L’Opera da Tre Soldi, teatro di protesta

Brecht e la condanna del sistema capitalista

Giosue Balocco
Lagrangia Independent
2 min readMar 18, 2021

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É il degrado il vero protagonista dell’Opera da tre soldi, il degrado dei bassifondi londinesi, dove il proletariato arranca giorno per giorno cercando di sopravvivere, arrangiandosi come meglio può. I bassifondi dov’é lo sfruttamento dell’uomo a essere fonte di sostentamento per molti, e dove l’uomo stesso quasi è privato della sua umanità, accecato da un istinto di sopravvivenza che lo porta a compiere atti terribili verso il prossimo.

Brecht tuttavia rivolge la sua critica, anzi, la sua condanna, non tanto ai personaggi quanto alla società in cui essi vivono, che, terribilmente brutale, obbliga a prendere decisioni radicali. Una condanna al sistema dello sfruttamento, al sistema capitalista, che per Brecht non può essere accettabile: nell’Opera da tre soldi la ricerca del guadagno e del raggiungimento dei propri obiettivi appare superiore a ogni cosa.

Specificamente su questo tema ci terrei a sottolineare la figura di Gionata Peachum come simbolo massimo dello sfruttamento. Peachum, infatti, col suo lavoro, trae vantaggio dal malessere di coloro che, per disgrazia, si sono ritrovati senza altra possibilità se non essere accattoni. Egli è infatti aguzzino dei mendicanti e con la sua organizzazione rende obbligatorio il pagamento di una “tassa” ai più umili di Londra, divenendo simbolo di un sistema malato in cui perfino l’emarginazione diventa oggetto di lucro.

Peachum appare dunque ben peggiore del temibile criminale Mackie Messer, che nelle sue azioni appare banale, conforme al pensiero riguardo all’assai comune brigante di strada. Egli però é portavoce, nelle sue battute finali, della straordinaria critica Brechtiana, quando, con la sua sincerità, mostra ai lettori o spettatori chi sono veramente i criminali, in un eloquente discorso che dimostra appieno l’indegnità del sistema di schiavitù capitalista.

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