L’amore al tempo del coronavirus — 2 La Lunga Pausa

Sergio Fadini
L’amore al tempo del coronavirus
3 min readMar 11, 2020

Il Presidente della Repubblica continuo a snocciolare temi e cifre rassicuranti. Chi l’avrebbe detto che si sarebbe arrivati un giorno a poter seguire il suo discorso in TV nella pace familiare.

L’idea della Lunga Pausa era abbastanza recente ma oramai era un caposaldo della nuova società nata dopo i traumi del Grande Contagio.

Si erano presi alcuni aspetti di quel triste periodo e si era cercato di farlo diventare memoria attiva, anche per superare le polemiche che erano seguite appena la pandemia venne messa sotto controllo.

Il presidente fece un passaggio sull’argomento: “la Lunga Pausa, così come le altre settimane di sosta spalmate nelle varie stagioni, è il nostro modo per non dimenticare, un momento importante cui tutti i cittadini sono chiamati a partecipare ma in un clima festoso. L’anno che si chiude, il 2038, ha visto giungere alla maggiore età i primi concepiti durante l’obbligo all’autoquarantena generale che fu imposta per cercare di fermare il virus. Abbiamo fatto tesoro di quel periodo”.

La decisione di rimodulare il calendario tenendo conto di quanto accaduto era avvertita dalla popolazione. Nella tragedia, infatti, erano emersi alcuni aspetti significativi. Innanzitutto l’obbligo di stare a casa aveva gioco forza innescato alcuni processi, alcuni positivi, molti altri negativi.

“Ragazzi siete pronti?”, chiese sua moglie rivolgendosi ai ragazzi.

“Sì mamma, risposero in coro. Gli zaini sono pronti”.

La Lunga Pausa prevedeva che nella prima settimana i ragazzi andavano a fare volontariato mentre le coppie se ne stavano a casa e dovevano seguire una serie di corsi di coppia.

Veniva chiamata la settimana della solidarietà.

Inizialmente il nome era settimana della fertilità, con chiaro riferimento a uno degli effetti collaterali che gli statistici avevano notato: nel periodo in cui tutti furono costretti in casa, furono generati un numero di figli come mai era accaduto nei precedenti trent’anni. Si era deciso dunque di istituzionalizzare tale momento. E di sostenere anche la vita di coppia con una serie di corsi online obbligatori, da scegliere liberamente all’interno di un vasto catalogo.

E per facilitare il tutto i figli venivano mandati a fare volontariato in ambito sanitario o assistenziale.

Il nome poi venne cambiato perché qualcuno aveva notato possibili analogie con un film distopico che era stato girato qualche anno prima, the lobster, dove una società troppo tesa alla procreazione generava atteggiamenti mostruosi.

Si era quindi deciso di ribattezzarla con un nome meno impegnativo. Tanto i dati dimostravano che se tante coppie in quel periodo scoppiarono, tante altre figliarono. E l’incremento di natalità era incredibile.

La seconda settimana invece chi aveva figli stava una settimana a casa per fare famiglia, anche qui aiutati da tutta una serie di giochi e di sostegni telematici; mentre coppie e singoli avevano altri tipi di possibilità, ognuno libero di scegliere cosa preferiva fare all’interno anche in questo caso di un vasto catalogo.

Bussarono alla porta. Paolo e Diana, i loro amici, erano dunque arrivati. Lei una valente dottoressa, collega di sua moglie. Lui era divenuto noto in quel periodo per aver scritto un proclama sulla questione meridionale ai tempi del coronavirus.

--

--