L’amore al tempo del coronavirus — 10 Dubbi solitari

Sergio Fadini
L’amore al tempo del coronavirus
4 min readApr 3, 2020

“Cosa farete durante la lunga Pausa?”, chiese Diana.

“Beh siami indecisi, ne parliamo da giorni. Abbiamo prenotato solo i primi due giorni: un corso online su come affrontare i figli adolescenti e un film del catalogo su cui ci siamo trovati d’accordo”, rispose mia moglie con uno sguardo che voleva dire: ho un marito particolarmente indeciso su tutto, che vuoi farci”.

Aveva ragione. La mia vita era un continuo interrogarsi, fin da quando ero piccolo, timido e insicuro su ogni cosa tanto da chiedersi sempre se avessi messo le chiavi in tasca più e più volte in strada, anche se ogni volta avevo appena controllato e tastato con mano che ci fossero.

Ma mai come durante il Grande contagio. Non solo io sia chiaro. Un po’ tutti, io forse un po’ di più, vah…

I dubbi ovviamente erano tutti legittimi i pareri anche e poi, visto che il bollettino veniva diramato tutti i giorni, era normale che tutti si facessero una propria opinione.

Quando la morsa del grande contagio si allentò fino a permettere di tornare a una vita tutto sommato normale, i dubbi restarono cristallizzati nella mente di ciascuno, pochi ebbero il coraggio di confidarsi con qualche amico.

La maggior parte dei dubbi riempiva infinite sequenze di scritti sui social, tipo: quanti morti c’erano stati davvero causati dal virus oltre a quelli registrati? E quanti erano morti per effetti collaterali legati più allo stare chiusi in casa che al virus? I decessi sarebbero potuti essere di meno se i tamponi fossero stati fatti più per tempo? E perché almeno nelle Regioni dove la pandemia non era scoppiata in modo così virulento come altrove non ci si era adoprati per tempo e la gente continuava a morire per tamponi e ricoveri effettuati troppo tardi? Tecnologia o privacy?

La scienza non riuscì a fornire tutte le risposte, la politica navigava a vista e vagli a dari torto. Per fortuna dopo mesi e mesi alcuni farmaci già esistenti iniziarono a fornire gli effetti che ci si aspettava.

Ma quei mesi chiusi nelle case, fra l’altro subendo un costante quanto fuoriluogo utilizzo di termini bellici da parte di tutte le testate giornalistiche, lasciarono il segno nelle menti delle persone. Fummo assillati per mesi dai dubbi, da quelli più politici e sanitari a quelli quotidiani.

Ogni cosa diventava fonte di dubbio, abitudini consolidate venivano messe in dubbio, cose mai fatte diventavano argomento di ragionamento fino allo sfinimento.

I single furono quelli che se la passarono peggio. E sì perché se le coppie ad ogni dubbio avevano quantomeno la possibilità di discutere o di litigare, loro se la dovevano vedere al più con qualche amico immaginario.

Mica era il caso di chiamare qualcuno per chiedere cose imbarazzanti al sol pensarci non solo oggi, pure allora.

Erano dubbi stupidi quanto esistenziali del tipo: mi vesto o resto in pigiama?

Faccio o non faccio un po’ di ginnastica a casa anche se non l’ho mai fatta prima, manco fuori?

Alcune erano più serie tipo: ma gli alimentari per quanto resteranno davvero ancora aperti? E ci sarà cibo a sufficienza?

tavola originale del maestro Andrea Canepari

Meglio che esco a passseggiare tutti i giorni come mi ha prescritto il dottore, sfidando divieti e virus nascosti ditro ogni angolo, o che me ne sto a casa salvandomi da multe e contagi ma rischiando di beccarmi un infarto o un ictus?

Me ne frego della mascherina o la metto anche quando per strada non c’è nessuno che nevica o stesso in casa, vai a sapere le abitudini di sto virus, magari entra dalla finestra.

Sento tutti gli amici che ho fra gli amici di facebook anche se quasi tutti per colpa dell’algoritmo non li sento da almeno 10 anni o lascio perdere e spero bene che stiano bene senza creare possibili imbarazzi

Altre a dir poco imbarazzanti, segno di un inselvatichimento galoppante, tipo: mi lavo i denti prima di andare a dormire o me ne frego tanto non vedrò nessuno per chissà quanti mesi ancora? mi cambio o non mi cambio, mi doccio o non mi doccio? Domande che spesso si ripetevano per settimane senza che il dubbio si sciogliesse.

Cucino o mangio scatolame? faccio un giardino sul balcone come insegnano coi tutorial sul web, o aspetto che tutto si aggiusta ?

Faccio yoga o sbatto la testa nel muro? Stiro o butto tutto nei cassetti come capita? Lavo a terra con la candeggina per evitare che il virus mi aggredisca in casa o lascio tutto lercio in giro così si spaventa?

E poi c’erano quelle che correvano sul sottile filo del rapporto vita-morte, tipo:

faccio o non faccio testamento? E che scrivo, poi?

scelgo un Dio qualsiasi cui rivolgermi anche se non ne ho mai avuto uno e manco ci credo più di tanto o aspetto un altro po’?

tavola originale del maestro Andrea Canepari

E se il virus avesse attaccato anche l’altro mondo come succede in Matrix?

Ogni mezz’ora un assillo diverso, a volte stupido e banale, altre meno.

Di certo umano.

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