Davvero Scomodo?

Un progetto sulla carta

Antonio Tripodo
Le Bistrò
6 min readApr 21, 2017

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12 aprile. Quartiere San Paolo di Roma, undici di sera. Siamo nel bel mezzo di uno sgombero: c’è la polizia, centinaia di ragazzi e un sacco di rumore. Sembra lo scenario di una occupazione liceale, ma non sono tutti teenagers e il periodo non è dei più classici.
Si tratta della terza Notte Scomoda della Capitale. Quella meno fortunata.

Passeggiata con vista rudere.

La cornice è il “suggestivo” Bidet di viale Giustiniano Imperatore, tra gli ecomostri più noti della città. Assieme a pochi altri, è forse il massimo esempio del raggiro dei costruttori alle spalle dei romani e del denaro pubblico speso dalle amministrazioni per opere di dubbia utilità.
Lasciato a se stesso (e ai writers di Ostiense), è la location ideale per del sano macello. Come nelle due precedenti edizioni, la serata è rimasta segreta fino all’ultimo per evitare interventi predisposti delle forze dell’ordine. L’intenzione c’era…
Stavolta la festa è rimandata, e ci si accontenta di un improvvisato post-serata al vicino Parco Schuster.

Ma partiamo dall’inizio.

Leggi Scomodo. A testa in giù, sul fianco che usi meno, ma soprattutto controcorrente.
Un progetto per cui avevo da un po’ la pulce nell’orecchio. Forse per il nome, con questo gioco di parole che fa presto colpo.
Ero intrigato soprattutto dall’endorsement di alcuni personaggi a me cari, su tutti Vauro e Tullio Altan, ma anche Erri De Luca e molti altri.
Alla ricerca di qualcuno che potesse chiarirmi le idee a riguardo, eccomi finalmente faccia a faccia con uno dei membri.
Quest’ultimo, da prassi, preferisce che la sua identità non venga alla luce. Deformazione professionale?

Leggere scomodo.

Dalla mia intervista col vampiro scopro di cosa parliamo: un giornale scolastico nato tra le mura del Liceo Mamiani e diventato qualcosa di molto più grande.

A capo ci sono tre ex studenti dell’istituto: Tommaso Salaroli, Edoardo Bucci e Pietro Forti, che si dicono agguerriti fans dell’informazione strettamente cartacea.

La notizia, diffusa via rete, arriva troppo sintetica per richiedere l’attenzione necessaria alla comprensione di un argomento.

Una collaborazione con l’associazione Ostiamale ha garantito all’iniziativa una prima redazione di quaranta elementi e la distribuzione gratuita dello stampato nei licei, università e principali poli culturali di Roma.

Oggi Scomodo esce stabilmente ogni mese nella Capitale e conta quasi duecento penne tra ragazzi e contributi esterni. L’obiettivo: un giornalismo indipendente e consapevole alla portata di tutti.
Per prestare fede a questa promessa, la redazione non possiede una sede fisica e rifiuta il coinvolgimento delle istituzioni. Lo sa bene anche l’ex assessore Paolo Berdini, dopo il NO secco dei suddetti a una collaborazione con la Regione Lazio.

Uno, Santo, Depubblicizzato.

Le cifre. Da ottobre dello scorso anno il progetto ha pubblicato finora sei numeri, 7500 copie distribuite ciascuno. Ogni uscita contiene circa sessanta pagine di articoli, divisi tra le sezioni Attualità (cronaca, dibattito politico), Cultura (arti, musica, eventi) e Plus (categorie speciali), e fotografie/illustrazioni di produzione propria.
Scopro man mano che i professionisti e personaggi di spicco prestati alla causa sono veramente tanti: Paolo Fallai del Corriere della Sera e Paolo Flores d’Arcais de Il Fatto Quotidiano, la redazione di Lercio, fino a Sabina Guzzanti e il già citato Erri De Luca per dirne alcuni tra i più cool.
Il lato che mi stuzzica di più è però quello della grafica, dove alcune firme illustri si sono offerte di realizzare la copertina della rivista. A esordire è stato Zerocalcare, seguito da Solo (II), Vauro (III), Altan (IV), Makkox (V), fino alla più recente ideata da Bruno Cannucciari.
Il mio interlocutore viene a sapere delle mie doti di vignettista dilettante e mi chiede se abbia voglia di progettarne una per il prossimo futuro.

