erano finite. Tempo fa ci arrivò un consiglio da qualche addetto ai lavori interno alla “industria”: per fare un disco scrivete venti canzoni, scegliete le dieci migliori e pubblicate l’album — che è un’idea con cui non siamo andati mai troppo a braccetto e sentimmo che quel modo di fare le cose fosse in qualche modo malato. Per cui adesso siamo di fronte a una lavagna pulita e siamo pronti a scrivere canzoni completamente nuove.

We Made God live at Pagine & Note, Fabriano, Luglio 2012

Dal vostro punto di vista, quanto è cambiato il vostro suono attraverso questi tre dischi e quanto siete cambiati voi a livello prettamente musicale?

Pensiamo che semplicemente siamo maturati, non c’è stato nessun piano per cambiare qualche cosa. Abbiamo solo preso le idee e i suoni che vengono da tutto ciò che abbiamo intorno, l’ambiente in cui viviamo, le esperienze, la musica. Forse ha a che fare anche con come cambiamo noi, come persone, nel tempo in base a quanto ci gettiamo nella vita, pur mantenendo le nostre nature.

Intervista a cura di Antonio Del Basso

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