L’eguaglianza questa sconosciuta

Flat tax per i super-ricchi, taglio dei fondi sociali e ddl per i poveri con meno di un quarto di quanto stanziato per il ceto medio con gli 80 euro

Giuseppe D'Elia
Lavoro, lavori e coscienza di classe
5 min readMar 9, 2017

--

Photo credit: http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2016/01/18/cresce-divario-fra-ricchi-poveri-nelle-mani-paperoni-della-ricchezza_6GKyGos6GOVzZDH3AheGZJ.html

In questi giorni si sono concentrate diverse notizie che permettono di comprendere molto bene quanto sia lontana dal concetto di eguaglianza la politica fiscale e di bilancio dei governi a guida PD.

Cominciamo dalla ‘buona’ notizia, ovvero il grande annuncio di giornata:

http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2017/03/09/reddito-inclusione-cos-chi-spetta_nwVxmHSDtXaliAQmAUSUnI.html?refresh_ce

«Con 138 sì, 71 no e 21 astenuti, il Senato ha dato il via libera al disegno di legge delega per il contrasto alla povertà, che introduce il reddito di inclusione. La norma farà partire il Piano nazionale contro la povertà, che quest’anno potrà contare su risorse pari a 1,6 miliardi che diventeranno 1,8 miliardi negli anni successivi.

Ma cos’è il reddito di inclusione e chi può beneficiarne? Il reddito di inclusione, detto anche Rei, è una misura varata per assicurare il sostegno economico in modo progressivo a tutte le famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta, a partire dei nuclei con bambini. Oggi si stima che le famiglie che vivono in tale condizione siano circa 400mila unità, pari a un milione e 770mila individui. La delega prevede anche il riordino di altre prestazioni assistenziali come la vecchia carta sociale per minori e l’assegno di disoccupazione Asdi, in modo tale da ridistribuire le risorse a disposizione per allargare ulteriormente la platea dei beneficiari».

Siamo quindi completamente fuori dalla prospettiva di un reddito minimo garantito come strumento per arginare la disoccupazione e il ricatto occupazionale.

E siamo in ogni caso in una prospettiva minimale anche sul mero versante della lotta alla povertà assoluta:

«La nuova legge sui poveri, abbraccia pochi cittadini, rispetto al numero di coloro che sono in povertà assoluta: un milione e 400mila rispetto ai 4 milioni e mezzo in difficoltà estrema».

Soprattutto io vorrei ribadire ancora una volta la sperequazione tra quanto stanziato per ‘assistere’ i percettori di reddito nella linea mediana (i leggendari 80 euro) e quanto stanziato per i più poveri: il rapporto è di circa 5 a 1 (più di 9 miliardi vs 1,6–1,8 miliardi).

Contestualmente al ddl per assistere i più poveri si registrano però significativi tagli alla spesa sociale:

http://www.repubblica.it/cronaca/2017/03/07/news/due_tagli_al_sociale_le_associazioni_insorgono-159960016/

«E’ il primo taglio sociale del Governo Gentiloni, e provoca una rivolta delle associazioni. Un doppio taglio, frutto di un accordo tra il ministero delle Finanze e le Regioni siglato lo scorso 23 febbraio. Secondo l’accordo, emerso con un’interrogazione di Donata Lenzi (Pd) al sottosegretario Luigi Bobba, il Fondo per le Politiche sociali passa da 313 milioni di euro a 99,7, meno di un terzo. Una decurtazione monstre. Con questa voce si finanziano gli asili nido, si aiutano le famiglie in difficoltà, si garantisce l’assistenza domiciliare e la sopravvivenza dei centri antiviolenza.

Cinquanta milioni di euro, ancora, saranno tolti al Fondo per la non autosufficienza, che scende da 500 milioni a 450. Servono, questi, per il sostegno ai disabili gravissimi e agli anziani indigenti. Il fondo destinato al sostegno delle persone non autosufficienti, se il taglio sarà confermato in Consiglio dei ministri, torna quindi al livello al quale era stato portato con l’ultima Legge di Bilancio».

Infine la geniale idea della flat tax per far trasferire gli stranieri super-ricchi in Italia:

http://www.agi.it/economia/2017/03/09/news/come_funziona_la_flat_tax_per_attirare_in_italia_i_paperoni_stranieri-1565470/

«Pagare 100mila euro l’anno come imposta forfettaria per mettersi in regola con il Fisco italiano. E’ quanto offre l’Agenzia delle Entrate agli stranieri che intendono trasferire la loro residenza fiscale nel nostro Paese sfruttando una “flat tax” — una imposta sostitutiva — sui redditi prodotti all’estero.

L’opzione, introdotta con la Legge di bilancio 2017, ha l’obiettivo di attrarre e incentivare il trasferimento della residenza in Italia degli High net worth individual, ossia delle persone con un alto patrimonio. Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate è stato approvato anche il modello di check list da allegare all’istanza di interpello che consente una valutazione preventiva dell’Amministrazione finanziaria sull’ammissibilità al regime di favore. Il beneficio della tassa unica — da versare in una sola soluzione — si può estendere anche ai familiari, ai quali verrà applicato un forfait da 25mila euro».

Quest’ultima misura è la più indicativa di tutte: 1) porte aperte per gli stranieri ma solo per quelli con i soldi; 2) non importa quanto guadagnino ma con 100mila euro si mettono a posto con il fisco; 3) le idee basilari (e costituzionali) della prospettiva egalitaria non hanno più nessun rilevo, piuttosto si fa il contrario.

Tra l’altro, l’idea di base — attrarre i capitali esteri — dimostra due volte quanto la lotta alle diseguaglianze del capitalismo si debba fare necessariamente su scala internazionale: nel caso di specie, l’Italia dice 100-mila → un altro Paese, poi, dirà 80-mila e così via, di ribasso in ribasso, con un solo soggetto (il ricco che ottiene continue riduzioni sul prelievo fiscale) che ne trae beneficio; ma, più in generale, questa è la stessa identica logica che sta alla base delle delocalizzazioni produttive: perché produrre nel Paese A dove i lavoratori hanno norme sui salari minimi e diversi altri diritti e garanzie, quando si può produrre nel Paese B dove il lavoro costa meno e i lavoratori hanno meno diritti?

Le radici concrete del crescente malcontento popolare, della disillusione, del non-voto e/o del voto di protesta hanno un minimo comune denominatore che è appunto una proposta politica che è l’esatto contrario della ricerca dell’eguaglianza e della giustizia sociale.

Riassumendo il tutto in poche parole abbiamo questo quadro d’insieme: regime fiscale di favore per i più ricchi; grandi stanziamenti per i redditi mediani; tagli alle spese sociali per racimolare qualche briciola per assistere in maniera minimale solo una parte dei cittadini più poveri.

E porte aperte per lo straniero ricco e muri e barriere per i poveri che vagano in cerca di un posto migliore dove vivere.

Quando e se si comincerà a lavorare su scala globale con politiche di segno opposto, provando davvero a realizzare un minimo di eguaglianza e di giustizia sociale, sarà comunque tardi.

Speriamo solo che non sia troppo tardi.

--

--

Giuseppe D'Elia
Lavoro, lavori e coscienza di classe

Giornalista e avvocato. Segue da oltre vent’anni le tematiche politiche legate ai diritti dei lavoratori. Musicista nel poco tempo che resta