Ma che sei scemo?

Il numero d’esordio di Scomodo datato 23 ottobre 2016. (Copertina di Zerocalcare)

Può davvero un progetto così reggersi solo sulle proprie forze?
Qui si torna alla serata di mercoledì.

Notti scomode.

Scomodo vive di un autofinanziamento talebano, dove gran parte dei fondi sono versati dagli stessi membri o da contribuenti mecenati dell’iniziativa. Un’altra fetta consistente del budget sono invece il ricavato delle Notti Scomode.

Notti magiche? Dicono di sì. Il concetto è semplice: designati il giorno e l’ora, si sceglie un luogo di Roma “dimenticato” dalle amministrazioni, che verrà occupato la mattina stessa dell’evento.
Nessuno, fino alla data stabilita, sa con certezza quale sarà il posto. Alcuni tasselli però lo lasciano presumere, come la grafica creata per l’ultima occasione. (sopra)
La rivista ha tracciato una vera e propria mappa della Roma Abbandonata, su cui sono segnate tutte le potenziali location della serata. Se tutto va come previsto (tasto dolente…), si dà vita a un selvaggio happening di musica e divertimento, con ospiti d’eccezione del panorama underground della città.

- Saedem… Oscure Macchine… Lunatik… Danno… Rancore… Olbos!

- Ci credi che non ne conosco uno?

Uno in realtà ci sarebbe: il rapper Lucci dei Brokenspeakers, conosciuto mio malgrado grazie ai panegirici di mio fratello e mio cugino.
Al nome di questo signore è legata anche una rubrica speciale all’interno di Scomodo: la Barba di Lucci, creata ad hoc per i suoi interventi.
Il nostro amico ultimamente si è occupato di un’altra iniziativa del mensile,
il progetto Voci della Metropoli, forse il più intrigante tra i contributi esterni.
Si tratta di una piattaforma per dar voce alle periferie del paese attraverso testimonianze, racconti e inchieste sociali. A Roma ha scritto della Garbatella e ha attraversato le vie del Tufello in compagnia di Rancore.
Prossima tappa? Napoli, ai Quartieri Spagnoli con Giovanni Truppi.

La Barba di Lucci, fotografata di sfuggita.

Esaurisco lentamente la chiacchierata col mio ospite, che sembra aver sviscerato a dovere l’anima della rivista.
E’ trapelato un lavoro complesso, molte idee e spirito di iniziativa. La cosa sembra andare, ma è proprio questa prospettiva a tratti idilliaca a risultarmi un po’ inverosimile.

Davvero Scomodo? O semplicemente, meno accomodante di altri?
Nel decennio dell’onestà di facciata è fin troppo facile mettere in discussione qualsiasi iniziativa.
Un circolo di denaro giustificato da un fine più nobile, ma dai transiti inevitabilmente oscuri. Una partecipazione — fin troppo — giovanile, che getta dubbi su chi presta la penna al progetto. Ma anche su chi spende i suoi 5€ per entrare all’edificio occupato.
Interrogativi, i miei, per cui è difficile non prestare orecchio a qualche accusa.
Ho sentito tanto parlare, e poi sparlare, di quello che la rivista evoca nella testa degli esterni: il più delle volte, si additano i suoi lettori di fanatismo radical-chic o si dice che diventarne sostenitori di prima fascia porti a qualche secondo fine.
E in qualche caso, il problema si inquadra addirittura a monte.

I fondatori? Personaggi a dir poco controversi.

Ma di fronte al successo le insinuazioni rimangono sterili chiacchiere da bar.
La rivista ha battuto record di categoria e ottiene apprezzamenti di una certa credibilità.
Come in ogni cosa dell’uomo, la degenerazione è dietro l’angolo e solo tra mesi sarà possibile tirare delle somme.

Dal canto mio, la curiosità per Scomodo è nata da una suggestione: l’ideale sincero, impresso sulla sola carta.
L’augurio è che venga coltivato ancora, con l’entusiasmo mostrato fin qui.
Perchè davvero, in futuro, non resti solo un ideale sulla carta.

Cheese.

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Antonio Tripodo
Le Bistrò

Uno, nessuno, centomila. 26 anni, studente a tempo pieno, fumettaro a tempo perso, scrittore a tempo variabile. Credo nell’ironia, amo il futból e i pepperones.