L’amore al tempo del coronavirus 7 — Sotterfugi

Sergio Fadini
L’amore al tempo del coronavirus
2 min readMar 17, 2020

Avevamo fatto la spesa con largo anticipo, come ormai da tradizione. La società dei consumi che avevamo vissuto con tutte le sue contraddizioni era stata spazzata via dal virus e ci si era dovuti inventare nuove forme di acquisto. Le grandi catene alimentari avevano chiuso perché le nuove norme sanitarie creavano troppi problemi, non ci si poteva più assembrare come un tempo o fare ore di file alla cassa. Se da un lato la tecnologia aveva aiutato a pagare tutto in modo automatico appena messo il prodotto nel carrello, la necessità di far entrare poche persone per volta aveva scoraggiato grandi capannoni pieni di merce.

Tavola originale del maestro Andrea Canepari

C’era stato un periodo in cui avevano riaperto, sempre solo da lunedì al venerdì, fino alle 20, senza deroghe come durante il Grande Contagio.

Ma la gente aveva paura e si erano trasformati in contenitori di tanti piccoli negozi, dove all’ingresso l’app ti diceva quali trovavi accessibili e quai no, modello parcheggi all’aeroporto.

In quel periodo alcuni fecero grandi affari: i negozi che vendevano tute e scarpe da ginnastica, perché l’unico modo per fare due passi senza farsi troppo infastidire era passare per degli amanti del jogging. Anche la vendita di bici ebbe un’impennata, ma solo nei paesi pianeggianti; i canili furono svuotati, tutti volevano un cane per avere la scusa di fare una passeggiata.

Insomma ognuno faceva quel che poteva.

C’erano famiglie che si organizzavano per fare la spesa frazionata, ogni 2 o 3 ore usciva un membro della famiglia per comprare un solo alimento, invece di fare lo spesone.

Il sole primaverile rendeva impossibile stare oltremodo in casa, qualcosa bisognava pure inventarsi.

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